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Dipendenti vs Google: proteste interne per la censura cinese

“We are Google employees and we join Amnesty International in calling on Google to cancel project Dragonfly, Google’s effort to create a censored search engine for the Chinese market that enables state surveillance.”

Sono oltre trecento i dipendenti Google che hanno firmato la lettera pubblicata su Medium, la piattaforma di pubblicazione creata dal co-fondatore di Twitter nel 2012. Un’iniziativa che riprende quella della scorsa estate, quando una lettera molto simile venne diffusa internamente e raccolse più di mille firme in poche ore. Un appello che va oltre i confini delle quattro mura aziendali, manifestando un dissenso nei confronti dell’operato dell’azienda statunitense.

Nella Silicon Valley difficilmente avvengono episodi come questo, spesso a causa del timore di perdere il posto di lavoro. Inoltre, le aziende cercano di mantenere un rapporto positivo con i dipendenti tramite incontri diretti con i dirigenti. Ciò per soddisfare le loro richieste, specialmente quelle relative alle condizioni lavorative. Un attivismo di questo tipo, però, è ulteriore conferma del cambiamento interno che sta avvenendo nell’ultimo anno.

L’obiettivo della lettera

Nel testo, qui consultabile, è chiara l’opposizione nei confronti di Dragonfly, un motore di ricerca dalle funzioni estremamente limitate sviluppato per soddisfare la censura imposta dal governo cinese. I risultati mostrati da questo risulterebbero nettamente inferiori rispetto al classico Google che noi tutti usiamo. È come se quest’ultimo diventasse il Tor cinese, necessario per accedere a un “mini-deep web” dove sta nascosta la verità.

Dragonfly in China would establish a dangerous precedent at a volatile political moment, one that would make it harder for Google to deny other countries similar concessions. […] After a year of disappointments including Project Maven, Dragonfly, and Google’s support for abusers, we no longer believe this is the case. This is why we’re taking a stand.”

Trasparenza, comunicazione chiara e responsabilità: questi sono i valori sulla quale Google deve basarsi, senza dunque essere alla mercé di altre potenze (dalle quali Google stessa si era distaccata in passato). Una richiesta molto semplice, basilare, fatta da oltre 330 dipendenti tra i quali la leader di Google Open Research.

Un’iniziativa coordinata con Amnesty International

Questo caso non è un unicum

In precedenza, in segno di protesta, ricercatori interni come Jack Poulson si sono già dimessi, rifiutandosi di costruire tecnologie per “opprimere i più deboli”. Una presa di posizione molto chiara che è già diventata un problema d’immagine per la società. Google non si è ancora espressa ufficialmente al riguardo, piuttosto ha parlato del progetto Dragonfly stesso e degli investimenti in Cina con The Verge:

“We’ve been investing for many years to help Chinese users, from developing Android, through mobile apps such as Google Translate and Files Go, and our developer tools. But our work on search has been exploratory, and we are not close to launching a search product in China.”

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Francesco Santin

Francesco Santin

Studente di Scienze Internazionali e Diplomatiche, ex telecronista di Esports, giocatore semi-professionista e amministratore di diversi siti e community per i quali ho svolto anche l'attività di editor e redattore.

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