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L’attacco dei Giganti: come è cambiato negli anni il disegno di Hajime Isayama?

Vediamo come si è evoluto -con grande impegno- nel tempo lo stile di disegno di Hajime Isayama

L’anime de L’attacco dei giganti sta finalmente giungendo alla sua conclusione. Sabato 4 novembre gli spettatori potranno difatti assistere alla conclusione di una storia che va avanti da ormai otto anni. I lettori del manga hanno invece raggiunto questo traguardo da molto tempo, ma i loro problemi, almeno inizialmente, erano di ben altra natura.

Stiamo ovviamente parlando del disegno di Hajime Isayama, autore della nota serie. Criticato a più riprese e mutato nel corso degli anni, il disegno de L’attacco dei giganti è sempre stato un tema molto caldo e controverso, tanto da trovare schierati chi lo definiva “terribile” e chi, al contrario, sapeva apprezzarne le proprie particolarità.

Siamo ben consci che in un’opera il disegno non è tutto, e che anzi spesso può essere un mero accessorio della storia. Ma essendo il fumetto un’arte visiva e soprattutto visibile, è impossibile che anche il disegno non venga analizzato e visto come parte integrante verso la comprensione totale del titolo. Vediamo allora come l’autore de L’attacco dei giganti è riuscito a cambiare nel corso degli anni in una piccola retrospettiva.

Gli esordi

Quando nel 2005 l’autore era appena diciannovenne vince un concorso manga indetto dalla Kodansha, partecipando con uno one-shot di nemmeno settanta pagine dove l’argomento era lo stesso de L’attacco dei giganti, in fase ancora embrionale. Incoraggiato a continuare il suo lavoro si trasferisce a Tokyo dove continua il suo lavoro fino al 2009, anno in cui verrà serializzato il suo manga più famoso e longevo.

L’immagine che vedete poco sopra è un dettaglio di una pagina del citato one-shot. Il disegno in questione contiene parecchi errori, a partire da una non corretta rappresentazione dell’anatomia umana e anche della prospettiva. Volendo passarci sopra e considerando magari la giovane età dell’autore e la poca esperienza con il disegno, resta comunque un prodotto anonimo, che non brilla di certo di una grande personalità. Allora perché la vittoria del premio e l’elogio da parte della Kodansha? Vediamo una seconda tavola e cerchiamo di capire il perché.

Le cose cambiano. La tavola di sinistra è di grande impatto visivo e ha un punto di convergenza di straordinaria forza espressiva. Il protagonista si fionda verso la figura del terribile gigante con decisione, mentre il nemico apre la bocca e tutto attorno dei segni d’inchiostro dipingono un’aura dinamica e dalle assonanze quasi spettrali. Certo, le incertezze restano, e il tutto non si orchestra al meglio con il resto delle tavole, ma leggendo questo one-shot non era da folli pensare che quel giovane ragazzo avrebbe fatto parecchia strada.

I primi anni

La serializzazione de L’attacco dei giganti avviene quindi nel 2009, dopo quattro anni nei quali l’autore ha continuato a lavorare alla costruzione della storia e sul disegno. Nonostante siano innegabili i tanti passi in avanti compiuti dall’autore in questo lasso di tempo (visibili anche nel suo secondo one-shot del 2009, dal titolo Orz), restano comunque diverse imprecisioni e sbavature, visibili nei primi anni di pubblicazione del manga.

Certo, non sono al livello di quattro anni prima, eppure spesso l’anatomia dei personaggi crolla e le prospettive vengono snaturate, laddove la resa dei giganti e le scene d’azione si fanno travolgenti e fortemente espressive. L’arrivo del gigante colossale nel primo capitolo della serie è in questo senso esemplare: la doppia pagina è costruita in modo perfetto, con il baloon sospeso tra il fumo nella parte destra e il volto minaccioso e orrido del nemico che occupa tutta la parte di sinistra, pronto a sfondare le difese della città.

l'attacco dei giganti disegno

L’attacco dei giganti, sostenuto da una storia travolgente e fitta di misteri, riesce a fare breccia nel cuore di milioni di lettori, pur avendo un disegno che oscilla tra momenti meno riusciti e alcuni più riusciti. Nonostante ciò, Isayama provava un forte sconforto verso le sua abilità, non sempre all’altezza della situazione e in grado di deludere molti di quelli che si allontanavano dalla storia per via del suo stile. Questo desiderio a migliorare sempre di più spingerà l’autore, anno dopo anno, verso nuove -e bellissime- vette illustrative.

La maturità

I disegni de L’attacco dei giganti, come abbiamo visto, non erano di certo brutti o privi di personalità. A mancare erano tutta una serie di componenti di contorno che riescono, con la loro presenza, a rendere una tavola di un manga più viva e in grado di essere letta nella sua interezza senza che l’occhio si fermi a osservare le varie inesattezze presenti al suo interno.

Stiamo parlando di uno uso più spinto e consapevole dei retini, in grado di garantire profondità e chiaroscuro anche nelle scene più ferme e pacate, o all’arricchimento dello sfondo con dettagli d’arredo come oggetti o persone, che riescono, con la loro sola presenza, a rendere le pagine piene di vita e non vuote, come spesso accadeva nelle primi capitoli del manga, ricchi di spazi vuoti.

Superata la soglia dei cinquanta capitoli la consapevolezza dell’autore e le sue abilità nel disegno si fanno sempre più forti e mature, iniziando a regalarci tavole di grande splendore, dove tutto si sposa al meglio per accompagnare gli eventi della storia, sempre sul pezzo e di forte impatto, dall’inizio alla fine della serie. Come al solito le battaglie sono disegnate molto bene ma ora anche i momenti più posati e meno d’azione diventano ben orchestrati, senza cadere in banalità o errori.

Gli spettatori dell’anime non hanno quindi idea del percorso che i lettori del manga hanno visto davanti ai loro occhi durante gli anni di pubblicazione de L’attacco dei giganti. Una strada ricca di cambiamenti e aggiornamenti, votata al solo desiderio di migliorare per garantire a chi avrebbe letto la migliore delle esperienze possibili.

Leggi anche: I 5 COLPI DI SCENA MIGLIORI DE L’ATTACCO DEI GIGANTI

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Alessandro Diambra

Alessandro Diambra

Classe 1996. Sono uno di quelli che legge tutto e non ha cose preferite.

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