L’atterraggio morbido di Tony Tony Chopper nella seconda stagione del live-action di One Piece ha sorpreso chiunque fosse scettico. La renna-medico, icona kawaii dell’universo di Eiichirō Oda, è stato trasportato sullo schermo con un uso della CGI decisamente positivo. Una resa visiva armoniosa, lontana dai rischi di repulsione da parte del pubblico, e che riesce a mantenere intatta la dolcezza del personaggio. Tuttavia, proprio questo successo tecnico apre la porta a un interrogativo ancora più ambizioso: riuscirà la produzione a replicare l’impresa con Brook?
Brook oltre ad essere un personaggio particolare, è l’incarnazione del grottesco surreale tipico del manga giapponese. Uno scheletro vivente con l’anima di un gentiluomo, resuscitato grazie al frutto Yomi Yomi no Mi. La sua sola presenza nel manga e nell’anime funziona perché ci si muove su un piano visivo e narrativo dove tutto è possibile, e dove anche l’assurdo ha una coerenza interna. Ma nel contesto di una serie live-action che cerca un bilanciamento tra realismo e fedeltà estetica, lo scheletrico personaggio diventa un ostacolo tecnico ed economico non da poco.
Il problema non è solo strutturale, animare uno scheletro realistico che sia anche espressivo è una sfida immensa, ma riguarda anche la coerenza stilistica con quanto visto finora. Per Chopper si è optato per un ibrido visivo, CGI con basi emotive riconoscibili, per rendere credibile la sua interazione col mondo reale. Con Brook, Netflix dovrà scegliere se andare full CGI, magari vestendo il personaggio per ridurre le aree da animare, oppure puntare su una combinazione più creativa di effetti pratici e digitali, afro incluso. C’è chi, su Reddit, chiede se sia il caso di scegliere un attore in carne ed ossa e vestirlo, sostenendo che si otterrebbe una resa migliore. Tutte le opzioni hanno costi e rischi considerevoli.

Gli archi narrativi nel live-action di One Piece
Al di là della questione tecnica, il vero nodo riguarda la possibilità stessa di arrivare narrativamente a Brook. Attualmente, la serie live-action ha coperto appena i primi 100 capitoli del manga. La seconda stagione promette di affrontare l’arco di Alabasta (capitoli 101–217), ma il debutto di Brook è fissato al capitolo 442, nell’arco di Thriller Bark. Nel mezzo si collocano due saghe monumentali come Skypiea e Water 7, l’ultima delle quali è una delle più dense e drammaticamente cariche dell’intero manga.
Il rischio è che, nonostante il successo iniziale e l’investimento promozionale massiccio (One Piece è stato il protagonista assoluto del Tudum 2025), la serie non abbia il tempo, o il budget, per arrivare così lontano. L’instabilità del mercato streaming, il continuo ricambio di contenuti e le variabili logistiche (come l’età degli attori o l’aumento dei costi per la CGI avanzata) potrebbero spingere Netflix a interrompere la rotta ben prima dell’approdo a Thriller Bark.
Eppure, se la serie continuerà a navigare con la stessa cura e passione viste finora, Brook potrebbe davvero prendere vita in carne, ossa… e pixel. Un personaggio che, con il suo mix di comicità macabra, melodramma e musica, rappresenta una sfida stimolante ma non impossibile. Per ora, resta un sogno a portata di vela, sospeso tra un “Yohoho” e una nota di violino.
