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“The Bear” – La Recensione: Che bomba!

“The Bear” è una nuova serie originale prodotta da Hulu e in Italia distribuita su Disney+, che ci catapulta in uno spaccato angosciante e tumultuoso della vita in cucina, condito, poi, con profondi sottotesti e intelligenti metafore legate al trauma e alla crescita personale.

Un team disfunzionale da gestire in cucina, un passato difficile alle spalle, e una forte passione culinaria, che unifica il tutto, sono gli ingredienti che rendono “The Bear” un piatto a dir poco squisito.

Carmen (“Carmy”), interpretato da uno straordinario Jeremy Allen-White, è uno chef incredibilmente dotato che, dopo aver militato nei migliori ristoranti del mondo, si vede costretto a tornare a Chicago per gestire la paninoteca di famiglia, che il fratello gli ha lasciato prima di togliersi la vita. Ad accoglierlo, un ambiente e una crew diametralmente opposti a ciò a cui era stato abituato.

The Bear

“The Bear”: originalità, tensione e valori di vita

Cristopher Storer, il creatore della serie, raccoglie, nella sua opera, quei necessari paradigmi che costituiscono il successo dei più famosi reality show culinari: una tensione in continuo crescendo, innovazioni, scadenze, figure austere e la perenne possibilità che tutto possa andare in fumo.

Dedicando grande attenzione a detti elementi, attraverso una trama orizzontale ben congegnata, Storer trasforma un banale show di cucina in un sincero dipinto di amicizia, di maturazione e di famiglia, creando complessivamente un qualcosa di singolare e mai visto prima in un prodotto seriale.

Con l’aiuto (registico) dell’ottima mano di Joanna Calo, entrambi sfornano un’originale declinazione di un documentario culinario, che non ha alcun bisogno di twist, di effetti speciali o di altre trovate narrative moderne; gli basta semplicemente un cast formidabile, dialoghi sempre interessanti e ricercati, e un’ottima regia, per posizionarsi tra le migliori serie televisive degli ultimi anni.

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Ogni personaggio, ogni membro della cucina, ha una sua personale redenzione alla quale aspirare, e questo permette alla storia di raggiungere un perfetto equilibrio tra personaggi primari e secondari, senza distogliere l’attenzione dagli uni rispetto agli altri, ma attribuendo, ad ognuno, una diversa evoluzione del proprio carattere, rendendo la totalità dell’opera incredibilmente coerente e carica di passione.

Passione che, attraverso gli occhi dei protagonisti, si riflette soprattutto in ogni dettagliata inquadratura durante la creazione dei vari piatti, da cui emerge non già un attento studio da parte di Storer, ma anche la sua voglia di inscenare un amore tossico per la cucina, come forma di evasione dalla realtà traumatica dei protagonisti.

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Ciò che rende “The Bear” così originale è, infatti, proprio la sua peculiarità e leggerezza nel trattare tematiche alquanto delicate: una continua metafora, di stampo culinario, sul ritrovare sé stessi; una “dramedy” che intenzionalmente ti scalda il cuore, per poi pugnalarti alle spalle, per poi farti nuovamente commuovere; una serie che parla di cambiamento, di sganciare l’ancora del passato ed andare avanti, e di ritrovare quel sentimento di fiducia nel prossimo che un trauma può facilmente portare via.

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Con una perfetta scelta delle musiche (R.E.M, Pearl Jam, Genesis) e una fotografia a tratti neutra (che cattura scorci mondani di Chicago) e a tratti vistosamente colorata (quando si tratta di racchiudere la magnifica rappresentazione di pietanze culinarie), “The Bear” si espone al mondo dello streaming in una maniera affascinante, attraverso una storia agrodolce pregna di pungenti linee di dialoghi, aforismi mediatici e citazioni alla cultura pop.

Quando, poi, rivolge l’attenzione all’arte della cucina, lo fa con grande cura e padronanza del linguaggio culinario e delle tipiche vicissitudini, mettendo in luce, con piani sequenza intelligenti e frenetici, un mondo interno che, nel bene e nel male, è costitutivo di un carattere forte e di una seconda (o principale, in questo caso) famiglia: due membri necessari in un’equazione complessa, che è il mondo della cucina.

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Guglielmo Tamburino

Guglielmo Tamburino

Amante seriale di cinema in ogni sua forma e genere. Oltre ad una profonda devozione al Maestro Quentin Tarantino, il mio gusto è stato fortemente influenzato dal tocco di François Truffaut e dalla genialità di Sam Raimi.

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