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Ni no kuni – La nostra recensione del film della saga

È disponibile su Netflix Ni no kuni, film d’animazione del 2019 diretto da Yoshiyuki Momose, animatore e regista giapponese che ha lavorato principalmente all’interno dello Studio Ghibli.

Ni no kuni – il film fa parte della saga di videogiochi nata nel 2010, il quale primo capitolo Ni no kuni: La minaccia della Strega Cinerea è stato proprio sviluppato dallo Studio Ghibli insieme a Level-5, e pubblicato da Namco Bandai.

Il secondo capitolo viene invece realizzato senza la partecipazione dello Studio Ghibli, ed esce nel 2018 con il titolo di Ni no kuni II: Il destino di un regno, a curarne la realizzazione sarà sempre Level-5.

Un anno dopo, nel 2019 esce il lungometraggio, anche questo, proprio come i due precedenti capitoli, ha una trama a se stante. Il film risulta quindi fruibile anche da chi si volesse approccia per la prima volta alla saga. Ovviamente come con il secondo capitolo, sono presenti dei riferimenti che solo chi ha una visione globale dell’universo di Ni no kuni potrebbe cogliere. Elementi che potrebbero essere sicuramente apprezzati dai giocatori della saga, ma che non sembrano compromettere troppo la comprensione della storia generale.

In questo articolo infatti ci concentreremo solo sul film, senza considerare i primi due capitoli.

Ni no kuni senza spoiler

La storia ci viene presentata inizialmente come un normale spaccato di vita di adolescenti. I due protagonisti Yu e Haru sono migliori amici e come spesso accade sono estremamente diversi. L’irruenza di Haru, sportivo e popolare tra le ragazze, si contrappone allo spirito decisamente più mite e razionale di Yu. Yu inoltre no sembra essere particolarmente popolare, anzi è praticamente invisibile alle ragazze, come ci viene subito mostrato nelle scene iniziali quando le compagne di scuola quasi non lo travolgono per avvicinarsi al campo dove Haru ha appena segnato il punto della vittoria in una partita di pallacanestro.

Il sorriso con il quale guarda a quella che per lui è forse una situazione di normalità ci rende una prima immagine di Yu, rassegnato alla sua condizione che lo costringe da quando è bambino a stare su di una sedia a rotelle.

Infine facciamo la conoscenza di Kotona, amica di entrambi che però sembra aver portato il rapporto con Haru a un livello successivo, il quale sarà la causa di un primo attrito tra i due amici.

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Sarà un evento improvviso a smuovere gli eventi. Quando Kotona si troverà infatti in pericolo di vita i due protagonisti, nel tentativo di salvarla, verranno trasportati in un altro mondo.

Il come e il perché non sono chiari fin da subito. È un mondo diverso, abitato da creature fantastiche e dove il giovane Yu, sotto gli occhi increduli dell’amico, riesce a camminare. I due insieme inizieranno a scoprire questo mondo fatto di magia e abitanti fantastici, senza dimenticare però il loro obiettivo, trovare e salvare Kotona.

Solo poco dopo il loro arrivo scopriranno che la loro amica è praticamente identica alla principessa del Regno.

Astrid, questo il nome della principessa, al momento del loro arrivo si trova però vittima di un maleficio, che l’ha messa in fin di vita, proprio come Kotona, intanto una pericolosa minaccia incombe sul regno.

I due mondi sembreranno essere collegati in qualche modo, legame che ha generato una leggenda la quale fondatezza e risvolti verranno compresi nello dispiegarsi della storia.

In che modo questi mondi sono collegati? E come potranno i due protagonisti salvare la vita della loro amica e questo mondo?

Se volte scoprirlo non vi resta che vedere il film su Netflix e poi magari potete tornare qui per continuare a ragionarci con noi!
Se invece lo avete già visto potete proseguire tranquillamente con la lettura.

Due mondi che si riflettono l’un l’altro

La leggenda che lega i due mondi e le vite dei loro abitanti diventa il nodo cruciale della storia, la quale si sviluppa con un ritmo assolutamente sostenuto e a volte carico di informazioni. Siamo portati a farci continuamente domande, anche se poi non ci viene dato il tempo di ragionarci troppo sopra, in quanto spesso la soluzione è a portata di mano, sia per noi che per i due protagonisti principali.

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Seppur sia evidente il desiderio di dare una profondità psicologica ai personaggi, e una necessaria crescita del loro rapporto e interpersonale, questa non avviene mai in maniera completa, restando sempre a un livello quasi superficiale.

Lo stesso Galeroth/Gnauss una volta rivelati i motivi del suo odio verso il Regno e il suo piano per distruggerlo, lo fa in maniera troppo veloce. Non ci vene dato (come per altre situazioni) il tempo di empatizzare con lui, il quale è in realtà mosso da fortissime ragioni che però perdono di incisività nella veloce spiegazione conclusiva:

  • nel corpo della principessa c’è un potere fortissimo che brama;
  • era morto, ma grazie all’alchimia ha forgiato un corpo di carne e sangue di creature magiche per tornare;
  • il padre aveva attaccato il Regno al quale lo aveva consegnato anni prima come ostaggio con il fine di mantenere la pace;
  • anni dopo si era pentito senza avvisare nessuno;
  • aggiungiamo che grazie all’incantesimo del Egida Reale, scopriamo che se ammazza la principessa (il suo piano fin dall’inizio) morirebbe anche lui.

Tutte queste informazioni ci vengono date in meno di 2 minuti.

Poco dopo Yu è costretto a combattere con Haru, che è controllato dal nemico, ma anche qui non c’è nessun approfondimento psicologico.

Yu attacca Haru senza mettersi nessun problema, non ha nessun tipo di ripensamento nel fatto di dover combattere contro il suo migliore amico che non ha nessun tipo di controllo su se stesso, e lo sconfiggerà senza neanche sapere come (meno di un minuto di scontro).

Il percorso che porterà Haru e Yu a diventare degli eroi, è allo stesso modo accarezzato fin dall’inizio quando ad esempio a Yu si mostra Avnaron, il divino uccello, ma non viene approfondito. È come se fosse un continuo raccontarci come stanno le cose senza però mostrarcele, non importa il come diventano eroi, lo devono diventare per forza per far funzionare la storia.

Il momento più significativo di questo percorso è forse quello in cui Yu compie un vero atto da eroe, e scatta per salvare Astrid, finendo per ferirsi gravemente. Riesce a fare quello che non era riuscito a fare con Kotona. Attenzione però il fatto che ora ci riesca non dipende da una crescita personale, ma solo fisica, in quanto nel mondo reale l’unica cosa che gli aveva impedito di scattare verso Kotona tempestivamente, era la sedia a rotelle.

Tant’é che poi è lo stesso Haru che ce lo conferma dicendo:

“Yu è sempre stata dentro di te […] la fermezza per difendere la persona che ami.”

In realtà alla luce della scoperta che faremo poco dopo, Haru potrebbe aver rivolto queste parole a stesso. Più volte infatti durante il film gli è stato rimproverato di non essere stato in grado di proteggere la persona che ama, a partire da Kotona durante l’aggressione.

Ma anche questo rimane l’ennesimo riferimento, buttato un po’ lì, non rimane impresso nella testa dello spettatore per poi essere ricollegato sul finale, come anche una delle frasi conclusive nelle quali ribadisce il fatto che lui e Yu siano…

“fatti della stessa pasta.”

Osservazione che era stata fatta quando per la prima volta avevano combattuto insieme.

Il tutto porterà alla vittoria del bene sul male, ovviamente grazie al colpo finale di Haru e non di Yu, ma a quale prezzo?

L’esistenza di Yu verrà cancellata dalla memoria del mondo nel quale è esistito fino a quel giorno, ma anche questo evento che dovrebbe essere fortemente drammatico non arriva allo spettatore, perché l’unica cosa che sembra davvero importante è aver raggiunto per tutti il lieto fine.

Ma si può davvero considerare questo un lieto fine?

Da qui in poi seguiranno diverse considerazioni personali sulla pellicola.

Personalmente la visione è iniziata assolutamente bene. La psicologia e la crescita dei personaggi sembrano essere fin da subito una parte fondamentale della storia insieme all’evoluzione del rapporto tra i due protagonisti. La curiosità di assistere all’evoluzione di Yu in eroe, con tutte le dovute prese di coscienza necessarie e il continuo doversi scontrare con la sua condizione, erano assolutamente delle ottime premesse.

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A partire da quando nella sua stanza, inchiodato al letto lo troviamo a fissare il soffitto della propria camera, a soppesare la sua amicizia con Haru in contrapposizione con i suoi sentimenti verso Kotona. A seguire siamo spettatori e partecipi della sua angoscia nel trovarsi nella condizione di non poter correre in soccorso della sua amica, che al telefono lo chiama terrorizzata. Il dover chiedere necessariamente aiuto per poterla raggiungere e non poter fare altro che tenerla tra le braccia e chiamare un’ ambulanza mentre questa ha un pugnale nello stomaco, il tutto dopo aver assistito inerme alla scena in cui questa viene colpita. L’arrivo dell’amico che gli riversa addosso il proprio senso di colpevolezza del non aver preso tempestivamente la chiamata di Kotona e il desiderio di salvarla a qualunque costo, che si evolverà nell’essere disposto persino a uccidere qualcuno.

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Sono tutti temi assolutamente maturi e hanno una forza incredibile. Eppure ogni tentativo di sviluppo di questi è annientato da quella che forse aveva la pretesa di essere una storia matura e che invece si evolverà in una favola dove il bene deve necessariamente vincere sul male, e che ci riuscirà incondizionatamente senza troppi problemi.

Sia la scena dell’accoltellamento, che quella in cui pensano di aver condannato Kotona a morte certa per aver salvato Astrid, sono assolutamente forti e intense. Peccato che questa intensità manchi completamente quando ad esempio le loro vite e quella della signorina Saki sono in pericolo, oppure quando Kotona lotterà tra la vita e la morte sul tavolo di una sala operatoria.

La stessa idea della leggenda arrivata alle orecchie dei ragazzi in maniera distorta poteva essere un forte motivo di riflessione personale, viene invece annullata completamente dal fatto che Haru procederà dritto per la sua strada nell’assoluta convinzione che un mondo dove il suo amico possa essere migliore di lui, non possa esistere; che tutto ciò non sia altro che un sogno, cosa che poi non turberà particolarmente Yu e la considerazione che ha della loro amicizia.

Inoltre ci sono diverse incongruenze che contribuiscono alla perdita del ritmo di visione a partire dalle linee temporali.

I due ragazzi ricollegheranno la morte dei tre maghi guaritori con quella delle tre persone coinvolte nell’incidente stradale nel quale hanno rischiato di perdere anche loro la vita, per poi arrivare alla conferma della loro tesi tramite la sopravvivenza della signorina Saki,

Gli sviluppi delle varie situazioni di pericolo vanno quindi in parallelo. Saki rischia la vita in auto mente Bertha la rischia al fronte,  attenzione però perché la signorina Saki, una volta sopravvissuta, si ricorderà bene di aver rischiato la vita.

Allo stesso tempo la congiura contro la principessa Astrid assume l’aspetto di un tumore nel nostro mondo, con il picco in sala operatoria, che prosegue in parallelo con lo scontro conclusivo. Le minacce quindi assumono nello stesso momento un aspetto diverso, ma allora com’è che quando Yu ed Haru fanno ritorno per la prima volta al mondo reale (nel quale il tempo è trascorso proprio come nell’altro mondo), Kotona non solo non ha memoria dell’incidente, cosa che invece ha la signorina Saki poi, ma neanche dell’accoltellamento? Hanno  forse cambiato il passato? O forse la memoria viene cambiata in maniera del tutto arbitraria?

Altra incongruenza la troviamo nel finale dove nel giro di pochi minuti ci viene detto che il nemico è impossibilitato a uccidere la principessa in quanto morirebbe anche lui, per via dell’Egida Reale, per poi dirci che se anzi che ucciderla la fa bruciare allora ne potrebbe rubare i poteri (WTF) rendendo assolutamente inutile l’informazione dataci poco prima.

Infine il lieto fine che di lieto, sempre a parer mio, ha ben poco.

Il mondo che Yu ha contribuito a salvare, lo dimentica. La ragione che ci viene data è che lui e Haru erano in realtà persone con i destini collegati e appartenenti a i due mondi distinti, informazione che però non ci è rimarcata dalla somiglianza dei due come per gli altri, ma che con una seconda visione possiamo ricavare da alcune frasi che vengono dette.

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“Quei due sembrano fatti della stessa pasta.”

Anche qui però persino il cane, la quale vita dovrebbe essere legata con quella del vecchio, ne ricorda i lineamenti, soprattutto nel finale quando la cosa ci viene esplicitata.

L’unica cosa che accomuna i due è una certa somiglianza con Howl de “Il Castello Errante di Howl”. Yu assomiglia infatti a un Howl versione a riposo con camicia mentre Haru in versione nemica ne condivide un altro aspetto, ma forse stiamo perdendo di vista il punto, ovvero che non si assomigliano come gli altri.

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“I visitatori dell’altro mondo non possono restare qui troppo a lungo, secondo la leggenda la cosa potrebbe rivelarsi fatale. […] Restare qui è un pericolo per te.”

A questo punto potrebbe essere questa la causa della disabilità di Yu nel nostro mondo, ma anche così i conti non tornano. La sua condizione infatti non fa parte di una malattia degenerativa che negli anni lo ha consumato e che lo avrebbe portato alla morte, è semplicemente costretto in sedia a rotelle.

Inoltre non Yu non ha la possibilità di combattere per l’amore di Kotona contro l’amico. In barba all’amore che oltrepassa due mondi diversi. Kotona era destinata ad innamorarsi di Haru mentre per Yu la questione viene risolta semplicemente con la corrispettiva vita collegata appartenente al suo mondo. Ci sono quindi due Kotona che sono praticamente identiche anche nei gusti e non presentano particolari differenze di carattere. Una vale l’altra praticamente così sono tutti contenti.

Yu non mette neanche in discussione il suo amore per Kotona, perché considera nel suo mondo la battaglia persa (non ci ha neanche provato) tant’è che quando racconterà ad Astrid della sua amica dirà che la differenza più evidente tra le due è che mentre lei non lo è, Kotona è innamorata di Haru. Yu si sta accontentando quindi? Anche qui sarebbe stato interessante vedere particolari differenze di carattere tra le due.

Volendo provare a vedere la parte romantica di questo epilogo potremmo dire che l’amore che lega Kotona ed Haru è lo stesso che destina Astrid a Yu, le loro controparti dell’altro mondo. Che questi possono essere finalmente riuniti una volta che Yu riesce a tornare a casa, mettendo tutte le cose al proprio posto e che tutta l’infelicità di Yu fosse dovuta al fatto che non si trovasse nel mondo giusto. Ma questo suo malessere, questo senso di infelicità e non appartenenza non ci vengono descritti, li possiamo solo presupporre; perché oltre alla sedia a rotelle, l’altro problema di Yu era una delusione d’amore adolescenziale, problema che poteva essere assolutamente affrontato. Vederlo in piedi nell’altro mondo per me è stata una grandissima delusione.

Dopo aver però provato a vedere la parte romantica della storia e convincermi che tutte queste sono solo mie speculazioni mentali sul finale arriva un’ultima batosta, per me indifendibile. Sul finale vediamo infatti Kotona e Haru che finalmente sorridenti possono andare a mangiare le creps nel negozio in cima alla scalinata dove all’inizio non erano potuti andare per via dei sensi di colpa verso Yu.

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Senza Yu in sedia a rotelle sono finalmente liberi di fare quello che a quanto pare volevano fare così tanto sin dall’inizio. Sul serio?!

L’aver fuso insieme elementi maturi e uno sviluppo da favola mi hanno decisamente confuso. Non credo di aver capito neanche quale fosse il destinatario finale della storia, oltre a magari gli appassionati della saga videoludica. Ma forse il mio approccio è stato troppo cinico e mi sono persa davvero una bella favola dove alla fine vincono tutti.

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E voi che ne pensate? Avete storto il naso dove l’ho fatto io o avete apprezzato Ni no kuni dall’inizio alla fine?
Fatecelo sapere nei commenti!

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Chiara Porru

Chiara Porru

Eterna nostalgica degli anni ‘90, cresciuta immaginando un futuro lontano forse 1000 anni e che probabilmente non vedrò mai se non grazie ad anime, film e videogiochi. Qui su DrCommodore scrivo di anime e manga, dando finalmente voce a quella parte di me cresciuta leggendo Kappa Magazine e guardando anime su MTV.

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