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My Hero Academia, Stagione 4: Commento episodi 24-25

Nel concludere l’altalenante viaggio della sua quarta stagione, My Hero Academia ci ricorda il come e il perché è riuscito a conquistarci un po’ tutti. L’elegantissimo matrimonio tra lo sviluppo di uno dei personaggi più carismatici della serie e il picco qualitativo raggiunto dall’adattamento di BONES, infatti, non danno vita soltanto ad uno dei momenti più memorabili della storia di Kohei Horikoshi – di quelli che rimangono impressi – ma anche e sopratutto a quello che è, probabilmente, il miglior episodio dell’intera serie, almeno finora.

Per quanto i due archi narrativi trattati finora siano comunque riusciti a prendermi, la verità è che mancava qualcosa. E adesso che mi è stata sbattuta in faccia è molto più semplice identificarla. Fa un po’ male dirlo, ma il fatto è che le vicende che hanno scandito questa quarta stagione riguardavano principalmente personaggi verso i quali mi sono affezionato di meno. Che sia anche colpa mia non lo metto assolutamente in dubbio, però non posso fare a meno di notare come ciò sia avvenuto proprio nel momento in cui la storia ha iniziato a concentrarsi su personaggi secondari di minore impatto rispetto a colossi come Bakugo e Todoroki. Attenzione, ciò non vuol dire che io non abbia veramente apprezzato quanto visto, assolutamente. Semplicemente questo è proprio un altro livello, un picco al quale pochissimi altri momenti della serie si sono avvicinati.

Perché vedete, qui siamo di fronte ad un personaggio enormemente interessante e sfaccettato. Ma prima di tutto siamo di fronte alla storia di una famiglia lacerata dal comportamento di uno dei suoi componenti. Ad una famiglia che, però, e questo è il punto importante, non si è completamente distrutta. Contrariamente da quanto fatto intendere nella seconda stagione, è palese che esiste ancora un qualche rimasuglio di affetto ad unirli. Todoroki era visibilmente preoccupato per le sorti di suo padre per tutto il tempo, Endeavor ha quantomeno dimostrato di riconoscere l’esistenza di sua moglie, e infine non si può certo dire che quest’ultima abbia in qualche modo rifiutato le sue attenzioni.

È molto difficile trovare le parole giuste per tentare di scavare più a fondo in questa vicenda. Perché ammettiamolo: tifare senza alcun rimorso per un eventuale ricongiungimento sarebbe sconsiderato. Quanto avvenuto in passato non è certo un qualcosa che si può dimenticare da un momento all’altro, e non ci sono fiori né regali che possano in qualche modo risanare ferite così profonde e gravi come quelle causate dall’abuso intrafamiliare. Fatto sta, però, che il percorso di redenzione appena intrapreso da Endeavor è genuino. E soprattutto, la causa che l’ha spinto ad assumere quei comportamenti c’ha lasciato per davvero.

In fondo è proprio questo il punto di quanto avvenuto. Scontrandosi con High End, Endeavor è costretto a confrontarsi con il lato più nocivo di se stesso. La costante ricerca del potere necessario per superare All Might l’ha condotto in un sentiero sbagliato, però non è questa ad essere problematica. Anzi, è incredibilmente motivante e sorprendente accorgersi del fatto che Endeavor fosse l’unico a fare sul serio. Piuttosto, il problema sta nel modo in cui Endeavor cercava di raggiungere il primo posto, o meglio nel criterio che l’eroe numero 2 ha identificato come necessario per completare la scalata.

L’abbiamo finalmente capito: a separare All Might da Endeavor non era la bravura, il talento, il quirk o la quantità di allenamento svolto. Era il peso della responsabilità che gravava sulle loro spalle.
Siamo sempre lì per quanto riguarda il tipo di messaggi che vediamo in storie come questa: è quando dobbiamo difendere qualcuno che diventiamo imbattibili. Per citare lo scorso arco, e per far capire anche l’importanza che occupa all’interno di questo contesto, quando “il nostro sogno smette di essere soltanto il nostro” allora non ci si può più permettere di fallire. Perché, se lo facessimo, a rimetterci non saremmo più soltanto noi, bensì anche tutti coloro che hanno avuto il coraggio di riporre la loro fiducia in noi. Ecco la differenza — la ragione che spinse All Might ad alzarsi da quel letto d’ospedale e ad entrare in conflitto con uno dei suoi più cari amici.

Essere il simbolo della pace; essere il più grande dei grandi, significa condividere il proprio sogno e le proprie le speranze con gli altri e proteggerle a tutti i costi.

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, poche storie: siamo di fronte a 20, lunghissimi minuti di altissimo livello. E non soltanto dal punto di vista delle fantastiche animazioni di artisti come Yuki Hayashi, Yutaka Nakamura e Shuu Sugita, ma proprio in generale. Un piccolo dettaglio che mi fece storcere il naso negli archi precedenti fu il riutilizzo compulsivo di determinate OST con cui la serie ci ha viziato in passato. Ebbene, questa volta il grandissimo Yuki Hayashi (si, ce ne sono due) ci regala una colonna sonora davvero mozzafiato. Di quelle che non si accontentano di fare da accompagnamento al mood generale dello scontro, bensì che si incaricano di dirigerlo.

Le inquadrature nate dalla mente di Setsumu Doukawa mantengono salda l’attenzione dello spettatore sottolineando in maniera affascinante la portata dello scontro, mentre le correzioni ai disegni effettuate dai supervisori delle animazioni riescono nell’impossibile compito di non farci rimpiangere neanche il miglior Yoshihiko Umakoshi. Sequenze d’azione in cui risaltano gli effetti speciali come il fuoco e il fumo prendono il sopravvento in occasioni come queste, e la resa complessiva non è semplicemente di ottima fattura, ma anche e soprattutto ricolma di un’identità che rende la trasposizione peculiare e spaventosamente fica. Tra l’altro, vi siete accorti della presenza di alcune scene in CG durante gli ultimi due episodi? Probabilmente no, e questo è proprio l’obbiettivo di ogni buona Computer Grafica.

Un posto nel podio va anche a Tetsu Inada, il doppiatore originale. Potremmo star qui a tentare di descrivere la sua performance attoriale, ma la verità è che nulla funziona meglio che la visione stessa dell’episodio. Davvero bravissimo.

In conclusione, due parole su quanto visto finora e su ciò che ci aspetta. Questa è stata una stagione enormemente importante che si è concentrata sulla situazione di stallo venutasi a creare con l’addio di All Might. I personaggi hanno avuto modo di confrontarsi con i primi risultati tangibili del clima negativo che ha avvolto la società degli eroi. Clima al quale, per la prima volta, i nostri ragazzini hanno dovuto rispondere occupando un ruolo di responsabilità. Di errori ne hanno sicuramente commessi, ma l’importante è che sono riusciti a fare tesoro dell’esperienza. La strada verso la pace sarà ancora lunga e tortuosa, specialmente considerando che di Nomu come High End ce ne saranno sicuramente di più, oltre che la crescente rilevanza del ruolo occupato da Shigaraki tra i villain. Si prospetta quindi un futuro pieno di conflitti importanti, e caspita se non vedo l’ora di vederli.

È stato un bellissimo viaggio, grazie per averci seguito fino in fondo.


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Matteo Mellino

Matteo Mellino

Matteo Mellino, sul web Mr. Gozaemon. Tormenta continuamente amici e familiari parlando dell'argomento che più lo affascina e al quale dedica tutto il suo tempo libero: l'animazione giapponese. Più pigro di Spike, testardo quanto Naruto ma sempre positivo come Goku.

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