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Komi Can’t Communicate: recensione della serie comica disponibile su Netflix

Ora che anche il secondo cour di Komi Can’t Communicate è uscito tutto su Netflix, è giunto finalmente il momento di parlare di questa serie tratta dall’omonimo manga di Tomohito Oda (edito in Italia da J-POP).

Disturbo di comunicazione e personaggi dalle personalità sgangherate

La serie ha per protagonista Shouko Komi, la studentessa più affascinante dell’istituto Itan idolatrata da tutti (o quasi) i suoi compagni di classe e venerata come una dea scesa in terra. La ragazza appare sempre un po’ distaccata e il motivo è che soffre di un grave disturbo della comunicazione e di ansia sociale. L’unico che riesce a capire la sua condizione è Hitohito Tadano, un ragazzo che non ha chissà quale caratteristica particolare e che rientra perfettamente nella definizione di “ragazzo normale”.

Tadano diventa amico della ragazza nel suo primo giorno di scuola, e decide di aiutarla a superare i suoi problemi e a realizzare il suo sogno: stringere 100 amicizie.

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Partendo da questo punto l’anime ci mostra la vita quotidiana di Komi e Tadano durante il loro primo anno di liceo, dando ampio spazio ai loro vari compagni di classe, con cui Komi proverà a fare amicizia. Lo stesso disturbo di Komi è usato spesso per fare gag assieme agli altri personaggi, dove la forma degli occhi della protagonista assumono una forma più rotonda e simpatica, anche se all’inizio viene presentato anche in modo serio ma non troppo.

I personaggi con cui Komi si troverà a “scontrarsi” presentano quasi tutti dei tratti caratteriali che li rendono unici e in alcuni casi anche un po’ fuori di melone. Partendo dal più importante abbiamo Najimi, personaggio dal genere ambiguo e letterale incarnazione del caos e auto-proclamat* amic* d’infanzia di tutti gli alunni della scuola, che se ne esce sempre fuori con idee e giochi bizzarri in cui trascina sempre i due protagonisti.

Poi c’è a mio avviso il personaggio peggiore del cast, in quanto è letteralmente una yandere che ama Komi alla follia al punto da sembrarne ossessionata e da iniziare una rivalità con Omoharu Nakanaka, la ragazza chuunibyou della classe. Altri personaggi da citare sono a mio avviso Himiko Agari – che vuole essere trattata come un cagnolino – Onemine – una ragazza che si comporta da sorella maggiore – e Takai – un ragazzo dall’aria da delinquente a causa dell’aspetto muscoloso e dalle espressioni maligne, ma che in realtà soffre come Komi di una grande ansia e di un disturbo di comunicazione.

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Questi sono solo alcuni dei numerosi personaggi che compongono il grande mosaico di Komi Can’t Communicate, e purtroppo non tutti riescono ad ottenere tantissimo spazio, con alcuni che nonostante le gag divertenti a loro dedicate rimangono sullo sfondo anche se rientrano tra gli amici della protagonista. Attorno a tutti questi personaggi per certi versi eccentrici, Tadano rappresenta sicuramente l’unica contrapposizione importante, essendo l’unico che per certi versi si possa definire “normale” e con poche particolarità, cosa che dà ancora più ironia a certi avvenimenti. Un altro elemento simpatico è che le personalità dei personaggi sono rispecchiate dai loro nomi, che sono dei giochi di parole con i termini giapponesi per disturbo della comunicazione, persona normale, amico d’infanzia e così via (Netflix ha pubblicato un video di pochi minuti su questo, che potete trovare anche qui).

Nella serie c’è anche spazio a qualche parte romantica dedicata ai due protagonisti, che non si rivela mai preponderante rispetto a quella comica ma che regala alcune scene molto dolci. In questi 24 episodi la serie non procede quasi mai con un ritmo spedito, dando lo spazio necessario alle varie vicende che vuole mettere in scena.

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A schermo sono presenti spesso dei cartelli, i quali rappresentano sia i pensieri dei personaggi che i messaggi di Komi (che comunica quasi sempre nel suo quaderno, facendo ascoltare la sua voce più a gemiti e versi e ogni tanto con frasi intere), e questo potrebbe risultare un piccolo contro per chi vuole vedersi la serie in lingua originale con sottotitoli, in quanto non tutti i cartelli sono tradotti. La cosa viene arginata le volte che la narratrice li legge o nel doppiaggio italiano, dove sono sempre pronunciati da qualcuno dei personaggi.

A livello visivo la serie si presente quasi sempre in maniera buona, e alcune idee di regia e montaggio, con alcune scene dal taglio in 16:9 (esempio la scena della lavagna del primo episodio, a mio avviso una delle migliori della serie in quanto mostra una bellissima comunicazione senza dialoghi e accompagnata solo dalla musica). Non mancano episodi un po’ carenti dal lato visivo, soprattutto verso la fine del secondo cour dove in alcune scene i personaggi appaiono un pochino derp.

I video delle opening e della ending, soprattutto quelli della prima opening e della seconda ending, sono ben realizzati e si sposano bene con la canzone che gli accompagna. Anche il video della seconda opening è abbastanza carino per la scelta di renderlo in parte il backstage dell’annuncio del secondo cour dell’anime, elemento che a me ha fatto sorridere per il fatto che aggiungesse un elemento meta.

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Il doppiaggio italiano

Il doppiaggio italiano (al momento disponibile solo per il primo cour) è per la maggior parte molto buono, e a me personalmente è piaciuto quasi quanto quello originale. La mia voce preferita del cast italiano è sicuramente quella di Martina Felli su Najimi, che regala un’interpretazione quasi interscambiabile con quella di Rie Murakawa. Veronica Puccio si presenta come una buona Komi, e lo stesso di può dire di Andrea di Maggio su Tadano, anche se per quest’ultimo ammetto di aver preferito l’interpretazione originale di Gakuto Kajiwara.

In conclusione

Komi Can’t Communicate è una divertente commedia scolastica che presenta un cast di personaggi tutti diversi tra loro e molto simpatici, che vanta anche un buon comparto visivo e ottimi doppiaggi originale e italiano. Consigliata a chi ha voglia di ridere o di vedersi una serie leggera.

Pro e Contro Recensioni 1

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Yoel Carlos Schincaglia

Yoel Carlos Schincaglia

Nato il 14 febbraio 1997 a Bentivoglio, in provincia di Bologna. Grande appassionato principalmente di anime, poi anche di videogiochi e manga. Credo nella canzone che ho nel cuore!

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