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Federica Casula Psicologa Social

L’intervista a Psicologa_Social: “I network degli streamer dovrebbero integrare psicologi per il supporto alla salute mentale”

La salute mentale è un tema sempre più importante e discusso anche nell’ambiente del web. In questo periodo non è difficile trovare video in cui i creator raccontano le loro problematiche. Molti streamer sono costantemente esposti a stimoli diversi e ciò può portare ad affrontare grandi sfide psicologiche ed emotive.

Abbiamo quindi deciso di parlare con Federica Casùla, psicologa ad indirizzo clinico specializzanda in Psicologia della Salute e psicoterapia. Potete trovarla su instagram con il nome di psicologa_social.

Il risultato è stata un’intervista in cui abbiamo parlato della salute mentale, di burnout e di quanto possa essere complesso gestire il benessere psicologico mentre si lavora online.

Psicologa Social intervista

I video sulla salute mentale degli streamer

Uno degli ultimi ad aver parlato di salute mentale è il Masseo, ma lo hanno fatto molti altri. Pensi che questi video possano essere utili o hanno anche degli aspetti negativi? 

Questa è una domanda che ultimamente mi sono posta anch’io. Stanno uscendo tantissimi video a riguardo: è una tendenza che precedentemente si era sviluppata anche su YouTube. Da parte del pubblico ho notato che non vengono presi bene perché vengono percepiti forzati o vittimistici. 

Io invece sono molto grata ai creator che si stanno aprendo pubblicamente. Finalmente si sta portando alla luce una tematica rimasta per molto tempo sommersa: gli aspetti negativi della professione di streamer. I creator hanno fatto vedere come vivono questa problematica dal punto di vista personale. 

Il mio famoso post sulla salute mentale degli streamer è stato condiviso da tantissimi creator, piccoli e grandi. Ricordo che anche il Masseo e Zano l’avevano condiviso e poi sono stati anche tra i primi a parlare pubblicamente della loro problematica. 

Per la prima volta qualcuno di esperto normalizzava il pensiero che un lavoro del genere – perché sottolineiamo, è un lavoro – possa portare anche aspetti negativi dal punto di vista psicologico. Ovviamente ci sono anche delle variabili e dei vissuti personali, non è solo colpa del proprio mestiere.

Questi video sono d’aiuto sia per gli streamer, che sentono di potersi liberare, ma anche per chi li guarda. Chi vuole approcciarsi a questo lavoro capisce che non è tutto rose e fiori. Il pubblico invece si rende conto che tutti hanno dei momenti in cui non si è al top della propria forma, anche i nostri idoli. 

Magari vediamo gli streamer come persone infallibili e in questo modo riusciamo a dargli un aspetto più umano? 

Sì. C’è questa tendenza a idealizzare il creator, a vederlo sempre performante. Penso sia proprio questo il motivo per cui alcuni non credono al racconto del malessere psicologico. Come una sorta di difesa, non riteniamo possibile che uno streamer possa star male.

IlMasseo Streamer

Nascondersi totalmente sul web è possibile?

Molti streamer parlano del personaggio come se fosse una maschera pirandelliana. Alcuni sono dell’idea che sia impossibile mascherarsi fino in fondo durante le dirette, altri invece sono del parere completamente opposto. Chi lavora su Twitch può davvero nascondersi totalmente? 

Partiamo dal presupposto che io odio la definizione di maschera! Nella mia visione è impossibile essere qualcuno che non si è. Io mi immagino un mixer in cui si può modulare la propria personalità a seconda della situazione. Stiamo parlando di una persona che si adatta come meglio può a un determinato contesto, non di due persone o esperienze differenti.

Esiste quindi una difficoltà a dosare i livelli in modo efficiente? 

Esattamente. A volte si resta intrappolati in quel setting. La paura del creator è che con altre modalità non si piaccia più al pubblico. La contrapposizione tra persona e personaggio penso vada intesa in questi termini. Questo porta ovviamente a delle conseguenze molto forti a livello psicologico: si inizia ad odiare le proprie creazioni perché diventano un limite.

Alcuni hanno voluto affrontare la propria difficoltà attraverso un percorso di supporto psicologico o di psicoterapia. Affrontare la propria personalità in un contesto terapeutico può essere molto utile per definire quello che realmente si è: chi sono quando accendo la webcam? Chi sono quando la spengo? Queste due identità non dovrebbero scontrarsi.

Nasce quindi una dissonanza tra ciò che lo streamer percepisce di essere e ciò che è davvero?

Piuttosto io direi che c’è una dissonanza tra quello che è e quello che vuole mostrare. Perché anche quello che mostra al pubblico fa parte di lui.

Noi cresciamo, siamo dinamici ed evolviamo il nostro carattere. La nostra personalità è prettamente stabile ma ci sono degli avvenimenti che assumono significati precisi. Esattamente come un lavoro che parte come passione e poi diventa routine. 

Non siamo mai la stessa persona che ha iniziato un percorso – e meno male, aggiungerei io! Bisogna accettare l’idea di non essere statici. I tratti iniziali del tuo personaggio cambiano perché evolve la persona alle spalle. 

streamer salute mentale

Oggettificazione degli streamer sui social

In un tuo post che parla di salute mentale hai parlato del senso di colpa che gli streamer provano nei confronti del pubblico dove sottolinei l’oggettificazione da parte degli spettatori. Come viene condizionata la vita degli streamer che sono costantemente connessi anche quando non vorrebbero?

Ho seguito da psicologa persone che sono streamer e si lamentavano proprio della difficoltà a disconnettersi. È una problematica che ho affrontato anche nella pratica.

Sono tantissimi i casi in cui si diventa degli oggetti sul web. Molto spesso questa cosa si nota anche nei comportamenti di alcuni streamer, come quando richiedono un determinato numero di bit per fare azioni particolari. 

Anche io ho visto davvero qualsiasi cosa su Twitch. Effettivamente la donazione mi dà un po’ la sensazione di vendere al pubblico il proprio tempo.

Ti vendo me, ti vendo la mia amicizia. Se sei sub puoi entrare nel gruppo telegram, chattare con me… Queste pratiche sono legittime ma a volte non ci si rende conto che dietro potrebbero nascondersi dei processi di oggettificazione. Sappiamo comunque che qualsiasi cosa all’interno di una libera professione può far guadagnare soldi e giustamente ci sono anche dinamiche economiche.

Ho notato però dei casi paradossali: ci sono spettatori che si sono presentate sotto casa di alcuni streamer. Il creator è talmente personaggio che il pubblico si sente legittimato ad invadere la sua vita privata in luoghi che vorrebbe tenere nascosti. Gli streamer non sono di nostra proprietà: lo spettatore vuole appropriarsi di una parte privata dello streamer ma non si deve andare troppo oltre.

Questi atteggiamenti a volte non sono anche foraggiati dallo streamer? Se vedo una persona in live 24 ore su 24 il pubblico poi non si sente giustificato ad entrare nel privato dimenticando la distinzione tra reale e virtuale?

Io penso che uno streamer molto esposto nel privato debba comunque porre dei paletti ben definiti. Lo streamer deve far capire al pubblico che è lui ad avere il controllo e potere sul contenuto. È il creator a decidere di mostrare un aspetto specifico della sua vita privata. Io sono comunque dell’idea che bisogna esplicitare tutto quanto perché in questi contesti l’ambiguità è dietro l’angolo. 

È vero anche che alcuni streamer giocano su questa ambiguità. Fa parte un po’ dell’indole umana essere gratificati dal poter manipolare delle persone. Se al pubblico viene data la possibilità di farlo a volte se ne approfitta.

postazione gaming

Burnout: come affrontarlo?

Cos’è il burnout e come si manifesta? Quali sono le principali cause di burnout per gli streamer e come possono gestire il carico di lavoro e la pressione?

Il burnout è una sindrome legata al lavoro che si svolge. All’inizio si pensava che il burnout fosse tipico delle professioni d’aiuto come psicologi e infermieri. Si è notato nel tempo che tocca molte altre professioni: chiunque può cadere in questa sindrome. Prima del burnout però si può manifestare una condizione intermedia che è lo stress lavoro-correlato.

Il lavoro è inevitabilmente una fonte di stress, anche se è il più bello e creativo del mondo. Quando notiamo però che questa situazione diventa insopportabile e provoca in noi sentimenti negativi potrebbe già esserci una condizione di stress lavoro-correlato. Questo dovrebbe farci dire: “Ok, sono stressato riguardo al mio lavoro e non devo cadere in burnout”. Anche perché la sindrome di burnout è il gradino successivo. 

Il burnout è contraddistinto da veri e propri sintomi fisici e psicologici riguardanti il proprio lavoro. Non si manifesta solamente a livello di svogliataggine e dal sentirsi stressati. È una condizione che si manifesta a livello psicosomatico. Se ci si sente male fisicamente significa che il corpo sta comunicando qualcosa. C’è un’incapacità di potersi staccare dal proprio lavoro… che così viene portato anche nella vita privata. In psicologia comunque non esiste mai niente di puro: la sindrome da burnout può affiancarsi a molti altri disturbi come quelli ansiosi o depressivi, per citarne alcuni. 

Come si esce dal burnout?

Sicuramente andare dallo psicologo può aiutare! Può aiutare anche darsi delle tempistiche adeguate e sapere quando si inizia e si smette di lavorare. Quando lavori online paradossalmente sei sempre reperibile. Se quando stacchi la live pensi però a quale contenuto portare non stacchi mai davvero.

Abbiamo bisogno di dare un significato a quello che creiamo. Noi, come esseri umani, siamo ricercatori di significato: quando facciamo qualcosa dobbiamo dargli senso. Per giustificare l’impegno che mettiamo sul lavoro tendiamo a dargli un valore importantissimo. 

Se però noi iniziamo a considerare il lavoro non più come la cosa più importante della nostra vita ma soltanto una parte della vita… Iniziamo anche a gestire meglio tutto ciò che riguarda la nostra sfera lavorativa.

Se decidiamo di dedicarci a quella parte della nostra vita dalle ore 8:00 di mattina alle ore 14:00 e poi stacchiamo… dobbiamo staccare davvero. Noi non siamo soltanto il nostro lavoro. È anche una questione di identità.

burnout streamer

Il contesto lavorativo degli streamer

In che modo il lavoro dello streaming può quindi influire sulla vita personale e relazionale di un creator? Può influire la mancanza di stimoli al di fuori del proprio contesto lavorativo?

Il fatto è questo: chiunque dovrebbe avere una sfera che vada ad esplorare altre aree della propria vita e della propria personalità, non soltanto gli streamer. Avere un hobby, una passione o qualcosa che esuli dal proprio lavoro è importantissimo. Senza doverlo necessariamente pubblicare sui social. Questo ci tiene ancorati alla nostra identità offline.

Alcuni streamer quando finiscono la live si incontrano con altri streamer. Farlo non è una cosa negativa, anzi! Parliamo sempre di salute mentale e questo è un aspetto virtuoso! Ben vengano questi incontri se sono favorevoli a creare un legame di amicizia. Se invece si parla costantemente di lavoro e delle live future invece no. 

Qui si introduce anche il concetto di workaholism, la dipendenza da lavoro. È il costante pensiero di essere ancorati al proprio lavoro, quasi contrario al burnout. Se non pensi al lavoro, non esisti. Il workaholism può essere una conseguenza di chi una volta spenta la videocamera non trova in se stesso un altro significato.

Alcuni si buttano su Twitch e fanno ore di streaming, anche se non hanno grandi numeri. Quell’attività può essere qualcosa che li tiene ancorati a un mondo nel quale sentono di avere uno scopo. Questo è un lato “oscuro” di quello che può succedere su Twitch.

Esiste anche chi se la prende e si arrabbia se quando vanno in giro non vengono fermati e riconosciuti. Questo perché quando spengono non c’è nessuno che gli dà la stessa gratificazione. Mi raccomando però, non sto parlando di narcisismo! Non cerchiamo di trovare disturbi alle persone.

In pratica io streamer esisto esclusivamente in riferimento al mio lavoro. Credo si possa applicare anche a tanti altri mestieri, no? Al di fuori della professione si sente di non aver più nulla. Ovviamente sto semplificando molto.  

Certo, anche perché i vissuti sono così differenti… Noi generalizziamo in fenomeni e non in persone specifiche. Il mio primo dissing è stato da parte di Rick Dufer che prese il mio post sulla salute mentale e lo commentò slide per slide. Io in quel momento pensavo mi desse ragione: era stato così tanto condiviso dagli streamer che pensavo di aver detto comunque qualcosa di corretto. E invece no! Mi ha smontato parola per parola!

Secondo lui non era una questione di psicologia ma di deontologia: se parti bene non incorri in queste problematiche. Questa trovo sia una grandissima generalizzazione perché io non ho mai detto che lo streamer deve per forza andare in burnout. Non è una costante, ma c’è un rischio! Vorrei che questo fosse ben chiaro. Il lavoro dello streamer non necessariamente ti porta a stare male, però bisogna essere consapevoli che se ci sono dei piccoli campanelli di allarme è meglio intervenire subito.

Come si può intervenire subito? 

A mio parere sarebbe utile che i network degli streamer, anche quelli piccolini, avessero nel loro organico una figura che possa fare supporto psicologico. Penso che la figura dello Psicologo della Salute in questo caso sia la figura ideale. Valuterebbe infatti non solo il lato patologico ma anche quello della salute mentale, appunto.

Potrebbe lavorare attraverso dei gruppi, condividere esperienze, trovare soluzioni insieme agli streamer… Ovviamente poi se si tratta di problematiche di depressione, di ansia o di disturbi sull’aspetto psicopatologico ognuno sceglierebbe il percorso di psicoterapia più adatto. La prevenzione però è altrettanto importante! Anche in questo ambito purtroppo viene sottovalutata.

Twitch divano psicologo

Streamer ed empatia

Ti faccio una domanda provocatoria: a volte la mia sensazione è che quasi tutti gli streamer abbiano questi problemi. Credi che il lavoro dello streamer riesca in qualche modo ad attrarre personalità inclini ad un certo tipo di problematiche? 

Questa è una domanda molto provocatoria. Io penso che il lavoro dello streaming attragga persone che hanno una componente di intelligenza basata sulla creatività. Stiamo parlando delle sette intelligenze di Gardner, ovviamente, quindi non è intelligente solo chi sa fare miliardi di cose ma anche il creativo, per semplificare.

Essere creativi significa anche essere molto empatici e sensibili. Nella maggior parte delle volte è così. Questa è una fortuna ma allo stesso tempo anche una sfortuna. Non è mia intenzione generalizzare… Ma il fatto che molti streamer incappino in situazioni del genere anche dal punto di vista psicologico potrebbe essere effettivamente dovuto anche a questo loro tratto caratteriale. Questi tratti portano gli streamer ad essere molto più sensibili verso alcuni cambiamenti all’interno della piattaforma.

Influisce anche il fatto che ci sia poca regolamentazione: le community molto spesso non riescono ad empatizzare con la persona dietro lo schermo. Questo rende tutto ancora più difficile.

Una cosa che viene molto sottovalutata dal punto di vista simbolico è il fatto di streammare, vedere la propria immagine sullo schermo e leggere di fianco il commento “sei un fallito”. Quello è un effetto psicologico terribile.

In definitiva ti rispondo così alla domanda: perché no? Sarebbe interessante aprire un filone di studi che possa definire meglio i motivi per cui succedono certe cose. 

Ho fatto questa domanda perché credo ci sia anche un altro aspetto poco trattato: parliamo spesso dei problemi di chi ce l’ha fatta ma si parla meno dei problemi di chi per vari motivi non è mai riuscito a sfondare.

Certo, a volte il senso di colpa non è solo nei confronti della community ma anche nei confronti di se stessi. Come in una coppia, quando si tradisce il partner si tradisce anche l’impegno che abbiamo preso con noi stessi. Molti streamer che abbandonano il proprio canale sentono di aver tradito il proprio progetto e le proprie intenzioni.

Giusto per romanzare: ad ogni fine corrisponde sempre un nuovo inizio. Se in quell’ambito non si è riusciti magari in altri ambiti si può essere i migliori in assoluto. Questa è un po’ la regola del mondo del lavoro. 

Ho l’impressione però che alcuni lo facciano diventare quasi un’ossessione.

Anche io sono in vari gruppi di streamer piccolini e noto che parlano spesso di queste cose perché ogni tanto streammo per hobby. Voglio chiarire che io comunque sono una psicologa, non una streamer!

La parola magica è “frustrazione”. La frustrazione nel vedere che gli altri del mio settore ce la fanno e io no. La frustrazione corrisponde alla delusione, alla rabbia. Questa frustrazione non è solamente passiva: sei anche arrabbiato, incazzato.

Questo sentimento può anche essere produttivo e servire a produrre qualcos’altro. Ben venga quindi la frustrazione, non solo la delusione! Sentiamoci frustrati. In questo modo potremo essere anche più produttivi e creativi. 

Mindfulness streamer

I consigli della psicologa

Il consiglio principe uscito da questa conversazione è ovviamente andare in terapia. Quale sarebbe la terapia che seguiresti tu con uno streamer con un problema di burnout? Ovviamente cambierebbe caso per caso, ma ci sono delle mosse secondo te fondamentali? Tra l’altro, curiosità: tu potresti lavorare con gli streamer?

Allora, rispondo prima alla tua curiosità: ci sono alcuni streamer che ho seguito personalmente. Li conoscevo ma non li seguivo in maniera così affiatata. Quando sono diventati miei pazienti ho smesso di seguirli su Twitch. Quando noi psicologi non sappiamo come comportarci, comunque, abbiamo un bellissimo strumento che è la supervisione. Andiamo da uno psicologo con più esperienza che ci aiuta un po’ a capire come comportarci.

La supervisione mi ha aiutata molto a capire che in determinati casi è meglio distaccarsi. Spetta anche alla bravura del professionista capire la differenza tra l’immagine idealizzata e la persona che sta realmente chiedendo supporto psicologico. 

Quale sarebbero quindi le mosse che ritieni siano da fare assolutamente con uno streamer con la sindrome da burnout? 

È sicuramente importante capire qual è il significato che lo streamer sta dando al suo lavoro. Nel burnout c’è anche un crollo delle aspettative immaginate: ti aspettavi una cosa che non si è avverata. Questo porta anche ad essere delusi. È importante capire se le aspettative erano realistiche e quali sono stati i fattori a non permettere il funzionamento del progetto.

Un’altra cosa importantissima è parlare di risorse. Molto spesso gli psicologi parlano dei problemi ma non valorizzano e fortificano le risorse delle persone. È necessario trovare una propria identità al di fuori del proprio lavoro. In pratica la domanda che bisogna porsi è: “come gestisco il mio tempo?”

Ad uno streamer non in burnout ma con stress lavoro-correlato consiglierei delle pratiche di mindfulness.

Cos’è la mindfulness?

La mindfulness è una pratica meditativa con un protocollo scientificamente provato. È la capacità di concentrarsi sul qui ed ora liberando la propria testa dai pensieri costanti. Una pratica di mindfulness molto facile potrebbe essere prendere una tisana, toccare la tazza e concentrarsi sui sensi percependo il calore, l’odore e il sapore.

E riguardo le esperienze con i propri colleghi, invece? 

L’importanza del condividere le proprie esperienze con altri colleghi è positiva purché non diventi un’occasione invece di coruminazione negativa. Quando ci lamentiamo di qualcosa e lo facciamo con gli altri viene amplificato il lamento ma non si giunge mai a una soluzione.  Ovviamente non parlo di depressione, ma nel momento in cui uno streamer si rende conto che Twitch sta diventando una piattaforma con dei problemi, non lamentarti con l’altro streamer con l’unico fine di condividere la cosa. La condivisione può trasformarsi anche in un modo per apportare miglioramenti al proprio lavoro e alla propria vita: il potere sta anche nel creator.

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Federica Casùla psicologa

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