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Naruto, il jutsu della moltiplicazione esiste davvero: vero ninja espone le tecniche nella vita reale

Che lo si ami o lo si odi, Naruto ha fatto un lavoro davvero grande nel portare alla conoscenza del mondo numerosi e diversi elementi della cultura giapponese, a partire dagli aspetti folkloristici più noti a quelli che potrebbero sembrare più di nicchia, come nel caso di alcune filosofie spirituali.

Con una sorta di romanzazzione dei ninja, una quantità spropositata di appassionati di anime e manga è stata bene o male introdotta a questo particolare aspetto del Giappone attraverso la storia di Naruto. Inoltre, considerando come molto probabilmente questo è stato uno dei franchise alla quale molti sono stati introdotti da bambini, inevitabilmente molti degli elementi presentati in esso hanno in qualche modo influenzato le menti del pubblico sin da giovani.

Chiunque da piccolo ha provato ad imitare le varie tecniche utilizzate dai ninja all’interno della serie, usando i gesti iconici proposti dai personaggi nella storia. Ma mentre questi jutsu sembrerebbero alla fine essere solo dei prodotti della fantasia dell’autore, una ninja professionista adesso ci conferma della reale esistenza di tali tecniche, e racconta in che modo esse funzionavano realmente.

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I jutsu di Naruto nella vita reale

In un’intervista effettuata il 16 marzo con la 25esima discendente di una famiglia di ninja, Hibari, ci viene confermata l’esistenza di diversi jutsu iconici di Naruto, come nel caso dei Cloni d’Ombra. La donna, erede del Ninjutsu Iga-Omi Hattori-Ryuu, ha spiegato il funzionamento delle tecniche e il modo in cui esse si differenziano rispetto a quelle visibili in un prodotto “di finzione”.

Da quello che rivela, scopriamo che il famoso Cloni d’Ombra di Naruto esista veramente nella vita reale, anche se distingue abbastanza nell’atto pratico: al posto di potersi duplicare per magia, infatti, si avranno delle persone che indossano gli stessi abiti del ninja, apparendo da diverse direzioni. Questa tecnica era destinata alla confusione dei propri nemici sul campo di battaglia, o in alternativa anche per poter rubare con successo qualcosa rendendo difficile il riconoscimento del colpevole.

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Anche un altra tecnica, quella dell’Arte del Fuoco, è realmente esistente: con essa si può cogliere di sorpresa l’avversario e creare al contempo una via di fuga. Questa tecnica sfrutta una pratica terapeutica nata grazie alla medicina cinese, la quale consiste nel bruciare dell’artemisia all’interno di sigari o coni, posti sulla pelle o nelle sue vicinanze. Nella tecnica, i cilindri per la moxa fungono da fonte di accensione, soffiando all’interno di essi e lanciando così del fuoco verso il nemico.

Per quanto riguarda invece l’Arte dell’Acqua, Hibari sostiene che essa non sia praticabile nella vita reale: tenere la canna di bambù in bocca per un lungo periodo di tempo sarebbe doloroso, e inoltre si finirebbe con l’affogare a causa dell’acqua che entra negli spazi tra la bocca e il bambù.

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La ninja ha anche dato una dimostrazione dell’utilizzo degli shuriken, smentendo anche una delle credenze più grandi riguardo quest’apparente arma a distanza. “Shuriken” infatti viene scritto con i caratteri di “mano”, “retro” e “spada”, e dunque in realtà la loro funzione era perlopiù quella di essere tenuti in mano per ferire una persona al volto o altre parti vitali.

Infine, sempre Hibari ha cercato di fare chiarezza su un concetto spesso frainteso per quanto concerne la gerarchia dei ninja presente in Naruto: da ciò che racconta, i ninja nati Genin non possono diventare Jonin se non in casi estremamente eccezionali. I Jonin occupavano posizioni amministrative, e di solito erano dei samurai inviati dal daimyou o dallo shogunato, senza quindi effettuare missioni da ninja.

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Marina Flocco

Marina Flocco

Fruitrice seriale di videogiochi, anime, manga, tutto ciò che è traducibile dal giapponese.

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