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Il governo UK non bandirà le loot box anche se sono nocive: “è ancora troppo presto.”

Era il 2020, e un’udienza parlamentare in UK aveva richiesto di indagare sui pericoli delle loot box. Dopo 22 mesi la raccolta di prove è finalmente terminata, ma nonostante i rischi evidenziati dal report, si è scelto (inspiegabilmente) di rimandare il giudizio sulla questione. Secondo i parlamentari, sarebbe meglio “lasciare che il mercato si autoregoli“, guidandolo tramite dei dialoghi con i ministri. Un completo marcia indietro rispetto alle intenzioni del 2019.

Il primo paese europeo a preoccuparsi del collegamento tra loot box e gioco d’azzardo è stato la Norvegia, che nell’aprile del 2017 ha sollecitato gli altri paesi dell’unione a indagare sulla faccenda. Belgio, Norvegia, Francia e Germania hanno seguito il consiglio, arrivando a instaurare misure più o meno stringenti (in Belgio le loot box sono notoriamente diventate illegali, mentre la Francia ha concluso che non sarebbero affatto equiparabili al gioco d’azzardo, poiché non mettono in palio denaro). Quasi tutti i casi si sono conclusi con la nascita di restrizioni.

L’indagine condotta dal Regno Unito ha però dell’incredibile. Nonostante sia stato individuato un collegamento tra le loot box e i danni normalmente causati dal gioco d’azzardo, il governo britannico si è rifiutato di legiferare, adducendo delle scusanti che agli esperti puzzano di bruciato.

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Le loot box sono gioco d’azzardo (?)

Il nocciolo della questione verte proprio su questo collegamento, che a molti potrebbe sembrare ovvio. Nel report presentato ai ministri si è evidenziata una “stabile e costante” associazione tra loot box e problematiche del gioco d’azzardo, individuata da 15 studi indipendenti, tutti sottoposti a revisione paritaria. Rimane però un intoppo: il collegamento c’è, ma non si è sicuri che si tratti di un nesso causale.

Correlazione non è causalità, certo, ma cos’altro potrebbe far manifestare i sintomi del gioco d’azzardo nei bambini? Difficile pensare che i giovanissimi si perdano dietro alle loot box per sfogare un bisogno nato altrove. Il governo UK, invece, sembra avere ancora molti dubbi al riguardo, tanto da decidere che non vale la pena preoccuparsi ulteriormente delle loot box, limitandosi quindi a “spingere” per il dialogo.

Tutto questo nonostante alcuni studi avessero indicato le loot-box come gateway, o droga di passaggio, per il gioco d’azzardo. Tuttavia questi risultati sono stati smentiti dalle aziende di gaming, che hanno presentato delle statistiche riguardanti il servizio clienti (sì, avete letto bene) che avrebbe ricevuto pochissime lamentele legate a problemi del gioco d’azzardo. Questo, secondo i ministri, invalida i numerosi studi condotti su campioni di bambini e giovani adulti, che non sono considerati “abbastanza rappresentativi”.

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Le loot box di NBA 2k20

Nancine Dorries, ministra della cultura, ha spiegato che “imporre limiti o proibizioni (sulle loot box) potrebbe avere conseguenze inaspettate”, oltre che interferire con il rinnovamento della legge sul gioco d’azzardo attualmente in corso. “Per esempio, impedire ai bambini di comprare loot box potrebbe avere l’effetto indesiderato di far loro usare account falsi, limitando così il controllo genitoriale sui contenuti e la spesa effettuata”.

Una conseguenza davvero terribile e impossibile da prevenire, per paura della quale gli UK hanno preferito lasciare che il mercato si autoregoli sulla questione loot box. Mercato che in UK produce 7 miliardi di sterline all’anno, molti dei quali senza dubbio proprio grazie a chest e buste.

“Le volpi fanno da guardia al pollaio”

David Zendle, ricercatore alla York University, commentando la vicenda per The Guardian

Il Dipartimento per la Cultura Digitale, Sport e Media di cui fa parte Dorries sarebbe inoltre arrivato alla stessa conclusione dei francesi, secondo cui, tecnicamente, le loot box non ricadono nel gioco d’azzardo perché non esisterebbe modo per rifarsi della spesa (o perfino guadagnarci). Eccetto che il modo esiste, e la Commissione per il Gioco d’Azzardo ne aveva parlato chiaramente: siti di terze parti su cui vendere gli account contenenti i premi o i cosmetici, completando così il cerchio delle “scommesse”.

Davide Zendle, ricercatore presso l’Università di York, ha commentato la vicenda con toni durissimi. Il suo lavoro si concentra proprio su videogiochi, monetizzazione e impatto sociale, e secondo lui è impossibile aspettarsi che “i malintenzionati” si autoregolino. Proprio quello che invece Dorries si augura, dichiarando la necessità di controlli più efficaci sui videogiochi, ma rifiutandosi di portare la questione all’attenzione del governo.

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Boris e Dorries sbustano IL PACK OPENING PIÙ GRANDE D’INGHILTERRA

Dorries ha poi annunciato un “gruppo di lavoro” che attraverso “il dialogo” con i vertici dell’industria videoludica cercherà di portare “maggior trasparenza e controllo” per quanto riguarda gli acquisti di loot box. Il primo report del gruppo di lavoro è atteso per i primi mesi del 2023.

“Se queste misure dovessero fallire, non esiteremo a considerare un cambio di legislazione”, ha poi aggiunto la ministra. Il report apportato a giustificazione della decisione può essere letto per intero qui, in tutte le sue 32’000 gloriose parole.

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Fonti: 1 | 2

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Enrico Tonon

Enrico Tonon

Sono un tonno romanticissimo che nuota nella rete. Nonostante le pinne, mi ostino ad impugnare tastiere e controller. Ben ferrato in shitposting. Aerodinamico. Giallo.

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