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Il Giappone sta creando dei robot cloni da usare come sostituti nelle attività sociali

In Giappone l’università di Osaka ha creato un robot umanoide con l’aspetto del ministro Taro Kono, responsabile del ministero per gli affari digitali della nazione. Lo scopo di tale esperimento è piuttosto peculiare: fa parte di una ricerca che vuole studiare se in questo modo le attività di tipo sociale possano essere fatte con successo a distanza.

Il Giappone, come sempre, cerca di dare un aspetto pratico alle nuove tecnologie che ogni giorno muovono i primi passi sul nostro pianeta. In particolare, in questo momento gran parte delle nazioni sta avendo modo di provare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Il Paese del Sol Levante, però, ha sempre dimostrato una predisposizione all’utilizzo dei robot. Va da sé che il passo successivo sarebbe stato piuttosto ovvio: combinare le due tecnologie per renderle utili alla vita quotidiana post Covid-19.

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Il Giappone sta vivendo un’era di evoluzione tecnologica

Il robot è stato svelato venerdì. Prima della sua presentazione, giusto per dare un’idea dell’entità dell’invenzione, il ministro ha scherzato dicendo che permetterebbe volentieri al suo clone artificiale di partecipare alle riunioni di bilancio al suo posto.

Nel concreto, il robot è alto 175 cm ed è composto da 52 parti, tutte in grado di muoversi. Anche quelle che comprendono il viso e la parte bassa della schiena. Il progetto dell’università, tra le varie fasi di valutazione del prototipo, include anche lo studio della percezione che coloro che comunicano con il clone di Taro hanno durante la conversazione con il robot (che ha anche la voce del ministro)

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Il progetto si è dimostrato essere piuttosto ambizioso, ma una volta chiarita la fattibilità di utilizzo resterà comunque da valutarne l’etica. In ogni caso, il Giappone sembra essere in un momento piuttosto prolifico in merito alla digitalizzazione ed evoluzione tecnologica del paese.

Solamente un mese fa, proprio Taro Kono aveva espresso la necessità assoluta per il paese di disfarsi dei floppy disk. Difatti, da una ricerca assegnata a una commissione incaricata dal governo, è risultato che almeno duemila procedure amministrative necessitano ancora dell’uso di tali dischetti. Tutto ciò in questa epoca non è più ammissibile, secondo Kono, che ha dunque dichiarato una vera e propria guerra ai floppy disk.

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Camilla Flocco

Camilla Flocco

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