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Jujutsu Kaisen: Kokichi Muta, il corpo e l’anima

Il corpo è senza dubbio uno dei temi fondamentali della narrazione nipponica. Gli esempi si sprecano: da Dororo di Osamu Tezuka a Devilman di Go Nagai passando per l’opera di Junji Ito, Kentaro Miura, Shintaro Kago e Usamaru Furuya, sono innumerevoli gli esempi di manga che abbiano come focus tematico la mutazione del corpo, le sue fragilità, il suo utilizzo come arma o come elemento esplorativo del reale.

Non sorprende dunque che questo aspetto si esprima molto anche in prodotti mainstream come Naruto, One Piece o Jujutsu Kaisen. In quest’ultima opera il corpo è tematizzato in numerosi passaggi ma specialmente si è manifestato nella parabola tragica del personaggio di Kokichi Muta, studente della Kyoto Jujutsu High.

Nell’anime di Jujutsu Kaisen la sua esperienza umana si è appena conclusa: nell’episodio 7 della Seconda Stagione, infatti, si è consumato lo scontro mortale con Mahito. Ma chi era, dunque, Kokichi?

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Jujutsu Kaisen: Ghost in the Machine

Comparso per la prima volta nel capitolo 32 del manga (e ovviamente nell’episodio 14 dell’adattamento animato di Jujutsu Kaisen), all’inizio del mini-arco narrativo dedicato all’Incontro di scambio con la scuola gemellata di Kyoto, Kokichi Muta si è subito imposto come uno dei personaggi più interessanti. Studente del Secondo Anno della scuola di Kyoto, da principio si presenta agli altri con il tramite del proprio automa Mechamaru. Viene quindi ritenuto da molti una semplice bambola maledetta animata, al pari di Panda.

La verità è che Kokichi è nato con una Restrizione Divina tanto potente da averlo lasciato semi-paralizzato: la prima volta che abbiamo modo di vederlo, il suo aspetto ci appare orribilmente sfregiato, il suo intero corpo è ricoperto da una pelle delicatissima che tiene fasciata con bendaggi da mummia per evitare la luce del sole, che lo fa soffrire come se la sua carne fosse costantemente attraversata da aghi; è privo del braccio destro ed è costretto all’interno di una sorta di vasca poiché le sue gambe non sono in grado di sostenere il suo peso.

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In cambio della Restrizione ha ottenuto una quantità abnorme di Energia Maledetta che utilizza in connubio con la propria Tecnica innata: grazie a Puppet Manipulation può controllare un numero immenso di bambole maledette tra cui Ultimate Mechamaru, l’automa che usa per interagire con i compagni di scuola.

Durante i capitoli dedicati al cosiddetto Incidente di Shibuya scopriremo a cosa lo ha portato il risentimento accumulato per anni: il traditore Kokichi ha stretto un Patto Vincolante con Geto, dandogli informazioni vitali per la riuscita dell’operazione in cambio di avere il corpo risanato dalla tecnica di Mahito nota come “Mutazione oziosa”. Il patto avrà conseguenze tragiche, perché sebbene Kokichi riesca ad ottenere la guarigione del proprio corpo ingaggerà un combattimento proprio con Mahito, perdendo la vita.

Vite surrogate

A chiunque abbia alle spalle un po’ di letture in fatto di entertainment nipponico, il personaggio di Kokichi Muta non apparirà chissà quanto originale: il primo e più eclatante esempio di possibile modello che viene in mente è Hyakkimaru, protagonista di Dororo, samurai reso deforme da un patto stretto dal padre con i demoni. Come quello di Hyakkimaru, anche il corpo martoriato di Kokichi non è una entità narrativamente neutrale. La fisicità materiale, al contrario, è un elemento essenziale di una normale vita di relazioni e crescita. Kokichi ne è consapevole, al punto da sacrificare il mondo intero (come il Grifis di Berserk prima di lui, tanto per citare un altro modello) per essere guarito.

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Kokichi, personaggio fondamentale di questa prima parte di Jujutsu Kaisen, vive una vita surrogata attraverso i propri robot e combatte utilizzando simulacri. Addirittura, all’inizio ci viene presentato con il nome del proprio automa preferito, come se Kokichi non avesse o meglio non riconoscesse di possedere una identità da essere umano. Proprio per questo è straziante la scena in cui la ragazza da lui amata, Kasumi Miwa, parla con Mechamaru credendolo addormentato e ignorando che in quel momento Kokichi era appena morto, molto lontano da lei.

Il giovane troverà una propria redenzione postuma che non anticipiamo a chi conosce il personaggio solo attraverso l’anime, ma questo non rende meno amara la sua parabola esistenziale. Soprattutto perché, attraverso le parole che Miwa rivolge a un Mechamaru ormai senz’anima, gli sarebbe bastato forse fidarsi un po’ di più dei propri compagni per ottenere quell’accettazione da lui bramata fino al punto da stringere un patto con il Diavolo.

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Manuel Crispo

Manuel Crispo

Medico, vive e lavora a Siena. Scrive un po' di tutto. "La lettura è piacere e gioia di essere vivo o tristezza di essere vivo e soprattutto è conoscenza e domande".

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