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Suicidio in diretta su TikTok, il padre di Vincent Plicchi si è rivolto a un’Agenzia investigativa

Lo scorso 9 ottobre il ventitreenne bolognese Vincent Plicchi, apprezzato influencer di TikTok, ha messo fine alla propria vita nel corso di una diretta. Vincent Plicchi lavorava con il nome d’arte di Inquisitore3, omaggio alla serie di videogame Call of Duty e in particolare al personaggio di Simon “Ghost” Riley, membro della Task Force 141, e come lui si mostrava con indosso la maschera di un teschio umano su un passamontagna nero.

Apprezzato membro della community online di Call of Duty, i suoi video lo avevano portato ad essere seguito da oltre 100.000 follower. Poi la rottura, in seguito alla diffusione in Rete di messaggi scambiati con una diciassettenne conosciuta proprio all’interno della comunità di videogiocatori: la conseguente gogna mediatica sembrerebbe essere alla base del gesto del giovane influencer, vittima quindi di cyberbullismo per cui però in Italia manca una normativa specifica.  

Lo scorso 7 febbraio, nell’ambito della giornata dedicata alla sensibilizzazione nei confronti del bullismo e del cyberbullismo si è tenuta una conferenza stampa organizzata dall’amministrazione comunale di Bologna per annunciare la prossima realizzazione di due murales in ricordo del giovane, uno a Olbia su una parete di via della Refezione, nel centro storico della città in cui Vincent Plicchi aveva lavorato, e uno proprio a Bologna, alla Lunetta Gamberini.

Vincent Plicchi

Intenzionato a dimostrare che, nel caso della morte di suo figlio, si sia trattato di istigazione al suicidio, il padre Matteo Plicchi si sarebbe rivolto a un’Agenzia Investigativa privata per indagare sulle chat presenti nel cellulare di Vincent. Nel corso della conferenza stampa Daniele Benfenati, legale della famiglia Plicchi, ha dichiarato: «Sul cellulare abbiamo trovato delle chat di TikTok, una serie di dati, che lasciano intendere che abbia subito davvero ogni tipo di angheria. Anche minacce, gravi».

Vincent Plicchi

La svolta potrebbe arrivare dai dati a disposizione della piattaforma TikTok, ma per essere resi disponibili serve il provvedimento dei magistrati. L’avvocato Benfenati ha fatto ricorso in sede civile al Tribunale di Bologna e l’udienza è fissata per il prossimo 29 febbraio. Matteo Plicchi ha dichiarato: «Noi stiamo facendo privatamente le nostre verifiche perché sembra che d’ufficio la Procura non si possa muovere».

Vincent Plicchi

E in attesa della decisione dei magistrati, Plicchi punta il dito contro la normativa italiana che non prevede il reato specifico di cyberbullismo, e definisce “un’impresa” far riconoscere l’accusa di istigazione al suicidio. Secondo l’articolo 580 del Codice Penale, infatti, il soggetto istigatore deve ad ogni modo aver agito con la volontà, seppur minima, di rafforzare o determinare il proposito suicida, non potendosi punire una condotta involontaria o non sorretta da effettiva consapevolezza dell’altrui proposito.

Vincent Plicchi

Secondo una recente indagine condotta dal Ministero dell’Istruzione, fino all’8% dei giovani italiani sarebbero vittima di cyberbullismo. Tra qualche giorno sapremo se il Tribunale di Bologna riconoscerà la liceità della richiesta di Daniele Benfenati e Matteo Plicchi, nella speranza di fare definitivamente luce sulle circostanze che hanno portato al suicidio di Vincent e assegnare responsabilità ai presunti istigatori del drammatico gesto.

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Manuel Crispo

Manuel Crispo

Medico, vive e lavora a Siena. Scrive un po' di tutto. "La lettura è piacere e gioia di essere vivo o tristezza di essere vivo e soprattutto è conoscenza e domande".

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