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Perché le aziende big tech stanno licenziando circa il 6% della loro forza lavoro?

Le aziende big tech sembrano costantemente in crescita, eppure negli ultimi mesi i licenziamenti di massa sono diventati una consuetudine.

Le big tech stanno licenziando in massa secondo modalità simili

Se c’è qualcosa che accomuna enormemente le grandi società di tecnologia in questi ultimi mesi, è sicuramente il taglio di un’enorme quantità di posti di lavoro secondo una modalità molto simile. E vista la crescita costante del settore negli ultimi anni, specialmente nell’era post-Covid, questa tendenza lascia particolarmente perplessi.

Com’è possibile che big tech come Alphabet, Amazon, Microsoft e Spotify siano state improvvisamente costrette a licenziare tra il 5 e il 7% della forza lavoro in un momento di grande crescita, innovazione e avanguardia? Secondo alcuni esperti, la risposta è molto semplice: perché lo fanno tutti.

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Non sempre è questione di fatturato

Un primo importante chiarimento va fatto dal punto di vista del denaro. Come afferma Michael Cusumano, vicepreside della Sloan School of Management dell’MIT, questi colossi possiedono centinaia di milioni di dollari. Una riserva di denaro che tiene lontano lo spettro della bancarotta e che, soprattutto, non è sparita magicamente negli ultimi mesi.

Tuttavia, gli investitori dell’epoca moderna non guardano più con tanto interesse a un dato come il profitto. La rapida crescita degli ultimi anni, e di conseguenza i grandi aumenti di fatturato, non sono più il vero termometro della salute di una società. Un dato interessante è invece il fatturato per dipendente.

Un dato utilizzato dalle persone per misurare il valore dell’investimento delle società tech è il reddito per dipendente e, dopo l’assunzione di tutto questo personale durante la pandemia, il reddito per dipendente è diminuito.

Di conseguenza, le big tech potrebbero aver deciso di tagliare posti di lavoro per sollevare il dato relativo al reddito per dipendente, calato vertiginosamente dopo la grande ondata di assunzioni dell’era post-Covid e il rallentamento della crescita economica. Un “piccolo” intervento per rimanere appetibili agli occhi degli investitori e non rischiare tracolli improvvisi in previsione di un’eventuale recessione.

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Da grandi profitti derivano grandi licenziamenti: ma è davvero così?

Secondo questo ragionamento, una grande azienda effettua grossi tagli al personale per risparmiare denaro nonostante il piccolo singhiozzo iniziale dovuto ai costi di licenziamento (basti pensare alla liquidazione). Quindi meno stipendi, costi più bassi e tutti felici e contenti? Non proprio.

Sono infatti molti gli studi che escludono un collegamento tra i licenziamenti e il miglioramento della salute dell’azienda. Secondo Jeffrey Pfeffer, professore presso la Stanford Graduate School of Business, il problema delle società non sono i costi, ma i ricavi. E il taglio dei dipendenti non aumenta affatto i ricavi, ma probabilmente li diminuisce.

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Andamento relativo ai tagli delle big tech

Durante la pandemia di Covid, è stato studiato che i licenziamenti non hanno avuto alcun effetto sul prezzo delle azioni. L’unico vero impatto concreto dei licenziamenti è quello sul benessere delle persone: un taglio al personale aumenta infatti il rischio di suicidio di chi rimane a piedi e favorisce l’accumulo di stress, sia tra i dipendenti licenziati che tra quelli che rimangono aggrappati al loro stipendio ma con la paura nel cuore data dal futuro incerto.

Ma se la situazione in termini di denaro non è critica e il licenziamento dei dipendenti non è una soluzione, perché molte aziende tra le big tech hanno deciso di effettuare un taglio alla propria forza lavoro? E perché proprio del 6%? Pfeffer definisce il fenomeno in maniera molto semplice: “contagio sociale“.

Il fenomeno del “contagio sociale” e della “prova sociale”

Attualmente, le big tech non sono accomunate solamente dagli enormi profitti nell’era post-Covid e dai tagli al personale effettuati con lo stampino, ma anche da dinamiche interne invisibili e molto simili. Ciò che Pfeffer definisce come “contagio sociale” non è altro che l’imitazione dei propri simili nel momento in cui una situazione ambigua non consente previsioni certe.

In psicologia, questo fenomeno è chiamato “prova sociale“. Ma cosa significa? È molto semplice: in media, le persone tendono a ritenere molto più validi i comportamenti e le scelte che vengono effettuati da un elevato numero di persone. Se al supermercato tendiamo a preferire un marchio famoso perché ci sembra migliore, nel settore tech le decisioni della massa ci spingono a seguire una certa tendenza.

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È probabile quindi che i CEO delle big tech (e non solo) agiscano sempre con un occhio puntato ai propri compagni di settore. Di fronte all’aumento esagerato della forza lavoro, e in mancanza di un vero indicatore che sottolinei nitidamente il surplus di personale, molte società hanno preferito imitare le altre e tagliare una determinata percentuale di forza lavoro.

Similmente al fenomeno del ridimensionamento negli anni 80, una pratica inizialmente ambigua e successivamente adottata da molti, alcune dinamiche degli ultimi anni sono da ricondurre a una sorta di “tendenza” che prende piede e a cui tutti prendono parte. Se tra il 2019 e il 2022 si sono messi tutti ad assumere, ora si sono messi tutti a licenziare.

Il sottile equilibrio dietro i tagli del 6%

Nonostante l’idea del contagio sociale suoni assurda, è una spiegazione su cui si trovano d’accordo diversi esperti. Resta da capire il motivo per cui venga scelta una percentuale molto simile da molte delle aziende big tech che hanno effettuato i tagli. Ma anche in questo caso scopriamo che il motivo è più simbolico che razionale.

Queste aziende devono infatti garantire la soddisfazione dei dipendenti e dei propri investitori. I tagli fanno soffrire i dipendenti (e grazie, direte voi) ma fanno godere gli investitori e fanno balzare il Nasdaq (+10% a gennaio). Un taglio troppo basso va contro gli investitori, uno troppo alto contro i dipendenti. E allora ecco che il 6% diventa un giusto compromesso e una sorta di riferimento per l’intero settore tech.

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Tagli delle big tech dall’inizio del 2022

I tagli delle big tech spiegati in modo facile

Soddisfatti? Probabilmente no. Ed è per questo che concludo citando nuovamente Pfeffer che, oltre ad aver introdotto il concetto di “contagio sociale”, ha voluto spiegare la tendenza adottata dai CEO delle big tech in modo più semplice ed elementare:

La gente continua a fare stupidaggini di ogni genere. Non capisco perché vi aspettiate che i manager siano diversi.

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Jeffrey Pfeffer

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FONTI: Fast Company, Forbes, The Verge

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Sebastiano Inama

Sebastiano Inama

L'invincibile principe guerriero forgiato dal fuoco di mille battaglie, nonché localizzatore di videogiochi e copywriter.

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