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Le recensioni devono cambiare. Il pubblico, pure

Negli ultimi giorni non si è fatto altro che parlare delle recensioni videoludiche, della loro utilità, del metodo che si potrebbe o non potrebbe adottare per renderle migliori e più fruibili; una discussione sicuramente ricca di contenuti, nata da un ottimo articolo del Washington Post che vi invito caldamente a leggere per avere un panorama chiaro di cosa quella figura “cattiva”, “pagata” e “corrotta” del recensore sia obbligato a fare pur di portare al pubblico un contenuto degno di nota.

Per i più pigri, il Washington Post critica la recensione in quanto sistema, non in quanto contenuto; come può un qualunque individuo, costretto da tempi estremamente ristretti, portare in dote al suo pubblico un’opinione, se quell’opinione non ha avuto neanche il tempo di maturare a causa di un embargo tanto, troppo vicino all’arrivo del codice? È dunque inevitabile una dissonanza rispetto a chi invece il gioco ha opportunità di provarlo per 40-50-60 ore, diluite in un mese magari e non in una settimana.

Come cambiare le recensioni?

Da qui, secondo il WP, nascono i problemi; il pubblico non si ritrova con quanto scritto dalla sua testata preferita, o dal suo critico preferito, e di conseguenza inizia inevitabilmente a criticare l’autore di questa o quella recensione. Molti, dopo questa affermazione, potrebbero affermare “beh, basta prendersi più tempo e portare un contenuto più valido no?“. La risposta che do io è molto semplice: “No.”

Dietro questo no ci sono una serie di dinamiche che non possono essere assolutamente ignorate: si passa dal rapporto coi vari publisher, che sicuramente risente di un contenuto pubblicato in maniera raffazzonata o in ritardo, al mancato interesse del pubblico, che avendo già il gioco tra le mani non ha voglia né tempo di leggere l’opinione altrui.

Tuttavia, indipendentemente dall’interesse del pubblico verso un determinato contenuto, la critica ha un dovere che, indovinate un po’, è quello di essere critici nei confronti di qualunque prodotto gli si sottoponga. Ed, a mio modesto parere, è qui il vulnus del sistema recensioni sia in Italia che all’estero, ed è qui che si potrebbe fare un passo in avanti che magari non porterà a molto, ma che potrebbe sicuramente cambiare leggermente la percezione che il pubblico ha della critica.

Far Cry 6 recensione
Un’immagine da Far Cry 6, una delle ultime recensioni pubblicate

Una recensione infatti, spesso, è un lungo elenco delle feature presenti nel gioco, con annesso, esile giudizio di chi il gioco lo ha provato; una sorta di enorme manuale d’istruzioni utile soltanto a far comprendere a chi legge cosa potrà o non potrà fare all’interno di quel determinato titolo. Questa, almeno a mio parere, non è vera e propria critica, ma solo un modo come un altro per pubblicizzare un prodotto di un’azienda su una pagina web. Sia ben chiaro, non si sta criticando questo o quell’autore, io stesso più di una volta mi sono ritrovato a produrre un contenuto editoriale simile a quello appena descritto.

La soluzione dunque sarebbe “semplicemente” quella di dare un parere su cosa SECONDO CHI SCRIVE, funziona o non funziona all’interno del titolo; far capire al pubblico cosa si ritroverà davanti una volta avuto il gioco tra le mani e quale sarà, o potrebbe essere, la sua esperienza mediante la mia esperienza. Un’esperienza ovviamente inficiata dal breve tempo che si ha a disposizione, che potrebbe stravolgere alcune delle percezioni del recensore, inevitabilmente inquinate da un ritmo diverso da quello del videogiocatore medio. Spesso, ma non sempre, ci sono recensioni simili, ma sono praticamente una goccia in oceano fatto di contenuti rivolti, purtroppo, al marketing.

Sia ben chiaro, non si critica la possibilità di fare marketing attraverso un contenuto editoriale; lo stato attuale delle cose è impossibile o quasi da modificare, dato che le testate online sono delle vere e proprie aziende che fatturano anche in base a quanto riescono a rendere o meno vendibile un determinato titolo. Tuttavia ci sono modi e modi di fare marketing, se lo si vuol fare, e dare un parere onesto e personale su un videogioco può essere uno di quei modi. Chiaramente, e ci tengo particolarmente a sottolineare questo passaggio, questo non vuol dire che i recensori vengono “pagati” dalle aziende o dai PR per promuovere un determinato titolo, ma solo che quella particolare recensione, per prendere un bacino di utenza più elevato, deve anche rispecchiare i canoni di chi in maniera poco esperta e totalmente disinteressata al medium videoludico vuole sapere se comprare o meno un videogioco, fregandosene altamente dell’esperienza altrui. Un tale modo di operare però, per quanto meno fruibile dal grande pubblico, coniugherebbe le esigenze meramente economiche a quelle critiche, rendendo le recensioni un prodotto effettivamente utile a chi legge avendo voglia di confrontarsi senza imporre il suo pensiero come la verità assoluta.

La critica deve cambiare, il pubblico anche

La fruibilità inoltre, spesso, non trova i favori dei numerosi appassionati di videogiochi, come ad esempio nel caso dell’assurda polemica che ha visto protagonista il collega Marco Mottura e la sua recensione di Metroid Dread. In quella polemica c’è tutta la sfiducia ed, in alcuni casi, la presunzione del pubblico che oggi naviga il web. Un pubblico che vorrebbe recensioni diverse in alcune loro parti, ma che allo stesso tempo spesso si ferma al voto senza dare uno sguardo ai contenuti. Un pubblico pronto a parlare di un qualunque prodotto senza neanche averlo mai giocato, che basa la sua opinione sui trailer che accompagnano la campagna marketing del titolo e sull’affezione o sull’hype che egli prova o ha nei confronti di un determinato videogioco.

METROID-DREAD

Un pubblico che critica sterilmente quella che egli stesso definisce una critica sterile, e che per i motivi più disparati si ritrova spesso ad attaccare tutti coloro i quali creano contenuti che possano in qualche modo contribuire ad aprire una discussione. A mio parere dunque, al pari della critica vi deve essere una crescita anche da parte del pubblico, che deve comprendere che il parere di un qualunque recensore non è la verità assoluta, ma la riproposizione di quella che è stata la sua personalissima esperienza con il videogioco in questione.

Trovarsi in disaccordo con questo o quel giornalista è normale, ma bisognerebbe anche rispettare il parere di chi ha trascritto la sua esperienza senza cercare a tutti i costi la presenza di complotti o pagamenti sotto banco. Chiaramente con ciò non vogliamo dire che la stampa deve essere esente da qualsivoglia critica, anzi, quest’ultima se costruttiva può aiutare enormemente a migliorare il lavoro di chi scrive. Per certi versi però questo astio è comprensibile proprio a causa di quanto detto poc’anzi: recensioni che cercano a tutti i costi di essere oggettive, in un medium dove l’oggettività è limitata ad alcuni ambiti, portano il lettore a pensare che quella recensione rappresenti la verità, e se la verità è diversa da quanto si è scritto, lo stesso lettore inevitabilmente si adira prodigandosi nella ormai nobile arte della critica alla critica.

Per questo motivo è auspicabile che le testate giornalistiche, compresa questa, cambino punto di vista in merito alle recensioni; con esse deve inevitabilmente cambiare anche il pubblico però, che deve comprendere, e lo ribadiamo a costo di essere ripetitivi, che quello che legge non è altro che la trasposizione di un’esperienza compressa nelle tempistiche, inficiata da una serie di dinamiche che lo stesso non conosce né può conoscere.

Chiudiamo questo piccolo articolo con un augurio: che le recensioni possano finalmente essere realmente critiche, seppur più personali, e che il pubblico critichi sì, ma con rispetto e coscienza, con un dialogo aperto, senza dare dell’incompetente a chi prova a restituire al pubblico ciò che vede durante una qualunque prova.

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Carlo D'Alise

Carlo D'Alise

Videogiocatore dagli indimenticabili tempi dello SNES. Praticante avvocato nel tempo libero, appassionato in particolare di Action, Soulslike ed RPG, ma in generale del videogioco in (quasi) tutte le sue declinazioni. Sono ad un panino dall'obesità.

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