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Halo: Infinite

Halo: Infinite, la recensione della campagna: Master Chief è tornato

Circa 20 anni fa arrivava su Xbox un titolo destinato a cambiare per sempre il mondo del gaming. In copertina c’era un soldato corazzato armato di tutto punto, vestito con un’armatura verde che di lì a poco sarebbe diventata un vero e proprio simbolo della cultura videoludica moderna. Al di sotto del soldato capeggiava una scritta, che rappresentava sia il titolo del gioco, sia la filosofia alla base dello stesso: Halo: Combat Evolved

Iniziava così, tra gli scroscianti applausi di critici e videogiocatori, sia l’avventura di Xbox sul mercato videoludico, sia l’epopea fantascientifica di Master Chief, soldato che come già anticipato è divenuto un vero e proprio simbolo; un simbolo riconoscibile da numerose generazioni di videogiocatori, unitisi allo Spartan e alla sua fida alleata Cortana nella guerra intergalattica contro i Flood. 

Ciò che fece breccia nel cuore del pubblico, oltre all’ottimo gameplay ideato da Bungie, fu l’universo narrativo di Halo; dietro alla montagna di proiettili sparati in ogni titolo della saga infatti vi era una trama incredibilmente interessante unita ad una lore di eccellente fattura, ampliatasi di anno in anno tramite una serie infinita di produzioni letterarie ed analisi di ogni tipo. 

Halo: Infinite

Ecco la nostra recensione della campagna di Halo: Infinite

Il successo di Halo sembrava essere dunque letteralmente inarrestabile; la saga infatti, ad ogni nuova uscita, continuava a mietere incessantemente vendite, confermandosi sia narrativamente sia dal punto di vista del gameplay come una delle migliori “space opera” mai viste nell’odierno mercato videoludico. Tuttavia, dopo la pubblicazione del meraviglioso e commovente Halo: Reach, titolo che faceva da prequel alle vicende di Master Chief e Cortana, Bungie decise di abbandonare la sua creatura, rinunciando a sviluppare nuovi capitoli di una saga che in quel momento era all’apice della sua popolarità. 

I fan del “Demone” e della deliziosa IA che lo accompagnava erano in subbuglio; il futuro della saga, quantomeno dal punto di vista strettamente qualitativo, era incerto. D’altronde, Bungie era una garanzia, ed i videogiocatori lo sapevano bene. Microsoft dunque decise di affidare lo sviluppo ad uno studio interno all’azienda, 343 Industries, che prendeva il nome da uno dei personaggi della serie di Halo: 343 Guilty Spark. 

La software house poteva contare su alcuni membri di Bungie, tra cui il director del franchise di Halo; ciò donò nuova speranza a tutti i videogiocatori, desiderosi come mai di vedere e giocare nuovi capitoli dell’epopea di Master Chief e Cortana. Nel 2012 dunque arrivò finalmente il primo Halo non sviluppato da Bungie: Halo 4. Nonostante le riserve iniziali, il titolo si presentava in ottima forma, e riuscì comunque a conquistare sia la critica, sia gran parte dell’utenza scettica, che non credeva in un futuro roseo per la saga. 

Nonostante la bontà del titolo tuttavia, l’inciampo era dietro l’angolo; il successore di Halo 4 infatti, pubblicato sulla poco fortunata Xbox One, è tuttora considerato come uno dei peggiori titoli della saga, soprattutto a causa di una campagna davvero rivedibile e poco emozionante rispetto al tenore narrativo che le avventure di Master Chief e soci avevano avuto sino a quel momento. Anche il gameplay, leggermente più “aperto” rispetto al passato, non soddisfò particolarmente l’utenza, che si prodigò in una quantità indefinita di critiche. 

Dopo svariati anni dal lancio di Halo 5, Microsoft annunciò l’arrivo di Halo: Infinite in concomitanza con il lancio della next gen verde, composta da Xbox Series X e Series S. Dopo un primo trailer dedicato alla campagna, che mostrava un titolo davvero indietro nello sviluppo sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista del gameplay, le critiche non tardarono ad arrivare; per questo motivo, Microsoft decise di rinviare il titolo a data da destinarsi. Dopo vari aggiornamenti da parte degli sviluppatori, ed il rilascio dell’ottimo multiplayer free to play, Halo: Infinite sta finalmente per arrivare. Dall’8 dicembre infatti Master Chief arriverà su tutte le piattaforme Microsoft; abbiamo avuto la fortuna di poter mettere le mani sulla campagna dedicata allo Spartan, e siamo finalmente pronti a dirvi cosa ne pensiamo. 

Storia di buona fattura ma…

Halo: Infinite comincia con una sconfitta: quella di Master Chief, caduto per mano di Atriox, capo degli Esiliati, nel tentativo di mettere al sicuro un’Arma che, secondo quanto riferito dalla dott.ssa Halsey, sarebbe stata capace di risollevare le sorti dell’umanità e di sconfiggere le minacce che tenevano sotto scacco l’intera galassia. 

Chief è ormai perduto, ridotto ad un guscio vuoto che vaga nello spazio profondo, trascinato dalla sola gravità; l’umanità è in ginocchio, privata del suo più grande eroe. Tuttavia, d’improvviso, un barlume di speranza. Una nave spaziale alla deriva, la Echo 216, intercetta Chief e lo salva da morte certa. Dopo essersi rimesso in piedi, lo Spartan decide di dirigersi sullo Zeta Halo, una misteriosa installazione che gli Esiliati desiderano riattivare per vincere una volta per tutte la guerra. Lo Zeta Halo è una delle più importanti installazioni dell’antica civiltà, in origine patria degli umani, e nasconde molto più di ciò che la rigogliosa vegetazione ed il vivissimo ecosistema diano a vedere.

La decisione di Chief non è casuale: lo Spartan ha infatti intercettato un segnale proveniente dalle profondità dello Zeta Halo, diretto proprio a lui. Un segnale fin troppo simile a quello di Cortana, ormai divenuta una vera e propria dittatrice; un segnale pericoloso, per cui vale la pena indagare. Un segnale che si rivelerà essere quello dell’Arma di Halsey, una IA creata sul modello di Cortana che sarà la nuova compagna di Chief e dal cui funzionamento dipenderanno le sorti della guerra contro gli Esiliati, i quali, dopo la morte di Atriox, sono guidati da Escharum, un soldato che ha fatto del suo ex comandante una sorta di divinità, una fonte di ispirazione che tutti i suoi sottoposti devono seguire. 

Halo: Infinite

Tuttavia gli Esiliati non sono l’unica minaccia sullo Zeta Halo; l’antico anello infatti, al di sotto della superficie, nasconde molto più di quanto si pensi. Nasconde minacce, minacce molto più grandi di quelle affrontate da Chief fino a quel momento.

Queste sono le basi della storia narrata in Halo: Infinite. Una storia ritmata, potente, che saprà come soddisfare sia chi ha seguito solo la trama principale dei vari videogiochi, sia chi invece ha deciso di immergersi nella lore della saga. Una storia che, tuttavia, nasconde qualche ingenuità; nonostante infatti l’intero comparto narrativo risulti essere di buonissima fattura, abbiamo trovato il racconto leggermente scontato in alcuni punti, nonché lontano dai fasti emozionali raggiunti con Halo: Reach.

…dinamiche tra i personaggi da rivedere

I vari filmati di intermezzo, per quanto ottimi dal punto di vista prettamente registico, presentano una serie di dialoghi che denotano una caratterizzazione dei personaggi sì ottima, ma leggermente stereotipata in alcuni frangenti. Se infatti, presi singolarmente, i protagonisti risultano essere perfettamente in linea con quanto accade ed è accaduto nelle passate iterazioni del brand, le dinamiche che intercorrono tra loro sembrano essere leggermente prive di cura. Ci riferiamo in particolare alle interazioni tra Chief e l’Arma, il cui rapporto si sviluppa in maniera coerente, ma con una inspiegabile fretta che, in alcuni casi, non fa empatizzare il giocatore con quanto accade a schermo. Stessa cosa accade con il Pilota della Echo 216: un personaggio scritto davvero bene, che ricopre anche un discreto ruolo all’interno della missione di Chief su Zeta Halo, ma che allo stesso tempo non riesce mai a lasciare davvero il segno; il suo rapporto con lo Spartan è conflittuale, nonostante una sorta di timore reverenziale, ma non riesce mai a svilupparsi in maniera profonda. 

Anche gli antagonisti, tra cui lo stesso Escharum, non brillano per originalità, e le linee di dialogo a loro affidate risultano efficaci solo poiché contestualizzate all’interno di un comparto narrativo che si adegua pedissequamente al genere di appartenenza. 

A sollevare enormemente il quadro relativo alla caratterizzazione dei personaggi c’è l’Arma, vera mattatrice di questo Halo: Infinite. L’erede spirituale e non solo di Cortana è infatti, senza dubbio alcuno, il miglior personaggio di questo capitolo; alla stessa sono affidati dialoghi di alto spessore, oltre che una caratterizzazione segnata da una marcata dualità che mette in mostra le due facce dell’IA: la prima, umana e quasi irrazionale, e la seconda, più fredda e meccanica. Due facce che non sono “separate” ma che si uniscono per creare un personaggio estremamente ben funzionante, le cui azioni e parole rappresentano i momenti più alti della narrativa di Infinite. 

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Il comparto narrativo di Halo: Infinite dunque, seppur non eccellente, rappresenta un netto passo in avanti rispetto a quanto visto nel suo poco brillante predecessore. Il problema principale che abbiamo riscontrato non sta tanto negli avvenimenti, né nella caratterizzazione dei singoli personaggi – antagonisti esclusi –  quanto piuttosto nelle dinamiche che intercorrono tra gli stessi, che risultano essere tutte eccessivamente frettolose ed incapaci di prendersi i tempi necessari per essere approfondite a dovere. In ogni caso, tutti gli appassionati della lore di Halo troveranno pane per i loro denti, in quanto Zeta Halo è forse l’ambientazione più ricca di storia dell’intera saga, data la sua natura ed il suo passato. 

Un open world ricco ma con qualche problema

Dal punto di vista del gameplay invece, 343 Industries, dopo le critiche ricevute dopo la pubblicazione di Halo 5: Guardians, ha deciso di innovare leggermente una formula ludica sì funzionante, ma che inizia inevitabilmente a sentire i segni del tempo. Il titolo infatti si presenta come un classico capitolo della saga, immerso tuttavia in un enorme open world che offre una serie di attività secondarie utili ad ampliare sia l’arsenale a disposizione di Master Chief, sia a stimolare il giocatore all’esplorazione. 

Su Zeta Halo infatti c’è moltissimo da fare, e tra quest principale e secondarie di ogni sorta i giocatori che amano la longevità avranno pane per i loro denti. Almeno per chi vi scrive però, non è tutto oro quel che luccica; l’open world di Halo: Infinite infatti, per quanto stracolmo di attività, non presenta alcuna varietà nelle stesse. Essenzialmente infatti le quest secondarie si dividono essenzialmente nella conquista delle basi degli Esiliati, che fungeranno poi da hub per i Marine alleati di Chief, nella liberazione di alcune squadre d’assalto umane, nella distruzione di alcuni punti strategici per i nemici, ed infine nella localizzazione e l’assassinio di uno dei tanti sottoposti di Escharum, che vi lascerà in dono una versione modificata e potenziata delle armi base disseminate nella mappa. 

In un primo momento dunque l’enorme mappa esalta il giocatore, e stimola lo stesso a completare quante più attività possibili grazie anche alle buonissime ricompense sbloccabili; tuttavia, dopo alcune ore di gioco, le attività e le successive ricompense non risulteranno più né stimolanti, né particolarmente utili alla progressione. L’eccessiva ripetitività delle subquest, unite alla lentezza negli spostamenti e ad un sistema di guida che mal si sposa con gli impervi terreni dello Zeta Halo, potrebbe dunque far risultare il titolo noioso dopo una manciata di ore di gioco. 

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La ripetitività delle missioni secondarie è stata anche avvertita in alcune delle missioni principali che compongono l’avventura di Chief. Le stesse infatti, per quanto ben scritte, risultano essere tutte troppo simili; una volta passate le prime ore di gioco infatti, noterete una sorta di canovaccio che si continua a ripetere fino alle parti finali dell’avventura, che ci sono risultate essere più varie per situazioni e metodi di approccio all’azione

Per il resto, siamo davanti al solito frenetico sparatutto che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare nel corso degli anni. Il gunplay è, come da tradizione, ottimo e sembra addirittura migliorato rispetto alla scorsa iterazione del brand. Tra proiettili al plasma, granate, e scontri con fortissimi boss, vi ritroverete spesso a muovervi per la mappa in attesa di quella fatidica ricarica per lo scudo che potrebbe fare la differenza tra una vittoria e la morte istantanea. 

Rampino e Nuclei Spartan, due aggiunte gradite

Rispetto al passato la varietà degli scontri è aumentata grazie anche all’aggiunta del rampino, una delle più grandi novità di questo capitolo; tramite il suo utilizzo infatti non solo potremo spostarci facilmente da un lato all’altro del terreno di scontro, ma potremo anche stordire i nemici previo potenziamento dell’accessorio. 

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Si, potenziamento. Perché un’altra delle più grandi novità del titolo è rappresentata proprio dal potenziamento dei gadget di Chief e dell’armatura Mjolnir, che avviene tramite la spesa di Nuclei Spartan, degli oggetti nascosti all’interno dell’intera mappa di gioco. La corretta spesa di questi boost sarà fondamentale soprattutto nelle fasi dell’avventura, dove il già ostico livello di difficoltà degli scontri si alzerà a dismisura. L’implementazione di questo sistema va in un certo qual modo a diminuire quella mancanza di stimoli di cui parlavamo poc’anzi, e risulta sicuramente essere una gradita aggiunta. 

Al netto della poca varietà di ambientazioni e di situazioni dunque, Halo: Infinite rappresenta un grande passo avanti rispetto a quanto visto nel suo predecessore. L’open world è sì enorme e ricco di missioni secondarie, ma la ripetitività di queste ultime unite alla parziale mancanza di utilità delle ricompense priva il giocatore di quegli stimoli che avrebbero reso Halo: Infinite un vero e proprio capolavoro. A fare da contraltare a quanto detto sino ad ora c’è un ottimo gunplay, che riesce a divertire in ogni occasione e che “maschera” anche il canovaccio ripetuto di molte delle missioni principali presenti. La strada intrapresa da 343 Industries sulla formula ludica è quella giusta, ma non rappresenta ancora la svolta di cui avrebbe bisogno il brand

Tecnicamente ottimo, art direction da urlo!

Dal punto di vista tecnico, c’è davvero poco da dire. Halo: Infinite è ottimo sotto tutti i punti di vista. L’art direction è meravigliosa come sempre, e grazie ad essa Zeta Halo è senza dubbio alcuno una delle ambientazioni più affascinanti dell’intera saga. Le texture ed i modelli poligonali di personaggi ed ambienti sono ben definite e dettagliate, e rappresentano un netto passo avanti rispetto a quanto si vide in quel famoso, e criticatissimo, trailer di qualche anno fa. Durante la nostra prova, effettuata su Xbox Series S, abbiamo notato degli abbassamenti di risoluzione nelle situazioni più concitate che tuttavia non va in alcun modo a minare l’ambientazione né l’azione, in quanto tali cali sono utili a mantenere il frame rate ancorato ai 60 FPS, quantomeno in modalità Prestazioni. Tali “problemi”, se così vogliamo definirli, non dovrebbero essere presenti su Series X. Ottima la colonna sonora e di buonissima fattura il doppiaggio, che ci è parso sottotono solo in alcune occasioni. Da segnalare infine l’ottima implementazione della vibrazione del controller Xbox, che in pieno stile Dualsense vibra ad ognuno degli accadimenti presenti a schermo. 

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In conclusione…

Halo: Infinite rappresenta un enorme passo in avanti rispetto al precedente capitolo della saga. La trama, per quanto ben scritta, non riesce a decollare a causa della fretta con cui le dinamiche dei personaggi si sviluppano; nonostante ciò tuttavia, siamo davanti ad un ottimo comparto narrativo, che farà la felicità soprattutto dei più affezionati alla lore di Halo. Dal punto di vista strettamente ludico invece, la svolta open world funziona, ma non ci ha convinto appieno a causa di una ripetitività di fondo che avrebbe potuto essere evitata con i giusti correttivi. Per il resto, come già anticipato, siamo davanti al “solito”, ottimo capitolo di una saga leggendaria, che aveva bisogno di tornare a splendere come una volta; ci è riuscita, ma con alcuni difetti che, se eliminati, potrebbero rendere il prossimo Halo il miglior capitolo della sua iconica e leggendaria storia.

Halo: Infinite

Gameplay - 8.6
Trama - 8
Comparto tecnico - 8.8

8.5

Halo: Infinite, ultima iterazione della saga di Master Chief, è un ottimo gioco che tuttavia presenta alcuni difetti. Non siamo davanti ad una rivoluzione, ma la strada è quella giusta.

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Carlo D'Alise

Carlo D'Alise

Videogiocatore dagli indimenticabili tempi dello SNES. Praticante avvocato nel tempo libero, appassionato in particolare di Action, Soulslike ed RPG, ma in generale del videogioco in (quasi) tutte le sue declinazioni. Sono ad un panino dall'obesità.

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