Con l’inizio del 2025, il vento delle rimodulazioni non ha smesso di soffiare sui clienti TIM. Durante la più recente Conference Call del gruppo, tenutasi l’8 maggio 2025, l’amministratore delegato Pietro Labriola ha chiarito i numeri e la portata delle nuove strategie di prezzo: ben 1,8 milioni di utenze sono state coinvolte dagli aumenti, tra rete fissa (1,1 milioni) e rete mobile (700mila), solo nei primi tre mesi dell’anno. Un trend ormai consolidato, visto che si tratta del quarto anno consecutivo in cui TIM applica rincari ai già clienti, con nuovi aggiustamenti che proseguiranno anche nei mesi a venire.
Non si tratta solo di cifre, ma di una precisa visione strategica. Labriola ha definito queste azioni come fondamentali per accrescere il valore del business, sottolineando come l’ARPU (ricavo medio per utente) nel segmento fisso continui a salire. Al contrario, quello mobile si mantiene stabile, segno che il margine di manovra nel settore mobile potrebbe essere più stretto. Ma ciò che sorprende è il dato secondo il quale, nonostante i rincari, il tasso di abbandono (churn) dei clienti è in calo. Un risultato definito “notevole” dallo stesso Labriola, che lo interpreta come una conferma della solidità della base clienti TIM, forse anche della scarsa competitività strutturale del mercato italiano.

Strategia sul valore di TIM o ripiego sui rincari?
Il contesto in cui si muove TIM non è certo facile. Il mercato delle telecomunicazioni in Italia è da anni tra i più economici d’Europa in termini di tariffe, una condizione che ha spinto gli operatori a rivedere le proprie strategie. Lo stesso AD ha citato Fastweb e Vodafone, che recentemente hanno dichiarato la volontà di puntare su strategie basate sul valore più che sul volume. Tradotto: meno guerra dei prezzi, più attenzione alla qualità e alla redditività.
Nel mezzo di questa trasformazione, TIM ha anche visto l’ingresso di Poste Italiane come nuovo principale azionista, un passaggio che potrebbe influenzare le prossime mosse aziendali. La pressione sul management è alta, con la necessita di un l’aumento dei ricavi senza perdere terreno sulla customer base, di investimenti in infrastrutture al fine di mantenere gli equilibri finanziari, e soprattutto di competere in un mercato sempre più polarizzato tra offerte low cost e servizi premium.
A ben vedere, il nodo resta lo stesso: fino a che punto il consumatore italiano è disposto a tollerare nuovi aumenti? E soprattutto, fino a quando l’equilibrio tra rincari e fedeltà potrà reggere prima che la concorrenza o nuove piattaforme più agili erodano davvero la base di clienti storici degli operatori tradizionali? Il secondo trimestre dirà molto, anche sugli effetti concreti delle rimodulazioni appena entrate in vigore.
