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Iron Harvest 1920+, la recensione: la strategia incontra il dieselpunk

Iron Harvest 1920+ riporta in auge il genere degli strategici in tempo reale. Scopriamone di più in questa recensione!

Iron Harvest 1920+ potrebbe essere inteso come un gioco che mette in mostra una svolta oscura nell’Europa del dopoguerra se la stessa realtà non fosse stata altrettanto oscura. Ha un’ambientazione dieselpunk ben realizzata soprannominata “1920+” dai suoi creatori, con versioni romanzate di Polonia (Polania), Russia (Rusviet) e Germania (Sassonia) che rappresentano le tre fazioni del gioco.

I giocatori, inoltre, si ritrovano a comandare enormi mech alimentati a diesel, eroi colorati e sfortunate unità di fanteria in un RTS di media complessità con campagne robuste e un coinvolgente multiplayer. Il gioco non fa nulla per rivoluzionare il genere RTS, ma è un solido esempio di un buon gameplay strategico in un ambiente fantastico e unico.

L’ambientazione che fa la differenza

Al giorno d’oggi può essere molto complesso trovare giochi di strategia abbastanza solidi, anche perché è ormai diventato un genere molto di nicchia e molti sviluppatori non prestano più tanto interesse come accadeva in precedenza. I fan dei classici titoli RTS, però, troveranno in Iron Harvest 1920+ un fedele alleato e un grande ritorno ai vecchi fasti, con i relativi pro e contro di questo ritorno al passato.

Infatti, al di là delle novità dell’ambientazione e delle unità, si tratta di un titolo che non porta nulla di nuovo nella macroarea dei giochi strategici in tempo reale. Per meccaniche ricorda Company of Heroes e per questo inevitabilmente catturerà gli appassionati dei giochi strategici e tutti i nuovi giocatori che desiderano un gioco accessibile, ma profondo e solido.

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L’ambientazione è il punto di forza di Iron Harvest 1920+. Il conflitto è basato sulla guerra polacco-sovietica del 1919-1920 e coinvolge Rusviet e Sassonia le quali invadono entrambe le terre polaniche per il territorio e le risorse. Ovviamente qui incontrano la resistenza polaniana e ha inizio una guerra sanguinosa all’ultima goccia di diesel. Ebbene sì, per rendere le cose più interessanti, i mech alimentati a diesel sono le armi da guerra principali per tutto il gioco.

Dai mech anti-fanteria leggeri e mobili agli imponenti colossi di artiglieria mobili che possono ribaltare le sorti di un’intera battaglia da soli e stravolgere completamente la mappa, Iron Harvest 1920+ unisce le classiche unità di fanteria ad una sorta di robotica futurista davvero intrigante. Tutte queste unità, oltre agli ambienti e agli edifici (completamente distruttibili) in cui provocano il caos, sono modellate estremamente bene, rendendo Iron Harvest meraviglioso e incredibilmente dettagliato.

Diverse modalità di gioco, ma vi innamorerete della campagna

Il gioco offre diverse modalità di gioco (schermaglie, sfide PvE e multiplayer competitivo con modalità casuale, classificata e personalizzata), ma la più interessante è indubbiamente la modalità campagna che offre ben tre campagne complete da giocare, una per ogni fazione. Queste sono abbastanza corpose e intriganti e ci sono anche parecchie sfide da scoprire sottoforma di missioni secondarie e segrete. La campagna, inoltre, aggiunge un rapido, ma utilissimo tutorial necessario per approcciare i primi passi al multiplayer.

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Ogni campagna ha inoltre il suo protagonista. Si comincia con la campagna relativa alla Repubblica di Polania, tenuta sotto scacco dalle forze dei Rusviet mentre le due super-potenze cercano di trattare una sorta di tregua. Anna è la prima protagonista ed è una ragazza dai capelli rossi accompagnata da un simpatico orso di una tonnellata che la difende nei momenti più complicati. La ragazza cerca inizialmente di portare in salvo i suoi paesani, per poi imbracciare le armi contro l’occupazione russa.

Notiamo quindi la presenza di una piccola storia, con tanto di personaggi, dialoghi e intrecci narrativi che si dipanano tramite cutscene. Gli altri due protagonisti sono Gunter, un veterano sassone venerato come una leggenda nel suo paese, e Olga, una spia russa che opera nell’ombra per il bene della sua nazione e del suo Tzar.

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Non abbiamo avuto la possibilità di provare la campagna in co-op, ma il gameplay è talmente solido e divertente da coinvolgere anche giocando contro l’intelligenza artificiale ad una difficoltà non molto impegnativa. In questo modo si rimane impegnati per tante ore rendendo la longevità quasi infinita e con pochi rischi di ridondanza e ripetitività.

Le risorse e i punti deboli

In Iron Harvest 1920+ ci sono due risorse di cui preoccuparsi: ferro e petrolio. Queste determinano quante unità possono essere prodotte e quali edifici possono essere posizionati o migliorati, aggiungendo anche una piccola meccanica gestionale. Quest’ultima è appena abbozzata sia a causa dei pochi edifici disponibili che della loro, a volte, inutilità. In ogni caso, oltre a raccogliere risorse e catturare punti strategici sulla mappa, il gioco richiede il posizionamento di difese e l’invio di unità per scontrarsi su punti chiave.

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Guardare i mech giganti arrancare lentamente attraverso vari passaggi anche stretti per bombardare il quartier generale nemico o tirare fuori un’abilità da eroe al momento giusto per cambiare le sorti su una prima linea vitale è appagante e meraviglioso esteticamente. Iron Harvest 1920+ si concentra sull’essere un gioco di strategia profondo e, sebbene ci siano alcune concessioni per renderlo accessibile, è innanzitutto rivolto a giocatori esperti del genere.

Questo è necessario in particolar modo in mappe molto strette o strutturalmente complesse, dove l’uso di mech risulta a tratti inutile, ma andare alla rinfusa con le unità di fanteria diviene quasi un suicidio. È inoltre presente un limite numerico di truppe e ovviamente i mech occupano più slot, pertanto la scelta dei soldati da mandare in battaglia deve essere oculata così come il loro posizionamento.

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La mappa è disseminata di muretti, abitazioni e vegetazione. Ogni elemento può essere distrutto, ma permette allo stesso tempo di mantenere nascoste delle truppe. Questo aspetto è molto importante anche per distruggere i mech più potenti. Tutti gli enormi robottoni sono tendenzialmente lenti e dotati di punti deboli facilmente rintracciabili dalle unità di fanteria che, al contrario, sono più veloci. Ad esempio, il mech d’attacco potente riesce a decimare le unita nemiche che ha d’innanzi a sé, ma ha un grave punto debole nel retro che permette alle truppe di fanteria di distruggerlo in pochi secondi. Se tra queste truppe si inserisce un cecchino nascosto dietro qualche muretto o tra la vegetazione, il gioco è fatto.

Come accade in molti buoni giochi RTS, il potenziale per padroneggiare le meccaniche di Iron Harvest 1920+ è immenso, ma può anche essere molto divertente abbassare la difficoltà, aumentare le risorse di partenza e guardare i grandi robot combattere. Contro un’IA impostata sulle alte difficoltà con una vasta gamma di unità, i giocatori dovranno essere intelligenti, veloci e bravi nella microgestione delle unità, sfruttando la copertura e le abilità uniche per portare a proprio vantaggio la battaglia.

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Sebbene l’intelligenza artificiale non sia perfetta, spesso risulta molto ostica e non è raro dover cambiare strategie per poter avere la meglio. Nel bel mezzo dei campi di battaglia, che possono variare tra la classica città di inizio ‘900, a gelide steppe desolate o a paesaggi rurali, si possono trovare casse di diversa natura che aumentano la capacità strategica del titolo. All’interno di essere è possibile trovare risorse, ovvero le sopracitate petrolio e metallo, borse di cure o armi.

La fanteria, grazie proprio a queste casse nascoste per la mappa di gioco, può cambiare totalmente tipo di approccio alla battaglia proprio nel bel mezzo di essa. Si può passare da granatieri a fucilieri e da genieri a medici in pochissimi secondi. Se non voleste cambiare le fanterie, potete cambiare anche le unità di terra usando i vari strumenti di artiglieria disseminati per i campi.

Un gioiellino visivo e sonoro

Dal punto di vista tecnico, infine, Iron Harvest 1920+ è un gioiellino per gli occhi e per le orecchie. Quando ci si imbatte in un’opera di Jakub Rozalsk è davvero difficile non restare a bocca aperta incuriositi ed estasiati dalla sua bellezza artistica e dal suo tratto inimitabile. I ragazzi di King Art Games sono stati molto abili nel riuscire a trasporre la grande potenza visiva delle opere di Rozalsk sotto forma di videogioco con ambientazioni vive ed estremamente curate.

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I fili d’erba che si muovono, la neve che si appiattisce al passaggio delle truppe, le case che si distruggono tra cocenti fiamme, insomma ogni cosa è realizzata in maniera sublime ed è una caratteristica inaspettata per uno strategico. Tutto è poi caratterizzato da una colonna sonora ispirata e coinvolgente realizzata da Adam Skorupa e Michal Cielecki famosi rispettivamente per The Witcher e la serie Shadow Warrior. Gli effetti sonori, infine, sono corposi e realistici e il doppiaggio, esclusivamente in inglese, di pregevole fattura.

In conclusione

Iron Harvest 1920+ riporta in auge un genere ormai divenuto di nicchia, ma senza particolari innovazioni. La struttura è quella classica degli strategici in tempo reale e le dinamiche di gioco prendono interamente ispirazione da alcuni capisaldi del genere, ma ciò che rende unico questo titolo sono piccole aggiunte creative e un comparto artistico di tutto rispetto. L’ambientazione è molto originale, con un bel 1920 diverso dal solito e dalla deriva dieselpunk che lo rende originale e affascinante. Non è esente dai difetti, come ad esempio alcune animazioni legnose e la gestione imprecisa delle unità più grandi, ma nulla di tutto ciò rovina in alcun modo la bellissima atmosfera del gioco.

Pro

  • Ambientazione di grande impatto estetico
  • Mech e differenziazione delle truppe
  • Modalità campagna molto curata e appagante

Contro

  • Alcune animazioni poco curate
  • Intelligenza artificiale non perfetta
  • Non porta alcuna innovazione al genere

Voto: 8,5

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Giovanni Arestia

Giovanni Arestia

Ingegnere informatico con la strana passione per la scrittura. Essa, unita alla passione per la tecnologia, mi ha portato ad essere qui. Chiamatemi pure Gioare, ormai anche i miei genitori mi conoscono così.

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