Xiaomi, colosso cinese dell’elettronica di consumo, ha scelto di spingersi ancora più in là nella sua espansione nel settore automobilistico con il SUV elettrico YU7, un modello che incarna appieno l’idea dell’auto come piattaforma digitale. In un’epoca in cui l’industria automobilistica sta attraversando una trasformazione profonda, le vetture moderne assomigliano sempre più a smartphone su quattro ruote, basti pensare a caratteristiche come display panoramici, assistenti vocali, intelligenza artificiale integrata e aggiornamenti software via rete diventati ormai elementi di serie.
Il veicolo con chip Xiaomi ha attirato l’attenzione per via dell’impiego del processore Qualcomm Snapdragon 8 Gen 3, un chip di ultima generazione pensato però per dispositivi come smartphone e tablet. A sollevare il caso è stata la stampa cinese, un esempio è l’articolo di CarNewsCina che ha evidenziato come questa scelta abbia alimentato un acceso confronto tra sostenitori e critici dell’uso di componenti non automotive nelle auto di nuova generazione. Il dibattito si è ampliato quando Li Fenggang, dirigente di FAW-Audi, ha sottolineato le profonde differenze tra chip consumer e quelli destinati al settore automobilistico.
Secondo le sue considerazioni, uno degli aspetti più critici è l’ambiente in cui i chip vengono impiegati. Se nei dispositivi elettronici di uso quotidiano le condizioni operative rimangono generalmente stabili e prevedibili, all’interno di un veicolo le sollecitazioni sono molteplici, umidità, sbalzi termici, vibrazioni costanti e presenza di polvere o ghiaccio impongono un livello di affidabilità ben superiore.
A questo si aggiunge la questione della durata nel tempo, visto che l’elettronica di consumo è pensata per essere aggiornata e sostituita in pochi anni, mentre un’auto è progettata per restare affidabile anche dopo oltre un decennio di utilizzo. Ma è la sicurezza a rappresentare forse la differenza più netta. Nei veicoli, un malfunzionamento può avere conseguenze gravissime, ed è per questo che i chip impiegati devono rispondere a standard estremamente stringenti, con un margine di errore inferiore a 1 PPM (uno su un milione), ben distante dai livelli considerati accettabili nel mondo dei dispositivi consumer (500 PPM).

Gli standard da rispettare per i chip Xiaomi
Sebbene il chip usato da Xiaomi non abbia ottenuto una certificazione pienamente automotive come l’AEC-Q100, l’azienda ha dichiarato che il modulo completo in cui è montato ha superato i test AEC-Q104, incentrati sulla resistenza dei sistemi elettronici in ambienti critici. Questo, secondo alcuni esperti, potrebbe comunque offrire un buon margine di affidabilità per componenti non essenziali alla sicurezza del veicolo.
Il professor Zhu Xichan della Tongji University ha contribuito a chiarire ulteriormente il quadro affermando che un’auto moderna può contenere fino a 1.000 chip, ma solo quelli associati a funzioni critiche per la sicurezza, come freni, sterzo e airbag, sono vincolati a rigidi standard certificativi come ISO 26262 e AEC-Q100. I restanti possono invece utilizzare componenti di livello inferiore, purché sottoposti a test ambientali. Zhu ha anche sottolineato l’importanza di non confondere i chip non certificati per l’automotive con i semplici componenti pensati per gli smartphone. Anche quando non rispettano i massimi requisiti di sicurezza funzionale, i chip utilizzati nei veicoli devono comunque garantire un certo livello di affidabilità.
Nel frattempo, non è solo Xiaomi a essere finita sotto i riflettori. Anche Tesla, ad esempio, utilizza chip AMD Ryzen nei suoi sistemi di intrattenimento e informazione, a dimostrazione di come l’intera industria stia cercando un equilibrio tra prestazioni, costi e sicurezza. La vera sfida sarà quindi stabilire se queste scelte, apparentemente funzionali e tecnologicamente avanzate, siano sostenibili anche nel lungo periodo, specialmente in un settore dove l’affidabilità può fare la differenza tra un’esperienza digitale sorprendente e un potenziale rischio per la sicurezza.
