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Jujutsu Kaisen 236: il nostro commento al capitolo che ha scosso il web [SPOILER]

Scritto e disegnato da Gege Akutami, serializzato a partire dal 2018 sulle pagine di Weekly Shonen Jump, Jujutsu Kaisen è un battle shonen fra i più amati degli ultimi anni anche grazie ai propri personaggi iconici.

Fra tutti il più interessante è forse lo Stregone portatore dei Sei Occhi, l’invincibile Satoru Gojo. Maestro del protagonista Yuji Itadori, discendente di una delle importanti famiglie di Stregoni del mondo di Jujutsu Kaisen, Gojo si è fatto rapidamente strada nel cuore di milioni di lettori.

Se siete appena tornati da una vacanza su Marte e non avete avuto il tempo di aprire Twitter, smettere immediatamente di leggere questo articolo. Tra pistole di Cechov caricate a salve e retrocontinuity, qui si parla di quello che probabilmente risulterà essere il più controverso capitolo di Jujutsu Kaisen, il 236. Il capitolo in cui morì Satoru Gojo.

Jujutsu Kaisen

Come siamo giunti sin qui

Luogo: la Shinjuku pressoché deserta del Culling Game ancora in corso. Ci troviamo nelle fasi finali del piano di Kenjaku per la creazione di una Maledizione globale che metta fine all’umanità. Perché questo possa accadere devono verificarsi alcune condizioni, fra cui la morte di ogni essere vivente all’interno delle Barriere a eccezione di lui e di Sukuna.

Tempo: Vigilia di Natale. Nel capitolo 212 Sukuna si era liberato dalla prigione rappresentata da Yuji Itadori possedendo il corpo di Megumi Fushiguro. Nel 221 grazie alla Tecnica Maledetta di Hana Kurusu i protagonisti erano poi riusciti a liberare Satoru Gojo, unico in grado di affrontare la minaccia rappresentata da Sukuna, dal Reame Prigione, in cui Kenjaku lo aveva intrappolato riconoscendo di non essere abbastanza potente da poterlo uccidere.

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Il combattimento fra Gojo e Sukuna, fortemente atteso dai fan e anticipato all’interno della narrazione sin dall’inizio del manga, ha avuto inizio nel capitolo 223 sotto lo sguardo fiducioso degli Stregoni del gruppo di Yuji. I due contendenti non hanno risparmiato i colpi, al punto da ferirsi in modo quasi mortale più volte.

Per buona parte della lotta, anche per colpa dei potenti Shikigami evocati da Sukuna, Gojo è apparso abbastanza in difficoltà e gli spettatori hanno più volte temuto per la sua vita. Specie quando, nel capitolo 234, Mahoraga ha mozzato il braccio di Gojo. Solo la convinzione, espressa da alcuni osservatori, che Sukuna possedesse qualche forma di colpo segreto, ha impedito a Yuta e Yuji di scendere in campo per salvare il proprio Maestro.

In modo rocambolesco, lo Stregone dei Sei Occhi è comunque riuscito a produrre il proprio colpo più potente, il Fulmine Viola, in teoria dotato di sufficiente forza da uccidere Sukuna sul colpo. Mahoraga è stato distrutto, Sukuna ha perso un braccio. Gojo viene proclamato vincitore dello scontro.

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Tuttavia, il capitolo 236 si apre con quella che appare subito come una visione pre-morte di Satoru, che in una specie di sala d’aspetto di un aeroporto discute con Suguru Geto del significato della propria sconfitta. Altri morti popolano la visione di Gojo: Kento Nanami, Yu Haibara, Masamichi Yaga, Riko Amanai, Misato Kuroi. Gojo li saluta e si congeda dalla vita.

Quando torniamo nel mondo reale vediamo il cadavere di Satoru Gojo tagliato a metà. La scena mette davvero i brividi, soprattutto per il suo essere del tutto inattesa. Quando ci si riprende dallo shock, tuttavia, emergono i primi problemi.

Errori tecnici

Sfogliando la Treccani alla voce climax scopriamo che si tratta di una “figura che designa una serie di parole o di gruppi di parole ordinati in modo da produrre un’amplificazione e una progressiva intensificazione (g. ascendente o climax) o al contrario un’attenuazione (g. discendente o anticlimax) nelle idee esposte”.

Eccoci al primissimo problema tecnico di questo capitolo: l’anticlimax. La morte di Gojo ci viene mostrata all’improvviso, come evento accaduto “fuori onda”, chissà quando, senza che la successione degli eventi ci abbia portati logicamente dal punto A al punto B.

Non che il climax discendente sia un errore tecnico in senso assoluto, anzi. Tuttavia, questa modalità di costruzione narrativa in questo caso specifico giunge all’improvviso dopo uno scontro interamente anti-climatico, dotato di scarsissima emotività, fra due personaggi che si conoscono.

Nonostante il loro vissuto pregresso nella loro lotta non c’è traccia di alcuna emozione tranne quelle che ci vengono spiattellate dalla voce fuori campo del narratore (un altro espediente non proprio elegante, diciamo). Il combattimento fra Gojo e Sukuna si basa interamente sullo sfoggio di tecniche, peraltro già viste in vari punti della storia, e su minimi colpi di scena che non portano da nessuna parte.

Jujutsu kaisen

Un altro punto su cui mi soffermerei è la spiegazione fornita da Sukuna (specifichiamo che queste considerazioni si basano sulle traduzioni amatoriali disponibili in rete). Il Re di Maledizioni afferma infatti che la caratteristica di Mahoraga è quella di adattarsi a qualunque Tecnica Maledetta: Mahoraga si era adattato all’Infinito annullandone gli effetti e lo aveva “tagliato”; Mahoraga, spiega lo Stregone, era divenuto in grado di tagliare i mondi, e in questo modo aveva potuto raggiungerlo nonostante lo spazio infinito che li divideva.

La logica di questa affermazione è però alquanto discutibile: l’infinito è infinito per definizione, perché spiegare l’annullamento della Tecnica dell’Infinito usando una metafora basata sul concetto di spazio? Non importa quanti mondi sei in grado di tagliare, l’infinito è infinito per definizione e contiene infiniti mondi.

Tutta la (splendida) filosofia dietro il personaggio di Satoru Gojo si sostanzia con il collegamento allegorico fra la sua Tecnica e la sua vita: l’uomo che metteva l’infinito fra sé e gli altri.

L’ultimo errore che mi sento di portare alla vostra attenzione, forse il più grave, è il non sequitur. Nel capitolo 234, diversi personaggi avanzano l’ipotesi che per potersi assicurare la vittoria Sukuna debba possedere una qualche carta segreta, un colpo finale che potrebbe eventualmente decidere di adoperare se qualcuno di loro irrompesse sul campo di battaglia per aiutare Gojo. Questo ragionamento, alquanto stiracchiato, è il classico dialogo-macchina funzionale a fare in modo da impedire eventi che renderebbero più difficile condurre la narrazione dove l’autore ha deciso che debba andare: ovviamente se gli Stregoni attaccassero Sukuna in massa insieme a Gojo lo sconfiggerebbero. Bisogna inventarsi l’asso nella manica. Ma alla fine, questa pistola di Cechov, spara?

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No. A meno che la tecnica segreta di Sukuna non fosse Mahoraga, qui presentato come l’artefice della ferita mortale di Gojo, il ragionamento degli Stregoni non ha portato a nulla. In gergo questo errore si chiama, appunto, non sequitur.

Ma Gojo è davvero morto?

Dopo aver attraversato le 5 fasi del lutto possiamo dire che sì, a meno di strabilianti (e mi permetto di dire, a questo punto, ridicoli) colpi di scena, questa è davvero la fine dello Stregone dei Sei Occhi.

Tutto il capitolo 236 infatti è concepito e condotto come una lunga ammissione di sconfitta da parte di un Gojo morente, che negli ultimi istanti di vita si riconcilia con Geto da lui stesso ucciso nel prequel di Jujutsu Kaisen. Anche se, essendo questo manga un fantasy, non si può davvero escludere nulla (abbiamo visto succedere molte cose strane in questi anni di serializzazione) ciò che mi fa pensare che Gojo sia morto è il carico emotivo di evidente commiato su cui Akutami ha calcato la mano nella prima sezione del capitolo.

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È subito evidente come quel dialogo non sia soltanto un modo per Gojo di accettare e spiegare la sconfitta che ha subito, ma anche una maniera per salutare per sempre noi lettori. Proprio per questo, nel caso in cui dovesse in qualche modo essere riportato all’interno della storia, con tutti i problemi narrativi che la sua invincibilità poneva sino a questo momento (tanto che Akutami era stato costretto ad esiliarlo nel Reame Prigione) mi sentirei tradito e preso in giro.

Attestato quindi che Gojo è purtroppo venuto a mancare, il momento esatto in cui è stato ferito a morte non è chiarissimo: Mahoraga è scomparso, “ucciso” dal Fulmine Viola, quindi non può averlo colpito dopo la proclamazione della vittoria. Deve essere accaduto prima. Quando, cioè, nel capitolo 234, Mahoraga ha scagliato il colpo di taglio con cui gli ha mozzato il braccio. In quell’istante deve averlo tagliato a metà senza che se ne accorgesse.

Questo vorrebbe dire che Gojo ha vissuto gli avvenimenti del capitolo 235 essendo già morto. Una situazione un po’ alla Ken il Guerriero, non so se mi spiego.

E quindi?

Alla fine di questa lunghissima disamina potreste esservi fatti l’idea che questo capitolo di Jujutsu Kaisen sia brutto. Dolorosamente, non è così. Con tutti i suoi problemi tecnici e logici, la sezione relativa alla visione di Gojo morente è probabilmente uno dei picchi della serie. Secondo il parere di chi scrive, questo 236 non è soltanto il miglior capitolo della lotta fra Gojo e Sukuna, ma in senso assoluto uno dei migliori dell’intera opera.

Ciò che sinora era mancato a questo scontro era proprio l’umanità dei suoi partecipanti. Fino a quest’ultimo capitolo, dal punto di vista della scrittura il combattimento al Vertice della Stregoneria era stato un mero sfoggio di tecniche con qualche brivido, e non mi sentirei di includerlo fra i migliori match di Jujutsu Kaisen (il primo posto per me continua ad appartenere allo scontro fra Mahito e Mechamaru). In questo capitolo, tuttavia, abbiamo avuto modo di ritrovare brevemente il nostro amico Gojo, con la sua umanità, la sua scortese simpatia, la sua sorprendente empatia.

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Il dialogo fra lui e Geto fa davvero il punto su quello che è stato il percorso umano di Satoru Gojo, sia per ciò che viene affermato con forza, sia per le tonnellate di “non detti” lasciati sospesi nell’aria e che rendono quella specifica sezione una fra le più malinconicamente impattanti di Jujutsu Kaisen. Peccato che il tutto sia stato orchestrato così male.

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Manuel Crispo

Manuel Crispo

Medico, vive e lavora a Siena. Scrive un po' di tutto. "La lettura è piacere e gioia di essere vivo o tristezza di essere vivo e soprattutto è conoscenza e domande".

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