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Jojo Rabbit – Un’irriverente tragicommedia nazista

Hail Comodoriani! E benvenuti nella recensione di Jojo Rabbit, meglio conosciuto come “il film in cui quel pazzo di Taika Waititi impersona un Hitler immaginario, frutto della mente di un bambino tedesco nella Germania nazista”.

Guardando il trailer infatti, ciò che colpisce di più lo spettatore è certamente vedere il regista di Thor: Ragnarok (e del suo prossimo sequel) indossare divisa e baffetti per interpretare il comandante supremo del Terzo Reich.

Ma è tutto qui? I pregi di questa pellicola si limitano ad una goliardica ed irriverente rappresentazione di Hitler? Fortunatamente non è così. Il film riesce a far continuamente saltare lo spettatore tra commedia e tragedia, analizzando in maniera tragicomica temi delicati come l’ideologia nazista, la guerra e la persecuzione del popolo ebraico.

Ma andiamo con ordine.

Jojo rabbit

Nella Germania nazista il giovane Jojo Betzler (Roman Griffin Davis), soprannominato “Rabbit”, fa parte della Gioventù hitleriana, essendo egli un fervente ammiratore del regime. Tutto però cambia quando il bambino scopre che sua madre Rosie (Scarlett Johansson) nasconde una ragazza ebrea in soffitta. Aiutato solo dal suo amico immaginario (una versione caricaturale di Adolf Hitler), Jojo deve quindi affrontare i suoi dubbi riguardo agli insegnamenti nazionalsocialisti. A mettere ulteriormente in crisi il giovane Jojo è lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Il fulcro centrale dell’intera trama è il piccolo Jojo e lo spettatore si ritrova dunque ad indossare i suoi panni e a guardare il mondo attraverso i suoi occhi. Così come si evolve la mentalità del bambino, così cambia la realtà mostrata allo spettatore.

Per quanto riguarda la fotografia, la prima parte del film è infatti caratterizzata da colori più caldi e accesi, simbolo della spensieratezza con cui Jojo vede il mondo. Mano a mano che però il bambino inizia ad avere una visione meno idilliaca dell’ideologia nazista, anche i toni iniziano a farsi sempre più freddi, mostrandoci una realtà al di là del cieco fanatismo.

Anche la narrazione è influenzata da tale evoluzione; infatti, nella prima parte del film, essa verte su toni prettamente comici, che restituiscono allo spettatore una presentazione goliardica dell’ideologia nazista. Si potrebbe, tuttavia, facilmente pensare che questo tono sia fuori luogo e non rispettoso delle sofferenze patite dal popolo ebraico durante il nazismo. Fortunatamente, tale comicità non risulta in alcun modo irrispettosa, ed anzi riesce a mostrare l’assurdità delle idee che venivano inculcate nelle menti dei giovani tedeschi. Più si va avanti nella pellicola però, più la comicità abbandona i toni scanzonati ed irriverenti, lasciando spazio a momenti riflessivi e spesso drammatici.

Jojo rabbit

Fondamentale per il cambiamento della mentalità di Jojo è l’incontro con Elsa Korr, la ragazza ebrea che la madre del bambino nasconde in casa. Ad ogni chiacchierata con Elsa, il giovane tedesco inizia a maturare sempre più dubbi riguardo tutto quello che gli era stato insegnato fino a quel momento, arrivando persino a litigare con il suo amico immaginario Hitler (Taika Waititi), il quale è infatti la rappresentazione “vivente” dell’ideologia nazista, inculcata a forza nella mente di Jojo.

Una nota di merito va sicuramente assegnata alla colonna sonora, che, riesce ad alternare marce dell’esercito tedesco ai Beatles, riuscendo a trasportare lo spettatore in quel folle viaggio che è questo film.

Jojo Rabbit è dunque un’ottima black-comedy, che, attraverso una comicità irriverente, riesce a mettere in ridicolo l’ideologia nazista ed al contempo a far riflettere lo spettatore su temi importanti come la guerra e la persecuzione del popolo ebraico.

VOTO: 8

P.S.: consiglio caldamente di vedere il film in lingua originale sottotitolato, così da potervi godere appieno l’accento tedesco dei personaggi, che il doppiaggio italiano purtroppo non riesce a valorizzare al meglio.

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