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Jujutsu Kaisen: Kenjaku e Tengen, visioni contrapposte [Spoiler]

Negli anni sono stati scritti fiumi di parole sull’influenza che la religione e la cultura tradizionale nipponica hanno avuto su Jujutsu Kaisen, il manga shonen di Gege Akutami. Dai nomi delle Tecniche Maledette, ai segni, per arrivare all’esistenza stessa di creature come gli Spiriti Maledetti: in Jujutsu Kaisen non si contano le citazioni e i riferimenti a concetti come i kami, il Samsara, i cicli di morte e rinascita.

Ad esempio, i Sei Occhi di Satoru Gojo richiamano da vicino l’idea di Sadayatana, i Sei Sensi dell’uomo, mentre la sua frase più iconica, “Tra il cielo e la terra, io solo sono l’Onorato” è una palese citazione al Sutra del Loto, testo capitale del Buddhismo Mahayana. “Prigione Mahayana” è anche l’altro nome della tecnica di Mahito, anche detta “Auto-incarnazione della perfezione”.

Se approfondiamo la nostra ricerca scopriamo che il concetto di Energia Maledetta ricorda l’idea di Kegare presente nello Shintoismo, la religione originaria del Giappone, e così il nome di Sukuna è lo stesso di un famoso Kami legato alla magia, mentre Suguru Geto indossa un abito tradizionale da monaco buddista dell’Epoca Heian, periodo storico giapponese in cui vissero sia Kenjaku che Tengen. Poiché ogni guerra è, in fondo, il modo più stupido possibile per affrontare una diversità di vedute, non è possibile che la lotta fra Tengen e Kenjaku sia la versione shonen di una guerra fra religioni?

Jujutsu Kaisen

Tengen, “l’origine del cielo”

Il Maestro Tengen è una delle due entità immortali presenti nel mondo di Jujutsu Kaisen. Di lui sappiamo che in origine era una donna e che ha vissuto nel Periodo Nara, epoca di grandi trasformazioni sociali e culturali. In questa fase della propria storia personale, Tengen (il cui nome significa letteralmente “l’origine del cielo”) era impegnato a diffondere i precetti buddisti e gli insegnamenti che sarebbero stati alla base del jujutsu.

Nel successivo Periodo Heian, infatti, quando il buddismo iniziò a diffondersi prepotentemente sul suolo giapponese, nel tentativo di sottrarsi all’influenza del nuovo culto (praticato soprattutto dagli aristocratici) l’Imperatore Kanmu decise di spostare la capitale da Nara a Kyoto: in questo modo ebbe inizio l’ascesa al potere della famiglia Fujiwara, che in Jujutsu Kaisen ricopre un ruolo ancora non chiaro, ed ebbe inizio l’epoca d’oro del jujutsu.

Fondatore di entrambe le Scuole di Tokyo e di Kyoto, Tengen è il più potente utilizzatore di barriere del mondo di Jujutsu Kaisen: ogni giorno le sue barriere proteggono e concorrono a nascondere le Scuole di Magia facendo sì che il jujutsu resti un segreto per buona parte della popolazione giapponese.

Il suo jujutsushiki rende, come abbiamo detto, la sua anima immortale; il suo corpo tuttavia è soggetto a invecchiamento e ogni 500 anni circa Tengen è costretto a trasferirsi all’interno di un corpo compatibile (questi corpi vengono chiamati “Star Plasma Vessel”), pena la trasformazione in qualcosa di ancora meno umano.

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Questo è pressappoco ciò che è accaduto nel 2006, quando Toji Fushiguro ha ucciso il Vessel designato “forzando” l’evoluzione di Tengen, che oggi ci appare come qualcosa di più simile a una Maledizione che a un essere umano. Tengen si sottopone quindi da più di mille anni a un forzato Samsara, l’eterno ciclo di morte e rinascita buddista.

Di fatto Tengen è qualcosa di simile a un talismano vivente. Da secoli trascorre la propria esistenza esiliato all’interno della Tomba della Stella; l’evoluzione forzata lo ha reso un essere ancora più trascendente: la sua esistenza fisica dorme all’interno di un grande albero mentre interagisce con gli altri tramite una sorta di avatar magico.

Tengen è tipicamente un personaggio non-combattente e, nel complesso, non-agente. In questo senso il suo comportamento richiama anche il principio taoista del Wu Wei, non agire. “Non interferire con il mondo” è da secoli la sua regola; da quando si è forzatamente evoluto in seguito agli eventi narrati nell’arco del passato di Gojo Tengen è diventato un’entità eterea, che esiste contemporaneamente in ogni luogo. In senso buddista ha quindi raggiunto la Bodhi, l’illuminazione che permette di vedere oltre il velo del mondo, e con essa il Nirvana, l’Assenza di Desiderio.

Di tutti i personaggi di Jujutsu Kaisen, Tengen è quello che si è maggiormente incamminato lungo l’Ottuplice sentiero così come è stato esposto nel sermone di Siddhartha Gautama nel parco delle gazzelle di Sarnath: retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retta sussistenza, retto sforzo, retta presenza mentale e retta concentrazione. Come sancito nel principio dell’Impermanenza, Tengen ha rinunciato a ogni illusione di identità.

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Kenjaku, “compassione e salvezza”

Se Tengen è facilmente correlabile alla storia e ai precetti del buddismo, Kenjaku (il cui nome, che pare sia stato scelto proprio da Tengen, vuol dire pressappoco “compassione e salvezza”) è meno immediatamente correlabile a un culto specifico. Il nome della sua Tecnica Maledetta personale è Taizohenya, che deriva da un termine buddista, Taizo, che significa “Budda salva i popoli con la compassione”. Inoltre, come il suo ospite Geto indossa una veste da monaco buddista.

Tuttavia, nel proprio comportamento c’è davvero poco di “non agente” e il suo muoversi all’interno del mondo di Jujutsu Kaisen non sembra relato ad alcuno dei precetti fondanti del buddismo. Al contrario, le sue azioni sono da ricondurre a un volontario processo trasformativo della realtà. Essendo divenuto uno Spirito Maledetto e utilizzando Maledizioni tramite la Tecnica di Geto, Kenjaku è senza dubbio assimilabile a un kami, creatura appartenente alla tradizione shintoista.

Jujutsu Kaisen

Più che rinascere attraverso il Samsara Kenjaku ricava la propria immortalità dal parassitare i corpi altrui, proprio come farebbe un kami (in questo caso, uno yokai). La Tecnica Maledetta di Kenjaku gli permette infatti di trapiantare la propria coscienza scambiando il proprio cervello con quello dell’ospite, purché questo sia morto. Nel momento in cui passa all’interno di un altro corpo ne acquisisce tecniche, poteri e ricordi, forse anche barlumi di personalità. Proprio come un mostro.

Non è solo il suo incredibile potere a rendere Kenjaku una minaccia per lo status quo mondiale di Jujutsu Kaisen: la sua straordinaria intelligenza gli consente di essere sempre un passo avanti rispetto agli avversari grazie a delle strategie di grande complessità. Come espresso esplicitamente nell’ultimo capitolo, per lui la vita ha un valore relativo e non c’è nulla che non farebbe per concretizzare il proprio obiettivo.

La sua differenza di vedute con Tengen, con cui in passato aveva un rapporto perlomeno di amicizia (sono stati maestra e allievo, o addirittura madre e figlio? il fatto che Kenjaku sia il secondo miglior utilizzatore di barriere dopo Tengen sembrerebbe suggerirlo) viene espressa in diversi momenti della serie. La vita, per Kenjaku, è evolvere e perseguire con forza i propri obiettivi; è facile vedere come di fatto Kenjaku disprezzi l’inazione di Tengen bollandola come una forma di vigliaccheria.

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La loro contrapposizione non è soltanto morale: Kenjaku è decisamente più carnale rispetto alla sua ex amica (madre? maestra?): ricordiamo che ha letteralmente partorito il protagonista Yuji, che ha compiuto infiniti esperimenti di incrocio fra umani e Spiriti Maledetti e che sopravvive letteralmente “infilandosi” nei cadaveri che sceglie di controllare.

Non mancano neppure gli apprezzamenti di natura erotica (sempre nell’ultimo capitolo edito, fa un apprezzamento estetico sull’aspetto di Gojo). Sebbene della sua quotidianità facciano parte creature di natura spirituale, Kenjaku è un essere molto più radicato nel mondo che sempre pare intenzionato a raggiungere la definitiva e concreta fusione fra la realtà degli spiriti e quella della carne.

Il Periodo Heian è stato un periodo in cui la contrapposizione fra buddismo e shintoismo è stata palpabile. Sebbene l’animismo rimanga ancora oggi in tanta arte nipponica, e in un certo tipo di iconografia popolare, non c’è dubbio che lo shintoismo sia stato del tutto abbandonato in favore del più complesso buddismo. Possibile che alla base della guerra fra questi due personaggi ci sia una specie di conflitto religioso? E se invece fosse qualcosa di più semplice?

Se Tengen è la madre protettiva che si auto-immola per la prosperità della propria progenie, Kenjaku può essere visto come la madre egoista che partorisce, per i propri scopi, creature destinate all’infelicità. In attesa di generare il figlio definitivo, colui che divorerà il mondo.

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Manuel Crispo

Manuel Crispo

Medico, vive e lavora a Siena. Scrive un po' di tutto. "La lettura è piacere e gioia di essere vivo o tristezza di essere vivo e soprattutto è conoscenza e domande".

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