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Per quanto possiate odiarlo, il fanservice negli anime è qui per restare

In ogni media d’intrattenimento, che si tratti di anime, film, serie TV o videogiochi, non mancano delle storie che riguardano tematiche “serie”, volte a proporre storie avvincenti e personaggi interessanti; allo stesso tempo, però, in ognuno di essi viene presentato del fanservice, ovvero scene necessari ad attrarre l’attenzione degli spettatori e a spingerli a continuare a fruire di un contenuto.

Quando parliamo di fanservice, non intendiamo solo ed esclusivamente scene dai tratti erotici o particolarmente spinti: il fanservice può coinvolgere in realtà numerosi ambiti, come il design dei personaggi, l’animazione, l’apprezzamento di un tema in particolare da parte degli spettatori, e che porta quindi le aziende a proporre prodotti solo di quel tipo (come nel caso dei numerosi anime moe, idol, isekai e harem). Per quanto riguarda invece quello più “ovvio”, come il mostrare parzialmente nudità femminili o maschili, esse sono state presenti da sempre all’interno degli anime e manga, ma nonostante ciò non sono mai esenti da critiche da parte di alcuni spettatori.

Di recente in Giappone si è creata nuovamente una discussione sul fanservice nelle opere nipponiche: si è dibattuto molto sulla necessità o meno di avere scene ecchi negli anime, e un utente ha voluto raccontare l’esperienza di un amico durante la visione di Sword Art Online, partendo con l’evidenziare come egli abbia apprezzato i contenuti sull’intelligenza artificiale e altri argomenti prettamente tecnologici mostrati nella serie; l’amico però non aveva ancora fatto i conti con il lato “fanservice” dell’opera.

giappone fanservice

Perché il fanservice negli anime viene messo in discussione

L’utente racconta come il suo amico si sia trovato sempre più a disagio man mano che la storia proseguiva. Le scene di ecchi, secondo lui, non si adattavano al contenuto della serie, ed ha avuto da ridire anche sull’aspetto del cattivo finale, rivelatosi essere a sua sorpresa una donna completamente nuda. Tutto sommato, Sword Art Online gli stava comunque piacendo, ma non è riuscito a scrollarsi di dosso quella sgradevole sensazione dopo aver osservato certe scene, finendo così con lo smettere di guardare l’anime poco prima della sua fine. Nella discussione viene fatta un’affermazione che spiega abbastanza bene quale sia solitamente l’obiettivo del fanservice:

“È difficile creare un anime che faccia pensare alla gente “è interessante” o “voglio guardarlo di nuovo”. Per questo, si può tentare di attirare l’attenzione degli spettatori inserendo elementi erotici, che possano facilmente catturare il loro interesse”.

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Dopo che questa vicenda è stata condivisa ulteriormente sul web in Giappone, precisamente nel forum di Yaraon, sono emerse ulteriori criticità sul fanservice. Una su tutte afferma come esso potrebbe rendere difficile fare una chiara distinzione tra serie categorizzate per una visione dai 12 anni in su, e che sarebbero quindi guardabili anche dai bambini, e quelle dai 15 anni in su che indicherebbero come l’anime abbia elementi non raccomandati ad essi; questo perché molto spesso la presenza di poche scene di fanservice (ma che appunto ci sono comunque) lascerebbe l’opera ad una classificazione per un’età dai 12 anni in su.

Tuttavia, il fanservice è uno strumento necessario a mantenere alta l’attenzione del pubblico, per quanto esso possa essere malvisto e bistrattato. Come spiegato prima, non deve essere necessariamente qualcosa di vietato alla visione dei minori: il fanservice è attuabile anche in altre vie, ma quella dei contenuti spinti forse appare come la più “facile” e diretta. Gli studi d’animazione spesso lo ritengono necessario per aumentare i numeri delle vendite dei BD, dove vengono mostrate quelle scene precise nella loro forma migliorata. Insomma, il fanservice può essere visto come una piaga da alcuni, ma anche come una salvezza da altri.

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Marina Flocco

Marina Flocco

Fruitrice seriale di videogiochi, anime, manga, tutto ciò che è traducibile dal giapponese.

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