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Final Fantasy: l’importanza dei primi tre capitoli dopo 35 anni di serie

In questi giorni è arrivato sul mercato Stranger of Paradise Final Fantasy Origin, l’atteso souls-like realizzato da Team Ninja in collaborazione con Square Enix. Un titolo molto particolare, che va a riprendere gli eventi che furono narrati nel primo storico capitolo di Final Fantasy, per narrarci il prima e scoprire qualcosa di nuovo sul mondo di Cornelia. Per uno sguardo più approfondito sulla narrativa e su tutti gli altri aspetti del titolo, vi invitiamo a leggere la nostra recensione di Stranger of Paradise Final Fantasy Origin.

E se Square Enix ha deciso di ritornare alle origini per il 35° anniversario di Final Fantasy, abbiamo pensato di fare un tuffo nel passato anche noi. Vogliamo andare a riscoprire i primi tre capitoli di questa saga leggendaria, partendo da alcune domande: cosa ha portato Final Fantasy ad essere ciò che è oggi? Quali sono state le tappe e le innovazioni capaci di rendere la serie di Square Enix uno dei brand più riconoscibili del mondo videoludico e non solo? Perché quando vediamo una soluzione di narrativa o di gameplay dovremmo ringraziare questa serie? Queste righe sono state scritte sia per coloro che amano Final Fantasy, sia per coloro che non si sono mai approcciati ad esso. Dunque, mettiamoci comodi tutti insieme e iniziamo. Ovviamente, partendo dalle origini.

Final Fantasy

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Dopo la creazione del nostro gruppo d’avventura, inizia con questa schermata il primo storico Final Fantasy, uscito per la prima volta il 18 dicembre 1987. Ma state tranquilli, non siamo qui per fare una lezione di storia del videogioco. Bensì per parlare di questa specifica produzione e capirne l’importanza videoludica. Per farlo dobbiamo parlare della narrativa di questo titolo, perché ciò che ci racconta Final Fantasy, e il come lo fa, è didascalico per i titoli a venire.

L’intento è senza alcun dubbio quello di raccontare al giocatore una leggendaRicordare le grandi storie dell’antichità tramandate per via orale. Tutto il racconto all’interno del quale ci muoviamo è permeato da elementi tipici delle grandi storie. Vi sono civiltà antiche ormai quasi dimenticate, la cui testimonianza rimane in pochi ma fondamentali elementi. Abbiamo una principessa da salvare, e un gruppo di coraggiosi avventurieri che, senza chiedere nulla in cambio, per un semplice senso d’eroismo mettono in gioco loro stessi per questo mondo. E come nei miti che l’uomo tramanda da sempre, “l’eco delle loro imprese si perpetuerà nelle favole e nelle leggende raccontate dalle persone…” , mentre la loro identità resterà nota solamente alle stelle. L’identità dei guerrieri della luce.

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I guerrieri della luce, elemento che sarà comune a molti dei titoli successivi della serie, insieme a un altro elemento chiave della narrativa di Final Fantasy: i cristalli. Incarnazione dei quattro elementi principali della natura, essi rappresentano l’anima del mondo, le sue fondamenta, tanto da poter causare disastri nel momento in cui uno di essi viene messo in pericolo, o peggio, corrotto. Essi incarnano la luce del mondo, in un continuo conflitto universale con l’oscurità. Non risulta dunque troppo strano che il nemico finale di questo primo capitolo porti proprio il nome di Chaos, l’esatto opposto di quell’equilibrio preservato da tali cristalli e dai guerrieri che lottano a loro tutela.

Un elemento che, seppur evoluto e mutato di forma nel corso dei capitoli, risulta comune a praticamente tutti i Final Fantasy, alle volte come motore principale degli eventi di gioco, altre come elemento di sfondo. Sempre presente, tuttavia, il conflitto tra bene e male.
Senza dubbio questi cristalli saranno l’elemento centrale anche nel sedicesimo capitolo, come suggerito da quella frase, più chiara che mai, apparsa nel trailer d’annuncio: “l’eredità dei cristalli ha plasmato la nostra storia troppo a lungo”.

Parlando del gameplay di questo primo capitolo, al primo sguardo sembrerebbe non offrire spunti particolarmente interessanti. Ma fermandosi un secondo ad osservare il gioco, per poi andare a leggere la data di uscita, si realizzano due cose importantissime. La prima la riscontriamo nell’introduzione di un sistema di classi, e del party a quattro elementi.

Per quanto le classi negli RPG fossero una cosa ampiamente sdoganata, da Dungeons & Dragons in primis, non lo erano nei JRPG. All’uscita del primo Final Fantasy, la serie di Dragon Quest contava già due capitoli all’attivo, ma avrebbe inserito un sistema analogo solo nel terzo capitolo (uscito pochissimi mesi dopo Final Fantasy) e più di un personaggio utilizzabile solo nel secondo.
L’introduzione di tale elemento aggiunge un valore strategico agli scontri, portando la natura del gameplay oltre il semplice “salire di livello” al fine di essere al pari del nemico.

battaglia final fantasy

La seconda e forse più influente innovazione è quella portata dalla schermata di combattimento. Final Fantasy decide di non seguire l’esempio del già citato Dragon Quest, il quale offriva una schermata di combattimento in prima persona, con il solo nemico davanti al giocatore. Si opta invece per una visuale in terza persona, capace di mostrare il party del giocatore da un lato e i nemici dall’altro. Per quanto banale, un semplice “cambio di prospettiva” ha fatto la storia del genere, diventando di fatto lo standard (salvo alcune eccezioni, come nella serie di Shin Megami Tensei).

Visti tutti questi elementi, risulta evidente cosa abbia permesso a Final Fantasy di diventare un fenomeno mondiale sin dalla sua prima uscita, con innovazioni capaci di costituire le fondamenta del genere. E se questo capitolo risulta essere così importante per un intero genere, non è di minor valore il contributo apportato internamente alla serie dal suo secondo capitolo.

Final Fantasy II

Final Fantasy II si apre con la guerra. Si apre con la quiete di un piccolo villaggio, distrutta per sempre dall’attacco di armate imperiali. Il gioco mette subito in chiaro una cosa: questa non è una leggenda che pone la sfida tra luce e oscurità in primo piano. Questa è una storia di uomini. Delle loro emozioni, delle loro scelte e dei loro sbagli.

In questo, Final Fantasy II rappresenta un cambio di paradigma fondamentale sul come narrare una storia nei JRPG, un cambiamento talmente ampio da coinvolgere anche il gameplay del titolo. Per questo, a differenza di come abbiamo fatto per il primo capitolo, eviteremo di scindere le due componenti, poiché strettamente legate da una narrativa più vera che mai.

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A partire dai protagonisti della nostra storia. Non più dei gusci vuoti da personalizzare a piacere del giocatore, ma identità ben definite. Firion, Maria, Guy e Leon. Quattro orfani. I primi tre decideranno di unirsi alla resistenza, formatasi per contrastare la tirannia dell’Imperatore e del suo esercito. I nostri protagonisti non vengono mossi da una profezia millenaria che ha deciso il loro destino. Non sono gli eroi designati di questa storia.

Sono solo persone che intraprendono un cammino, mosse dal motore più grande dell’animo umano: le loro emozioni. Da ideali di giustizia e libertà. E così lo stesso Imperatore risulta estremamente umano nelle sue intenzioni. Le sue azioni sono mosse solo ed esclusivamente dalla sete di potere. E se a prima vista potrebbe apparire come una banalizzazione estrema del personaggio, inserita nel contesto, è una caratterizzazione perfetta. Come detto, questa è una storia di uomini, non certo di divinità sovrannaturali.

E chissà se proprio questa caratterizzazione così forte non abbia portato Square a rivoluzionare il gameplay di questo secondo capitolo. Perché se nel primo Final Fantasy l’aumento di livello dipendeva dal più classico guadagno di esperienza, qui si è optato per una activity based progression. Con questo sistema, la crescita dei diversi personaggi passa dall’utilizzo dei diversi equipaggiamenti. Per fare un esempio, più utilizzeremo una spada, migliore sarà la nostra abilità con essa e di conseguenza il danno. Anche elementi come i punti vita crescono combattendo. Ogni volta che li perderemo in uno scontro, il nostro livello nascosto salirà, fino a far migliorare il valore totale.

Una scelta di gameplay che dice addio alle classi, dando la possibilità al giocatore di rendere i personaggi ciò che desidera. Volendo dedicare molte ore ai combattimenti, si potrebbero anche rendere tutti i personaggi dei completi tuttofare.
Ma nonostante l’abbandono della meccanica, alcune classi dei giochi futuri trovano la loro origine proprio in questo capitolo: basti pensare al personaggio di Richardil primo storico Dragoon. Ancora una volta narrativa e gameplay, si sposano perfettamente.

E seppur non sia mai stato ripreso nella serie, o in molti altri titoli del medesimo genere, questo sistema di livelli risulta perfetto per questo titolo. Perché i nostri protagonisti non sono guerrieri di mestiere. Non sono eroi forgiati da anni di battaglie. Sono dei normali ragazzi. E risulta dunque squisitamente coerente che essi crescano come guerrieri o maghi, nel corso dell’avventura.

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Ma vogliamo tornare ancora una volta sulla narrazione di questo titolo. Perché come già detto, dopo Final Fantasy II il mondo dei JRPG si è arricchito di nuovi temi da raccontare. Grazie a questo capitolo vediamo per la prima volta introdotti personaggi che non sono bianchi o neri, buoni o cattivi. Il personaggio di Leon è un personaggio di chiaroscuri, un personaggio che sbaglia, si redime e prova il peso delle sue azioni.
E forse ancora più importante, in Final Fantasy II la morte è reale. Un concetto, che nel primo capitolo si riduceva esclusivamente ai mostri combattuti. Ma che qui prende un significato più centrale nella narrazione. Final Fantasy II pone il giocatore di fronte alla realtà che una guerra può portarci via tutto. Un amico, un fratello, un padre. E non esistono Code di Fenice o Elisir che possano intervenire. E forse non sarebbe nemmeno giusto. Perché l’eternità della morte conferisce un valore fondamentale alle azioni di questi personaggi: il sacrificio. La consapevolezza che a volte, è necessario mettere sul piatto la cosa a noi più cara.

Final Fantasy II incarna perfettamente lo spirito con il quale l’intera saga è cresciuta nel corso degli anni. La voglia costante di rinnovarsi, evolvere e proporre cose nuove. Questo è senza dubbio uno dei punti di forza della serie. Un giocatore potrebbe non amare tutti i Final Fantasy. Ma tutti adoreranno almeno un Final Fantasy.
Con un successo come quello del primo capitolo adagiarsi sugli allori sarebbe stato semplice, forse accettabile. Eppure si è deciso di cambiare totalmente. E grazie a questo, il giocatore viene posto per la prima volta nella serie di fronte a una storia più oscura, di fronte alla violenza dell’uomo e non solo dei mostri. Poco importa dunque, se questo capitolo è uno dei meno amati della serie, perché Final Fantasy II, il capitolo più diverso dagli altri, può considerarsi senza dubbio un punto indispensabile nella crescita della serie.

Final Fantasy III

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Abbiamo scelto l’immagine che vedete qui sopra, perché rappresenta perfettamente l’evoluzione più importante portata da Final Fantasy III: il Job System (questi sono gli artwork del remake per Nintendo DS n.d.r.). Sempre per tenere fede a quella voglia di rinnovarsi costante della serie, con questo capitolo viene introdotta una feature rivoluzionaria non solo per la serie di Final Fantasy, ma per il mondo dei JRPG tutto.

Grazie a questo sistema, al giocatore viene data la possibilità di scegliere la classe dei propri personaggi, ma anche di cambiarla quando si vuole. Un’innovazione capace di cambiare totalmente il modo di giocare il titolo. Nel momento in cui un giocatore si dovesse trovare in eccessiva difficoltà contro un boss, non dovrà più necessariamente perdere tempo nell’odiato farming.

Basterà piuttosto cambiare classi ai personaggi, per trovare un equilibrio migliore contro quel tipo di nemico. Un sistema dunque, che invita il giocatore a non fossilizzarsi su una determinata costruzione del gruppo, ma bensì a sperimentare e adattarsi. E a favorire questa personalizzazione, troviamo una grande quantità di classi tutte diverse tra loro, ognuna con la propria abilità specifica.

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E seppur Final Fantasy III offra nel gameplay la sua più grande innovazione, per quanto riguarda l’importanza interna alla serie, anche la narrativa non va sottovalutata. Sotto questo aspetto troviamo un ritorno a una storia più vicina al primo capitolo della serie, con il ritorno dei guerrieri della luce (questa volta con volti e identità ben definite), intenti a sventare l’avanzata dell’oscurità sul mondo.

Oscurità coadiuvata dall’opera di Xande, il quale però non è altro che un burattino di qualcosa più grande, la Nube Oscura. Il primo, desideroso di vita. La seconda, con l’unico intento di porre fine a tutto. Due antagonisti. Agli antipodi tra loro. Inoltre, Final Fantasy III ci presenta per la prima volta un’atmosfera più leggera, permeata quasi costantemente da un velo di umorismo. E seppur non manchino i momenti più cupi e tristi, ciò che il giocatore percepisce è un clima di cieca e assoluta speranza. Nei cristalli. Nella luce.

Un capitolo capace di rivoluzionare il gameplay dei JRPG, grazie a una funzionalità che mette in mano al giocatore una personalizzazione mai vista. E una narrativa, che pur nella sua leggerezza, riesce presentare il tema del dualismo, sotto una luce nuova. Una luce, che vedremo ripresa nel futuro della serie.

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Siamo arrivati alla fine di questo nostro viaggio nei primi tre capitoli della serie principale di Final Fantasy. Ciò che abbiamo voluto mettere in luce in questo approfondimento è la capacità di questa serie, sin dai suoi albori, di sperimentare e innovare. Di avere coraggio e non temere di fallire. La volontà chiara di essere più che un mezzo d’intrattenimento, ma un’esperienza da vivere, condividere e raccontare. E il viaggio, è appena iniziato.

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Samuel Bianchi

Samuel Bianchi

Videogiocatore svezzato dalle sapienti mani della prima Playstation e dal Sega Mega Drive, nel tempo ha sviluppato un interesse particolare per i giochi di ruolo. Cresciuto vivendo il videogioco in solitaria, ora ha un forte desiderio di analizzare il mondo videoludico con gli altri appassionati, approfondendone le capacità aggregative e comunicative, tipiche della grande arte.

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