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I survival ripartano da Zelda Tears of the Kingdom

La serie di The Legend of Zelda ha rappresentato, fin dall’uscita del primissimo capitolo nel 1986, il trampolino di lancio per alcune delle più grandi innovazioni della storia dei videogiochi. Il titolo per NES può essere considerato a tutti gli effetti un precursore del moderno genere open-world, il quale è andato evolvendosi mediante lo spumeggiante A Link to the Past e, nella sua controparte tridimensionale, con Ocarina of Time.

Ogni capitolo è stato capace di offrire una piccola o grande innovazione: quando si parla di Nintendo Difference, ovvero la capacità che Nintendo ha avuto (e tutt’ora preserva) di agire fuori dagli schemi e di regalare esperienze innovative e coinvolgenti per i suoi utenti è d’obbligo fare riferimento alla saga di The Legend of Zelda.

Così come i grandi titoli del passato hanno gettato le basi per il genere dell’open-world e hanno saputo tracciare uno schema che tutt’ora riflette appieno l’anima dell’RPG, ora Nintendo si prepara a cambiare le regole di un’ulteriore categoria videoludica: il survival.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom

Breath of the Wild è stata la svolta?

Possiamo considerare Zelda Breath of the Wild, ultimo capitolo della serie ad essere stato pubblicato, un grande esperimento da parte di Nintendo: la scelta di abbandonare uno schema ormai divenuto tradizionale a favore di un nuovo tipo di interazione poteva senza dubbio risultare un pericoloso azzardo e un colpo basso nei confronti dei fan di vecchia data.

Al contrario, però, la formula più sfacciatamente open-world si è adattata perfettamente ad una struttura che ne ha sempre covato il germe. Un mondo vivo da esplorare, combattimenti sempre diversi e la necessità di usare la testa sono stati i pilastri su cui ha poggiato la creatura di Nintendo, ma solo con Breath of the Wild hanno espresso per intero l’unione del loro potenziale.

Chiedersi in che direzione si sarebbe poi mossa Nintendo nel realizzare il seguito dell’amato capitolo del 2017 non è però così scontato: cosa fare per innovare ancora di più una serie che già nel suo ultimo capitolo è stata così drasticamente sconvolta, così da non proporre un riciclo di quanto già visto, senza però snaturare il concetto di base?

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Parola d’ordine: sopravvivenza

Da quel che è stato rivelato da Nintendo riguardo l’attesissimo Tears of the Kingdom (rivolgendoci soprattutto all’ultimo gameplay pubblicato) la strategia adottata risulta probabilmente la migliore possibile: insistere sugli elementi che hanno fatto di Breath of the Wild un titolo innovativo.

La necessità di procurarsi cibo, il dover tenere conto di un arsenale in continuo mutamento a causa della costante usura delle armi e la possibilità di sfruttare l’ambiente circostante a proprio vantaggio grazie alle tecnologie Sheikah sono tre delle caratteristiche che hanno reso Breath of the Wild uno Zelda diverso.

Tears of the Kingdom si muove proprio in questa direzione e amplifica ancora di più il concetto di doversi muovere in un ambiente che può essere un alleato o il nostro peggior nemico. Una meccanica in particolare stuzzica il nostro spirito d’adattamento: la possibilità di fondere armi, elementi del paesaggio e del nostro inventario.

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“Il mondo è mio…”

In circa dieci minuti di gameplay Nintendo è stata capace, per l’ennesima volta, di stupirci. La possibilità fornitaci di fondere un ramo raccolto con una roccia trovata per strada per potenziare la propria arma, la facoltà di unire ad una freccia un occhio di pipistrello appena cacciato, così da donarle l’abilità di inseguire i suoi bersagli, e la capacità di unire dei tronchi sparsi per formare una zattera, sono semplici esempi di come Nintendo intenda creare un nuovo standard per quanto riguarda l’interazione che il giocatore può avere nei confronti di ciò che lo circonda.

Unendo questo aspetto alle altre abilità che permettono a Link di arrampicarsi ovunque, di creare lastre di ghiaccio, sfruttare il magnetismo e (per ultimo) attraversare le pareti, ci rendiamo conto di quanto Hyrule possa prestarsi a qualsiasi esigenza abbia il giocatore: che intenda spostarsi velocemente, proteggersi da un nemico o cogliere di sorpresa i Boblin accampati ci sarà sempre più di una tattica per riuscire nei propri intenti.

Che sia proprio questa capacità di adattamento quel che manca ai moderni titoli survival? La possibilità di avere una realistica gamma di scelte di fronte ad ogni situazione ha raggiunto un livello mai visto prima proprio in un capitolo di Zelda: se le basi saranno solide come promettono, il genere del survival sarà prossimo ad una grande rivoluzione.

Zelda Tears of the kingdom copertina artwork

Leggi anche: THE LEGEND OF ZELDA – TEARS OF THE KINGDOM: L’ANALISI DEL VIDEO GAMEPLAY CON EIJI AONUMA

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Sara Pandolfi

Sara Pandolfi

Classe 2004, ma il mio gioco preferito è più vecchio di me. Mi trovate in giro per le strade con uno scudo Hylia sulle spalle e questo dovrebbe già spiegarvi molte cose

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