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Chi gioca ai videogiochi ha una marcia in più nel mondo del lavoro: lo riporta un recente studio

Vi hanno sempre detto che il vostro passatempo preferito, ossia giocare ai videogiochi, è una cosa infantile ed inutile? Abbiamo un’arma che farà ricredere tutti i detrattori del mondo videoludico: un recente studio condotto da Censuswide per conto di YouTube dimostra che i giovani videogiocatori hanno maggiori chance di essere scelti dai recruiter nell’ambito delle prime assunzioni lavorative.

Lo studio ha coinvolto sia recruiter che giovani lavoratori tra i 18 e i 26 anni e, dall’esito di alcune mirate domande fatte agli intervistati, sono state tratte conclusioni veramente soddisfacenti per i videogiocatori, che ora sanno di avere una marcia in più nei colloqui di lavoro e non solo: andiamo a vedere quali sono le valutazioni che i recruiter fanno trovandosi di fronte ad un gamer.

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Ma i videogiochi non erano per bambini?

L’indagine parla chiaro: il 64% dei recruiters ha lavorato con gamer e ritiene che questi ultimi siano dotati, più di altre persone, di una serie di caratteristiche ben spendibili nel mondo del lavoro: tra queste evidenziamo il pensiero strategico (come afferma il 42% dei recruiter intervistati), problem solving (39%), capacità di mantenere la calma sotto pressione (36%), molto quotate sono anche le capacità comunicative e di adattamento.

Al contrario di quello che potrebbero suggerire questi dati, però, la Gen-Z è la prima ad essere scettica nei confronti dell’apporto che questo hobby può dare alla vita lavorativa: solo il 40% dei ragazzi tra i 18 e i 26 anni intervistati si direbbero favorevoli e disposti all’inserimento di questo hobby nel CV: ma non è che stiamo sprecando un’opportunità di far emergere quelle che potenzialmente sono le nostre doti?

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Alcuni pareri esperti a conferma della teoria

Sentiamo ora i pareri di due esperti del campo, intervistati proprio in occasione della pubblicazione dei risultati dello studio: iniziamo da Ian Storey, Director di Hays, azienda leader nel settore recruitment:

“Le competenze acquisite attraverso il gaming possono essere molto importanti nel mercato del lavoro di oggi. E proprio al gaming è stato riconosciuto il merito di aver contribuito a incoraggiare le persone ad avvicinarsi al settore tecnologico. Gli hackathon, ad esempio, hanno generato un chiaro crossover tra gaming e programmazione. Quando si tratta di includere il gaming come parte del proprio Cv, la questione è come renderli pertinenti al lavoro per cui ci si propone o come questi rendono un candidato più interessante come potenziale dipendente”

E di Mathew Barr, Senior Lecturer in Computing Science all’Università di Glasgow, che si occupa di studiare il legame tra la nascita di compentenze professionali e il gaming:

“Non sorprende che i gamer abbiano compreso il legame tra gaming e lavoro. Il gaming può aiutare a sviluppare importanti capacità occupazionali, come comunicazione, intraprendenza e adattabilità”

“Un gamer può creare connessioni tra ciò che sta facendo in un videogame e ciò che potrebbe dover fare nel lavoro o nello studio, e sentirsi sicuro di avere gli strumenti a sua disposizione per avere successo, perché ha fatto qualcosa di simile nel proprio videogame preferito. Per decenni ci è stato detto che praticare uno sport di squadra è una buona cosa. Lo stesso si può dire dei videogiochi di squadra. Infatti, nel mondo digitale il tipo di cooperazione online richiesta dai videogiochi è forse più rilevante che mai”

OMS

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FONTE

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Sara Pandolfi

Sara Pandolfi

Classe 2004, ma il mio gioco preferito è più vecchio di me. Mi trovate in giro per le strade con uno scudo Hylia sulle spalle e questo dovrebbe già spiegarvi molte cose

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