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Con gli occhi puntati all’insù: SpaceX, i Millennials e il sogno dello spazio

Il 27 maggio dal 2020 sarà ricordato come un giorno storico per l’esplorazione spaziale.

Alle ore 22:33 ora italiana un razzo americano porterà sulla Stazione Spaziale Internazionale due astronauti statunitensi. Non succedeva da quando, nel 2011, fu soppresso il programma Space Shuttle, con gli USA costretti a fare affidamento sulle Soyuz russe. Si capisce bene quindi il perché questo lancio ha assunto dei contorni propagandistici soprattutto dopo che l’amministrazione Trump ha ufficialmente dato il via alla sesta branca delle forze armate statunitensi: la Space Force.

Iconico anche il luogo da cui avverrà il lancio: stiamo parlando, ovviamente, della piattaforma 39 di Cape Canaveral. La stessa piattaforma da cui sono partite le missioni Apollo e che, negli anni, hanno anche permesso di lanciare nello spazio le missioni del programma Space Shuttle.

Si tratta quindi, sicuramente, di un gran giorno per gli Stati Uniti. Ma è, al tempo stesso, un giorno forse ancora più importante per Elon Musk e la sua SpaceX.

Vi avevamo già parlato delle implicazioni dell’arrivo delle aziende non governative nel mondo delle esplorazioni spaziali. Ma nel lancio in questione, pubblico e privato sono legati a doppio filo. E se da un lato ci sono gli interessi economici del governo statunitense, ovviamente desideroso di abbassare i costi dei lanci, dall’altro ci sono le aspirazioni e i desideri di Elon Musk di vedere i propri obiettivi diventare realtà.

L’obiettivo a lungo termine resta sempre uno, lo sappiamo bene. Musk punta a Marte e tanti sono convinti che ci riuscirà. Ma l’imprenditore sudafricano ha già tanto di cui vantarsi. Potrebbe bastare il fatto che sia il Falcon 9 che la capsula Dragon 2 sono di sua costruzione. Ma Elon Musk ha voluto fare di più, dando agli Stati Uniti quello che loro cercavano da anni: la riutilizzabilità.

Il lancio di uno Shuttle costava circa un miliardo di dollari. Quello di un Falcon 9 20 volte in meno. Addirittura 35 volte in meno, se consideriamo un razzo riutilizzabile.

dragon 2

Il Falcon e la Dragon

E c’è da dire che le promesse e le aspettative sono state più che rispettate.

Dal 2005 ad oggi, a fronte di uno sviluppo costato meno di un miliardo di dollari (400 milioni di investimento interno da parte di SpaceX e 450 milioni di investimento della NASA) il Falcon 9, che intanto è arrivato alla versione v1.2 Block 5 “Full thrust”, ha collezionato 87 lanci, dei quali 85 con successo. Ci sono stati inoltre tre lanci del Falcon Heavy (configurazione che affianca al lanciatore principale altri due primi stadi come booster) e 19 missioni di rifornimento per la ISS. Un primo stadio è stato addirittura riutilizzato 5 volte.

In cima al lanciatore ci sarà la capsula Dragon 2 anche detta Crew Dragon.

Si tratta di una diretta evoluzione del modello precedente, già artefice di numerosi lanci e rifornimenti alla ISS. La Dragon 2, oltre a predisporre due diverse configurazioni (Cargo, per il trasporto di rifornimenti e Crew, per il trasporto di un massimo di 7 astronauti) è un gioiello della tecnologia.

Dotata di otto motori che le permettono, all’occorrenza, di evitare situazioni spiacevoli, è in grado di attraccare autonomamente alla Stazione Spaziale.

E come se non bastasse, dimenticate antiquati bottoni e pulsanti. La Dragon 2 è fornita di schermi touchscreen.

falcon 9

I Millennials e l’esplorazione spaziale

Si tratta innegabilmente di una giornata storica per gli Stati Uniti e per Elon Musk. Si tratta anche di una giornata sicuramente indimenticabile per Doug Harley e Bob Behnken, i due astronauti che prenderanno il volo grazie a 65 metri (questa l’altezza complessiva di lanciatore e capsula) di ingegneria, intelletto e speranze.

Ma si tratta anche, e soprattutto, di una giornata che resterà impressa nella memoria di tutti noi, che quotidianamente sogniamo lo spazio siderale.

Chi vi parla è un classe 94. Rientro quindi per un pelo nella definizione di “millennial” (o echo boomer), che comprende i nati tra i primi anni 80 e la prima metà degli anni 90. Sono sicuro che molti di voi saranno come me o al più saranno della generazione successiva, quella dei “post millennial” (o zoomer). Siamo la generazione che ha vissuto sulla propria pelle il passaggio dal vecchio al nuovo millennio. Abbiamo vissuto l’attentato alle Torri Gemelle, abbiamo vissuto i Mondiali del 2006. E stiamo vivendo la nuova corsa allo spazio.

E tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo desiderato di voler fare l’astronauta. Si tratta di un sogno che ci è stato trasmesso principalmente dal cinema o dai videogiochi, ed è la naturale conseguenza di quando la mente di un bambino entra in contatto con mondi e realtà lontane. Aver vissuto alcuni tra gli anni più prolifici del genere fantascientifico attraverso diversi medium ci ha sicuramente permesso di maturare una diversa sensibilità a riguardo. Siamo la prima generazione che ha pensato allo sci-fi su larga scala e abbiamo vissuto sulla nostra pelle i primi passaggi dalla finzione raccontata nei libri e nei film alla realtà.

Siamo di fatto dei predestinati alle stelle. Ma non le vedremo mai.

L’unico rammarico che quelli come noi avranno per il resto della vita, sarà infatti quello di essere nati qualche secolo in ritardo per esplorare il globo e qualche secolo in anticipo per esplorare le stelle.

Possiamo per finta di credere che i risultati che siamo ottenendo in questi anni saranno fondamentali per quelle che saranno le scoperte e i traguardi di un domani ma, ahinoi, non saremo mai in grado di toccare con mano il frutto di tanto lavoro che quotidianamente tiene svegli migliaia di ingegneri e scienziati intorno al globo.

Ma si sa, la vita è fatta di piccole cose. E per adesso dobbiamo accontentarci di essere spettatori del prossimo “piccolo passo per l’uomo ma grande passo per l’umanità“.

Sta iniziando una nuova corsa allo spazio. Sono cambiati gli attori, sono cambiati gli obiettivi, probabilmente cambieranno anche i risultati.

Ma una cosa non cambierà mai. I sognatori come noi avranno sempre gli occhi all’insù.

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Gabriele Pati

Gabriele Pati

Cresciuto con libri di cibernetica, insalate di matematica e una massiccia dose di cinema e tv, nel tempo libero studia ingegneria, pratica sport e cerca nuovi modi per conquistare il mondo. Vanta il poco invidiabile record di essere stato uno dei primi con un account Netflix attivo alla mezzanotte del 22 ottobre 2015.

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