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“Black Adam” – La Recensione: intrattiene ma non convince

Tra film a rischio per mandati d’arresto, produzioni originali cancellate poco prima dell’uscita, e dopo altre innumerevoli problematiche interne, la Warner Bros. (ora “Warner Bros. Discovery”) torna in sala con il suo DC Extended Universe, dopo un anno di pausa dalla più recente “Suicide Squad” di James Gunn.

Questa volta, a riempire un tassello di questo universo, che cerca di essere il più condiviso possibile, è “Black Adam”, pellicola vittima di ben tre rinvii, che vede Dwayne Johnson (aka The Rock”) nei panni dello schiavo egiziano Teth-Adam, “diventato un Dio” per mezzo dei poteri conferitigli dai Sette Maghi.

Ricco di azione frenetica dall’inizio alla fine ma anche di deboli e ridondanti (pseudo)-spunti di riflessione, “Black Adam” mette da parte la voglia di approfondire i suoi personaggi ed il contesto in cui si muovono, esclusivamente a favore di un carismatico protagonista e un ritmo convulso, e a tratti irregolare, scandito da un susseguirsi irrefrenabile di sequenze action.

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“Black Adam”: tanta azione ma poca sostanza

Chiariamoci, sotto un profilo di puro intrattenimento, il film fa il suo discreto lavoro: rivolgendosi ad un target ben definito su scala mondiale, “Black Adam” assicura combattimenti, scazzottate varie e persino un leggero tono divertente, reso tale sia attraverso una costruzione volutamente sopra le righe delle situazioni e dei personaggi (talvolta anche non in senso positivo), e sia per mezzo di un’ottima chimica “di squadra” tra i componenti della c.d. “Justice Society”, un team di supereroi che risponde agli ordini di Amanda Waller (personaggio che, nel film di James Gunn, comandava la Suicide Squad).

Tralasciando gli evidenti problemi di continuity, ci viene quindi presentata una nuova squadra supereroistica, la “Justice Society”; e, grazie ad ottime prestazioni, design ben realizzati e figure note anche al pubblico generalista, come Pierce Brosnan, il nuovo gruppo di eroi, ed il loro frequente scambio di battute, contribuisce in parte ad incrementare un complessivo apprezzamento dell’opera da parte dell’audience.

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Ciò che, però, della pellicola non funziona è la sua voglia pretenziosa di strafare, con un chiaro obiettivo di porsi al di sopra dei tipici standard del vasto mondo dei cinecomics, ma finendo per risultare esagerato, eccessivo.

Per questo motivo, alcune delle tematiche rinvenibili durante il film non si sviluppano in qualcosa di complessivamente interessante, ma rimangono in una fase di stallo e vengono continuamente ribadite fino ai titoli di coda; una su tutte, quella più essenziale, è la matrice antieroica del protagonista: per quanto possa spiccare, almeno per un principio di caratterizzazione, rispetto ai due capitoli sul Venom di Tom Hardy, questa concezione, qui estremamente ridondante, rende quasi parodica l’intera natura del personaggio.

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Se, da una parte tematiche e situazioni non convincono più di tanto, dall’altra la regia di Jaume Collet-Sera riesce a spiccare ed intrattenere: le sequenze d’azione, componente chiave dell’intera opera, sono piuttosto chiare e visivamente ottime; non manca, ovviamente, l’elemento che si sposi perfettamente con quell’aura di eccessivo che pervade tutta l’opera, e che strizza fortemente l’occhio alla fazione dei cultori dello Snyder Cut (tematica ricorrente in casa DC, da più mesi).

Poca coerenza e trovate narrative rimasticate

Per quanto la storia sia semplice, narrativamente parlando, non si avverte la percezione di una Origin Story, quanto più di un film corale e caotico; cosa che, a priori, contravviene ai requisiti minimi di una storia d’origine su un personaggio fumettistico.

Puntando tutto su un’elevata percentuale di azione, indice di gradimento tra i fan, ma che automaticamente comporta una superficiale contestualizzazione generale, “Black Adamnon riesce ad esprimersi con grande coerenza narrativa: tutti i pretesti di riflessione che si dipanano durante il primo atto del film culminano in un confuso e disordinato terzo atto che, nel bene e nel male, accompagna la storia ad una conclusione.

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Ma alla fine, quello che doveva essere un incipit di grande successo, per favorire la rinascita di un coerente universo condiviso, si limita ad offrire al pubblico due ore di adrenalina, non arrivando, però, a centrare l’obiettivo e di conseguenza abbracciando quei cliché dal quale l’universo cinematografico DC voleva tanto distaccarsi.

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Guglielmo Tamburino

Guglielmo Tamburino

Amante seriale di cinema in ogni sua forma e genere. Oltre ad una profonda devozione al Maestro Quentin Tarantino, il mio gusto è stato fortemente influenzato dal tocco di François Truffaut e dalla genialità di Sam Raimi.

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