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Road 96: Mile 0, recensione di un’avventura musicale fuoritempo

Road 96 aveva conquistato critica e pubblico portando i giocatori sul bordo di un’autostrada federale americana, dove con un originale misto di autostoppismo, critica politica, e assurda vena Tarantinesca, il gioco era riuscito a dipingere una preziosa avventura story-driven fatta di incastri fortuiti e frammenti di vita tra il Kerouac e il McCarthy.

Una piccola perla uscita nel 2021 su cui Road 96: Mile 0 cerca ora di espandere con un prequel, ahimé fallendo abbastanza spettacolarmente sia dal punto di vista narrativo che sul lato gameplay. Un’aggiunta di cui la (ora) serie avrebbe volentieri fatto a meno.

Costretto nello spazio temporale precendente al titolo originale, Mile 0 sembra non riuscire a trovare lo slancio per osare, arrivando, nei suoi momenti migliori, giusto a un passo dall’essere lodevole — mentre al suo peggio risulta un pastiche di incongruenze meccaniche, salti mortali narrativi, e frivole manfrine adolescenziali.

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Road 96: Mile 0 e il problema dell’identità

Privato della componente procedurale —senza dubbio uno dei dettagli meglio riusciti e più amati del predecessore—, Road 96: Mile 0 è costretto a fare affidamento soltanto sulla forza della narrazione e delle sequenze ritmiche. Proprio qui giace il problema principale del titolo, perché entrambi i cavalli su cui punta non sono all’altezza del buon nome di questo “franchise”, ma non sono nemmeno qualcosa di nuovo.

La trama: sprecona e generica

Purtroppo la trama di Road 96: Mile 0 non è nulla per cui alzarsi dalla sedia, in verità più per il modo in cui è stata affrontata che per le premesse iniziali.

I protagonisti sono due adolescenti dai background più che mai incompatibili. Zoe è figlia di un facoltoso Ministro, mentre i genitori di Kaito sono poverissimi colletti blu immigrati: e anche se al giorno d’oggi questo non dovesse sembrarvi un ostacolo ai rapporti sociali, la questione è ben differente nel governo “tirannico” a cui è sottoposta la polverosa Petria di Mile 0.

Senza fare spoiler, Zoe e Kaito finiranno per essere coinvolti in giochi di potere ben giù grandi di loro, e gli attriti tra il governo “dispotico” di un certo Tyrak e l’organizzazione terroristica delle Brigate Nere testerà i limiti della loro amicizia, cambiando per sempre la vita dei due quasi-adulti.

Kaito and Zoe best friends min

Il focus dovrebbe essere proprio il rapporto tra i due ragazzi, a cui sono effettivamente dedicati i primi tre capitoli della storia (su un totale di 10). Purtroppo questa è decisamente la parte peggiore del gioco, nella quale siamo costretti a seguire due teenager superficiali e antipatici che a tratti sembrano usciti direttamente da quell’ondata di film per ragazzi che tanto piacciono ai professori di religione.

Il problema principale con i protagonisti è che in questi segmenti Zoe e Kaito non sono affatto dei personaggi credibili. Tra amichevoli insulti che provano ad essere “quirky” ma scadono nel becero, e “spontanee” chiacchierate a cuore aperto (prove di uno spessore emozionale e rispetto dei confini interpersonali ben al di sopra delle competenze sociali di due sedicenni), i due ragazzi sono tutto fuorché genuini. Per il resto del tempo pretenziosi e antipatici, si aspettano le nostre risate quando usano una canzone “heavy metal” per dare fastidio “ai potenti”. O quando impediscono a una guardia del corpo di fare il suo lavoro.

Fortunatamente dal quarto capitolo in poi la trama prende velocità, e le azioni dei protagonisti iniziano ad avere uno scopo (e quindi acquistano di senso). In retrospettiva, sembra quasi che il gioco cominci davvero solo a metà dell’esperienza, momento nel quale smettiamo di fare gli adolescenti annoiati che parlano delle proprie emozioni e iniziamo a fare i conti con la realtà del mondo e gli effetti concreti di quelle emozioni.

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Un mondo “Young Adult”

Forse la “dittatura” di Tyrak sarebbe stata più verosimile se lasciata come una presenza incombente dietro le quinte invece che approfondita superficialmente, come invece è stato fatto. Le virgolette quando si parla di tirannia e dispotismo in Road 96: Mile 0 sono d’obbligo, perché nonostante i manifesti Orwelliani che tappezzano la città, gli altoparlanti intenti a trasmettere codici di condotta degni dei peggiori magazzini di Amazon e lo snobbismo del ceto ricco, White Sands e la sua dittatura proprio non stanno in piedi.

Divisa tra i fruitori del paradiso e i sottomessi giardinieri appuntati alla cura di questo Eden, la cittadina sullo sfondo di Road 96: Mile 0 sgretola ogni sembianza di patto narrativo che il giocatore prova a instaurare con l’opera. Il gioco fallisce infatti nel giustificare persino gli elementi più importanti e centrali allo sviluppo della sua storia.

I lavoratori, oppressi dal vile regime (che per quanto ne sappiamo è assolutamente democratico), appaiono sempre ubbidienti e spaventati, schiavi umani che non osano manifestare alcuna forma di dissenso. Manca però un vero senso di oppressione al di fuori di certi eventi isolati che quindi appaiono, nella loro unicità, forzati. Da un elemento così centrale per lo srotolamento degli eventi ci si aspetterebbe più influenza sul mondo di gioco, o almeno si spererebbe di trovare una critica più profonda di “cosa brutta succede perché dittatura è cattiva“, che ormai ha nauseato anche i consumatori più assidui di letteratura Young Adult.

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Lo stesso ragionamento vale per la titanica industria del petrolio, che inizialmente sembra tenere sotto scacco le vite dei cittadini, ma a conti fatti si manifesta solo come una rete di tubi sotterranei presenti su una cartina seminascosta in una certa area. Ancora una volta, un elemento molto influente sulla vita di entrambi i protagonisti (il padre di Zoe è il Ministro del Petrolio, la migliore amica di Kaito “Si è presa il cancro per colpa del petrolio“, come ci ha spiegato lui stesso con grandissimo tatto), eppure l’incubo dell’oro nero si avverte solo tramite un paio di righe di testo incastrate a casaccio durante il gameplay.

Il ritmo della narrazione è confuso, il gioco sembra allo stesso tempo diluito e troncato prematuramente: La prima metà ha la consistenza di un filler necessario (?) a preparare il terreno per l’arrivo della vera sostanza; i minigiochi, di una facilità disarmante, ripetitivi e molesti, non fanno altro che interrompere la narrazione di Mile 0; mancano un approfondimento coinvolgente del rapporto pregresso tra i protagonisti, nonché i reali sintomi di una dittatura e qualche giustificazione per le oltraggiose condizioni di vita a White Sands. Nessuna opzione di dialogo vagamente irriverente può rimpiazzare questi buchi, che rendono Road 96 meno profondo di quanto provi ad essere.

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Le sequenze musicali

Il gameplay loop consiste nel partire dal covo dei due ragazzi per dirigersi verso una delle ambientazioni di White Sands (che si contano sulle dita di una mano), parlare con gli NPC, magari assistere a qualche filmato, e infine il cerchio si conclude con un percorso a ostacoli musicale.

Questi segmenti potrebbero essere occasione di redenzione, ed effettivamente dimostrano una gran creatività nel design delle mappe, ma l’esecuzione ancora una volta floppa goffamente. I percorsi sono surreali, visivamente molto ricchi, e stanno a simbolizzare il tentativo dei protagonisti di internalizzare cosa sta accadendo attorno a loro: un’ottima occasione per conoscerli ed assistere al loro conflitto interiore.

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Ma dal punto di vista tecnico completare queste sequenze è veramente tedioso. Comandi rigidi, spazi tridimensionali non sempre facili da interpretare, e soprattutto la terribile monotonia degli ostacoli spesso interrotta da Quick Time Events troppe volte piazzati a tradimento (alcuni di questi assomigliano più a dei jumpscare che a degli strumenti di espressione integrati nella sequenza). Salta, accucciati, salta, accucciati, salta, salta, accucciati.

I segmenti musicali, nuova feature di Road 96: Mile 0, sono troppo distanti l’uno dall’altro per permettere al giocatore di abituarsi alla legnosità del cambio di direzione, e la telecamera spesso predilige la composizione spettacolare della scena alla resa chiara delle distanze. Anche all’interno dello stesso segmento, una serie di inspiegabili pause e vuoti ci vedono saltare sul posto o zigzagare cercando di mantenere il momentum, che va inevitabilmente perso.

Sicuramente le tracce musicali, anonime e dimenticabili nella maggior parte dei casi, non aiutano a sopportare queste sequenze, che ad andare a ritmo con la musica nemmeno ci provano.

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Onori al merito

Per tutti i suoi difetti, Road 96: Mile 0 non è un gioco da cestinare del tutto. Nonostante l’inizio lento e i finali sconcertanti, l’esperienza potrebbe risultare godibile per i seguenti motivi, anche se difficilmente vi cambierà la vita.

Coreografie e mappe

Continuando a parlare dei percorsi musicali, occorre menzionare le coreografie delle sequenze. I tracciati sono fantasiosi e ricchi di dettagli, l’unica pecca è che sono sovrapposti a quel gameplay poco rifinito di cui parlavamo poco fa.

Le sequenze narrative sono allietate da ambienti di buona costruzione, e nei panni di uno e dell’altro protagonista potremo osservare vari dettagli disseminati per la distopica cittadina su cui il nostro personaggio commenterà in modo diverso a seconda di chi stiamo controllando: un ossimoro che si fa più pronunciato ed efficace quando si osservano gli stessi punti d’interesse prima con Zoe e poi con Kaito.

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C’è un momento in cui Zoe visita gli appartamenti dei colletti blu, e vedendo un montagna di lettere accumulate su uno zerbino conclude che i proprietari devono essersi trasferiti (nonostante nessuno possa uscire dalla città, perché la dittatura è cattiva), mentre Kaito, rimuginando sulla stessa pila di lettere, ci fa sapere che i residenti sono con tutta probabilità “stati fatti sparire“.

La dissonanza cognitiva tra i due, che pur essendo così vicini continuano ad avere un’interpretazione del mondo che li circonda fondamentalmente diversa, avrebbe regalato molto se fosse stata evidenziata con più veemenza. Con poco sforzo sarebbe potuto diventare un punto focale del gioco, contribuendo anche a dare spessore e identità ai personaggi fin da subito.

I normali ambienti di gioco sono piacevoli da navigare e ben “arredati”, anche se non trasudano personalità e risultano un po’ generici.

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L’occhio vuole la sua parte

In generale, lo stile grafico del gioco è lodevole ed in linea con le aspettative di Road 96. Il guscio cartoonesco con le texture dipinte a mano (secondo lo stile di Arcane, per intenderci) aiuta a dare mordente alla storia, e qualche problema di clipping dei vestiti, braccia che spariscono, o strana interazione tra shaders e ombre può essere facilmente perdonato in luce della convincente atmosfera che il gioco riesce a creare.

Non mancano gli scorci che implorano di fermarsi a godere del panorama, ed il gioco stesso lo riconosce, piazzando delle sedie con tavolino e mangiacassette su cui possiamo fare una pausa immergendoci nel caldo torrido di White Sands.

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Tuttavia anche tra queste lodi occorre mettere un asterisco. Il basso livello delle animazioni tirà giù tutto l’insieme, e ci si spezza il cuore a vedere NPC coi piedi che tremano a contatto col terreno. L’integrazione del VSync, per qualche ragione, non aiuta contro l’inspiegabile stuttering e screen tearing, nonostante i requisiti di sistema siano soddisfatti con ampio margine.

Conclusioni

Durante tutta l’esperienza, l’opera rimane profondamente confusa sulla propria identità di fondo. Contro ogni logica, le trame che compongono il gioco risultavano più efficaci nel caos procedurale di Road 96 piuttosto che nell’ambiente lineare (e quindi più controllabile) di Mile 0. La narrazione viene spezzata da circuiti musicali, che a loro volta sono interrotti da Quick Time Events, coreografie, bivi di trama che vorrebbero rifarsi a TellTale, e minigiochi che possono essere descritti soltanto come inutili e triviali.

Questa insicurezza di fondo non è certo aiutata dalla natura sfocata delle credenze politiche di Zoe e Kaito, i cui dialoghi a scelta multipla comprendono tutto ed il contrario di tutto; e nonostante ciò, le scelte operate dal giocatore sono totalmente ininfluenti sullo sviluppo della trama. Il gioco permette infatti di “radicalizzare” i due protagonisti tramite una serie di piccole azioni (ad esempio un volantino elettorale sgualcito che può essere riattaccato o strappato del tutto), opzioni di dialogo e vandalismo. Ma le “conseguenze” di queste azioni che tanto vengono sbandierate durante il gameplay in verità sono soltanto di facciata.

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Road 96: Mile 0 fornisce inoltre scarsi e vaghi indizi sulla condizione di partenza dei personaggi; la formula escogitata funzionerebbe meglio con un contesto iniziale più polposo, integrato da esperienze “fortificanti” grazie alle quali farsi un’idea di quale credo politico sia più verosimile per i nostri protagonisti.

Per fare un esempio, durante le prime battute della storia Kaito chiede a Zoe come si senta riguardo a sua madre, che ha abbandonato la famiglia anni prima. Le risposte possibili variano dal dispiaciuto all’indifferente, passando per il furioso. Peccato che questa sia la prima volta che la madre di Zoe viene menzionata, il che risulta in un giocatore confuso che mormora: “Ma io che ne so?“, o peggio, pensa di essersi perso qualcosa.

“Fortunatamente” le diverse opzioni di risposta sono solo di circostanza, e non cambiano affatto lo sviluppo della conversazione. Svariate ore dopo, Zoe guarderà con affetto alla foto della madre, indipendentemente dalla nostra scelta a inizio partita.

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Al prezzo di 12,96€, non ci sentiamo di bocciare completamente Road 96: Mile 0. All’interno di questo gioco si cela un tentativo di creare qualcosa di caruccio, che a tratti riesce a fare capolino, senza però riuscire mai ad emergere completamente da un guscio confuso e macchinoso. Un faux pas che speriamo non scoraggi DigixArt, poiché lo studio francese ha dimostrato di avere grandi potenzialità con i suoi altri lavori.

Alcuni momenti riescono a spaventare davvero, specie quando ci si trova a fidarsi ciecamente di qualche personaggio sconosciuto, e verso la fine sembra che il gioco sia pronto a sorprenderci. Purtroppo però, all’ultimo momento viene tutto sacrificato per riportare la trama sui binari necessari al sequel, e tutte le nostre scelte si rivelano fondamentalmente inutili.

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Mile 0 non è una buona introduzione per il suo genitore Road 96, non soddisfa chi vorrebbe un altro assaggio di quell’esperienza “on the road”, non sta in piedi come opera individuale. In effetti, ci si trova in imbarazzo nel capire chi potrebbe considerare Mile 0 il gioco perfetto. Forse gli amanti di Lost in Harmony, il primo gioco in cui compare Kaito, ma troviamo difficile che pure loro preferiscano Mile 0 all’originale.

Sulla pagina di Steam è anche presente un bundle che permette di acquistare Road 96 e Mile 0 ad un prezzo stracciato, ma la verità è che, se non avessimo dovuto recensirlo, probabilmente lo avremmo riposto dopo le prime due ore. Il che è un grosso problema per un gioco completabile quasi al 100% in circa 6 ore.

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Road 96: Mile 0

Grafica - 8
Storia - 4.5
Gameplay - 4.5

5.7

Road 96: Mile 0 è un'avventura narrativa con componenti musicali rilasciata il 04/04/2023 da DigixArt per PC, PlayStation, Xbox, e Switch.

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Enrico Tonon

Enrico Tonon

Sono un tonno romanticissimo che nuota nella rete. Nonostante le pinne, mi ostino ad impugnare tastiere e controller. Ben ferrato in shitposting. Aerodinamico. Giallo.

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