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God of War: un nuovo, spettacolare inizio

Un videogioco “divino”

God of War è finalmente approdato sulle nostre PlayStation 4. La nuova avventura sviluppata da Santa Monica Studios si è fin da subito rivelata una vera e propria killer application per la console Sony, facendo registrare dati di vendita impressionanti. Tanti erano i dubbi in merito a questo settimo – contando gli spin-off – capitolo di quella che ormai è diventata una istituzione all’interno del panorama videoludico. Non nascondiamo che, approcciandoci la prima volta al nuovo lavoro di Cory Barlog, la preoccupazione è stata soffocante. Il totale stravolgimento delle meccaniche di questo nuovo God of War, infatti, avrebbe potuto in qualche modo snaturare una caratterizzazione legata a doppio filo all’action purissimo ed allo smembramento di dei, ciclopi ed altre creature mitologiche.

Come già spiegato nelle nostre prime impressioni, God of War si è rivelato eccellente sotto quasi tutti i punti di vista, oltre a essere il prodotto più curato nella rosa esclusiva di PlayStation 4. Volete scoprire perché? Fateci compagnia in questo viaggio.

Questa recensione conterrà spoiler minori del nuovo God of War. Se siete particolarmente suscettibili a questo tipo di situazioni, vi consigliamo di non proseguire la lettura.

https://www.youtube.com/watch?v=P1ejSa_gonc

Father and Son

Il comparto narrativo di God of War raggiunge vette altissime, posizionandosi nel “Olimpo Diegetico” dell’Ottava Generazione videoludica. Con la precisa intenzione di non compiere anticipazioni di peso sulla narrazione nel suo intero, ci limitiamo a rendere encomio ai colpi di scena ideati da Barlog e soci. A più riprese siamo rimasti a bocca aperta per lo stupore, e siamo certi che questo possa valere parimenti per estimatori storici e neofiti. Vediamo nello specifico in cosa eccelle il comparto narrativo di God of War.

Un viaggio metaforico sulle montagne russe

Ridursi a descrivere la trama di God of War per sommi capi, sarebbe un gravissimo errore. Per la prima volta nella storia del brand, la storyline principale non è un mero pretesto che giustifica il cammino verso il boss di turno. L’impervio cammino che i Kratos e Atreus, per spargere le ceneri della loro amata moglie e madre, non può e non deve essere riassunto. Deve essere vissuto. L’avventura dei due protagonisti è un turbinio di emozioni, una montagna russa che comincia la sua salita con lieve lentezza. Eppure, una volta arrivata in vetta, fa vivere al giocatore una discesa indimenticabile.

Un viaggio formativo molto profondo

Ci preme specificare che il viaggio “materiale” che Kratos e Atreus intraprendono, fa solo da sfondo a ciò che Santa Monica Studios ha voluto raccontare realmente con la sua opera. Infatti, all’interno di God of War ciò che veramente conta è la crescita mentale, spirituale e morale dei due protagonisti. Kratos è un padre freddo, distaccato, che vuole tenere nascosto il suo violento passato e la sua vera natura al proprio figlio, per paura di essere giudicato e per paura che questo possa un giorno commettere i suoi stessi sbagli. Tuttavia, con il proseguire della main quest, Kratos capirà la vera importanza dell’essere padre ed il suo rapporto con il piccolo Atreus evolverà di conseguenza.

God of War

Una naturale evoluzione, che conserva gelosamente l’indole di partenza

Estimatori di lunga data, ormai cresciuti e con i “peli sul pad”, non preoccupatevi, ciò non vuol dire che Kratos si sia rammollito. Il bianco spartano è sempre irascibile, violento e particolarmente adirato. Tuttavia, a differenza del passato, il barbuto protagonista pondererà ognuna delle sue azioni, dato che stavolta ha davvero qualcosa da perdere. Quest’evoluzione psicologica, da personaggio guida a protagonista attivo, ci ha convinti come non mai. Preferiamo senza ombra di dubbio questo nuovo modo di essere, più umano e riflessivo, al furente, “tamarro”, e per la verità un po’ piatto, dio visto nei precedenti capitoli della saga. La definitiva consacrazione di questo nuovo Kratos avviene in un preciso momento della storia, che speriamo possiate vivere appieno.

“Leggi, ragazzo”

Passando invece all’altro protagonista, Atreus, non possiamo fare altro che ribadire quanto detto su Kratos. Il piccolo ragazzino è impaurito, impacciato, goffo, messo in soggezione da un padre con cui non ha mai avuto alcun tipo di rapporto o di dialogo. Tuttavia, proseguendo con l’avventura, il piccolo Atreus dimenticherà la mancanza della figura materna ed acquisirà consapevolezza di sé stesso. Diventerà maturo, così come matura progressivamente il rapporto che ha con Kratos. Ad un certo punto, probabilmente, arriverete ad odiarlo, come accaduto a noi durante la nostra lunga prova. D’altronde, odiare o amare un personaggio per le azioni che compie, nonché per il mutamento che affronta, non è altro che un evidente sintomo di un’ottima caratterizzazione.

Un paragone soggettivo, ma esplicativo

Volendo azzardare un paragone, il quale può essere percepito legittimamente forzato data l’intimità che si instaura con certi personaggi fittizi, si potrebbe dire che Atreus sia accostabile a Walter White di Breaking Bad. Nel momento in cui entrambi i personaggi acquisiscono consapevolezza di ciò che realmente sono diventati, peccano di hýbris e si fanno odiare per le loro azioni. Tuttavia, quando la sorta di delirio di onnipotenza finisce, tornano coi piedi per terra e diventano, chi più chi meno, dei personaggi migliori rispetto alla loro condizione esistenziale di partenza. Insomma, entrambi i personaggi si fanno dapprima amare, poi odiare, poi apprezzare nuovamente, per quanto riguarda la nostra esperienza.

God of Wa

Lore, regia e storytelling

Il lavoro di Santa Monica, per quanto concerne la caratterizzazione dei personaggi, non si limita a Kratos e Atreus. Tutti i comprimari che incontriamo durante questo lungo viaggio hanno dei caratteri forti, ben distinti, che si adattano agli eventi e mutano col proseguire di questi. Bròk, Sindri, Mimìr, la Strega dei Boschi e tutti gli altri NPC hanno un’identità propria e marcata, frutto della grande attenzione che il team ha impiegato nella costruzione del contesto diegetico. Siamo inoltre rimasti sbalorditi sul piano formale: alcuni NPC vengono solo nominati all’interno dell’opera, ma il loro carattere è sapientemente delineato tramite un’ambientazione o tramite poche, dense linee di dialogo.

Ci sentiamo inoltre in dovere di elogiare la regia e lo storytelling del titolo. God of War è un unico, lunghissimo piano sequenza. Questa tecnica introdotta nel Cinema con il grande Renoir, è stata mutuata ed applicata con maestria al contesto ludico. Indubbiamente, ridurre al minimo il montaggio ludico-narrativo è stata la scelta  più azzeccata per il tipo di storia che Barlog e soci hanno deciso di raccontare. Nota di riguardo va al modo in cui si gioca con l’angolazione della telecamera all’interno delle scene di intermezzo più importanti.

Una narrazione ben distesa tra i personaggi non giocanti

Come già anticipato in precedenza inoltre, la narrativa di questo God of War è stata totalmente stravolta rispetto al passato. La storyline del titolo viene raccontata in maniera abbastanza chiara e pulita, nonostante la ramificazione data dall’interazione con i personaggi non giocanti. Dunque, a differenza degli scorsi episodi del brand, anche un dialogo con un NPC o un disegno su un muro possono rivelare importanti informazioni sul mondo di gioco, approfondito come mai ci saremmo aspettati. Degna di nota anche la fedeltà alla mitologia norrena, che viene pedissequamente seguita ed in alcuni casi rielaborata egregiamente dagli sceneggiatori. Al netto di qualche piatto dialogo tra Kratos ed Atreus (“Boy!”), Santa Monica Studios ha fatto un gran lavoro sotto il punto di vista della narrativa, innovando totalmente un comparto della saga che, nonostante la sua spettacolarità, lasciava veramente poco all’utenza.

God of War

Benvenuto, Leviatano!

I due elementi cardine di God of War, combat system e sistema di progressione, sono stati totalmente stravolti rispetto all’ultimo incontro con Kratos. Dimenticatevi gli scontri a telecamera fissa, le miriadi di combo da inanellare e i ricorrenti Quick Time Event. Con l’arrivo del Leviatano, della presenza di Atreus e del suo arco, le meccaniche di God of War sono state riscritte da zero, col primato dello scudo e della nuova inquadratura.

Come voi tutti saprete – per esperienza diretta o meno – che Kratos ha lasciato il suo passato alle spalle, e con esso anche le leggendarie ed iconiche Lame del Caos. Il barbuto spartano dispone adesso di una poderosa ascia magica, il Leviatano, che ha il potere di congelare nemici e meccanismi. Tale ascia è una componente fondamentale del gameplay; può essere lanciata per immobilizzare o per uccidere un nemico lontano, per risolvere particolari enigmi che bloccano i due protagonisti, ed ovviamente per disintegrare qualunque mostro interrompa il cammino.

Uno stravolgimento necessario

Il riposizionamento della camera, non più fissa come nei precedenti capitoli ma ancorata alle spalle di Kratos, ha reso il gameplay più lento e ragionato rispetto agli standard del brand. A fronte di un game design che convince in quasi tutte le situazioni, negli scontri più concitati abbiamo riscontrato delle difficoltà a digerire l’istanza nel suo complesso. La vicinanza della telecamera al corpo di Kratos dato rende complicato avere una visione d’insieme dell’arena, nonostante la presenza di indicatori che avvisano il giocatore riguardo la provenienza degli attacchi. Siamo stati, d’altro canto, convinti appieno dall’introduzione di Atreus nel combat system. Il suo utilizzo in battaglia e la possibilità di eseguire parry con il nuovo scudo sono state delle novità importanti, ben armonizzate con un sistema di combattimento narrativamente giustificato.

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Il Leviatano

Gli attacchi del Leviatano sono distinti, come tradizione del solco action, in leggeri e pesanti e sono legati rispettivamente alla pressione dei tasti R1 ed R2. Sbloccando le abilità del Leviatano tramite i classici punti esperienza, sarà inoltre possibile inanellare delle spettacolari combo in pieno stile God of War. L’utilizzo dell’ascia è fluido, naturale, e rispecchia alla perfezione lo status di questo “nuovo” Kratos, più pesante e fisico rispetto al passato. Con la pressione del tasto L2 inoltre è possibile mirare e lanciare il Leviatano verso un nemico, danneggiandolo ed immobilizzandolo.

Alla pressione del tasto L1 invece è affidato l’utilizzo dello scudo, che, se utilizzato col giusto tempismo, permetterà a Kratos di eseguire un brutale contrattacco. Parlando sempre di difesa, è possibile schivare la maggior parte degli attacchi nemici premendo il tasto X. Le abilità difensive di Kratos sono state ben implementate, ma purtroppo possono essere utilizzate praticamente all’infinito: avremmo preferito l’utilizzo di una barra della stamina, o comunque di contatore od un sistema di “cool down” per limitare l’abuso di scudo e roll.

Il Leviatano inoltre dispone di particolari castoni all’interno dei quali inserire degli incantesimi che migliorano delle abilità passive di Kratos, attacchi runici leggeri e pesanti. L’utilizzo di questi elementi è immediato, contribuisce ad arricchire un combat system già di per sé molto valido, permettendo al giocatore di capovolgere in qualunque momento le sorti dello scontro. Tali abilità sono soggette comunque ad un tempo di ricarica; tale feature obbliga l’utente a valutare con attenzione ogni scontro per evitare di rimanere vittima di Draugr, Redivive e compagnia.

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Atreus, una gradita aggiunta

Il già ottimo combat system viene inoltre arricchito dalla presenza di Atreus, che ci darà una sostanziosa mano a tenere a bada i nemici presenti a schermo. Tramite la pressione del tasto quadrato infatti è possibile obbligare Atreus a scagliare delle frecce verso i nemici, con la possibilità di stordirli. Tutti i nemici infatti, sotto la barra della vita (per la prima volta sempre visibile a schermo), avranno una barra viola, che rappresenta il “livello” di stordimento di questi. Tale barra può essere riempita grazie agli attacchi di Atreus, nonché a quelli a mani nude di Kratos. Una volta completa, gli avversari possono essere uccisi tramite delle brutali “finisher”. Atreus dunque non è un aggiunta fine a sé stessa, ma una ben precisa scelta di game design, profondamente intrecciata col contesto narrativo. Tutte queste nuove feature contribuiscono a rendere il combat system di God of War meno veloce e frenetico, ma molto più stratificato rispetto ai precedenti capitoli della saga.

Level up!

La progressione del personaggio merita un capitolo a parte. Questa è legata essenzialmente all’equipaggiamento di Kratos ed alla varietà di potenziamenti della sua armi. Lo spartano infatti potrà rivolgersi ai due fabbri presenti nel titolo, Brok e Sindri, per acquistare nuove armature e potenziare il Leviatano. Ogni pezzo di armatura influisce pesantemente sulle caratteristiche del personaggio, e la grande varietà di corazze disponibili si adatta a qualunque stile di gioco voi preferiate. Per chi predilige il frequente utilizzo di attacchi runici infatti, conviene acquistare e forgiare armature che danno bonus particolari ai parametri “Runico” e “Ricarica”.

Un personaggio dinamico, un sistema particolarmente ostico

Se invece si vuole far diventare Kratos una sorta di “tank”, conviene investire in oggetti che aumentano le voci “Vitalità” “Difesa” e “Forza”. La sapiente commistione di vari pezzi di armatura porterà alla creazione di un personaggio particolarmente equilibrato ed adattabile ad ogni situazione. Inoltre, l’utilizzo di peculiari gemme da incastonare nelle armature permetterà l’acquisizione di particolari bonus, come quelli relativi alla resistenza ad un particolare elemento e così via. Questo particolare sistema di progressione, non legato ai punti esperienza ma all’acquisto o al ritrovamento di armatura, si è rivelato di difficile comprensione. Tuttavia, una volta padroneggiato alla perfezione, sa regalare numerose soddisfazioni ai giocatori.

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I punti esperienza acquisiti al termine dei combattimenti sono invece necessari ad acquisire nuove abilità per Kratos ed Atreus, oltre che a potenziare gli attacchi runici di cui abbiamo parlato poc’anzi. L’albero delle abilità dei due, all’inizio abbastanza scarno, si evolve nel corso della main quest e permette di sferrare attacchi brutali sempre nuovi da parte di entrambi i protagonisti. Da sottolineare però che l’acquisizione delle abilità non risulta fondamentale, tanto che, il più delle volte, ci siamo totalmente dimenticati della presenza di questa nuova feature. Ci auguriamo che questa funzionalità venga smussata ed ampliata nei prossimi capitoli del brand.

Troppi Draugr, poca varietà

Continuando a parlare dei combattimenti, ci sentiamo in dovere di fare un piccolo rimprovero a Santa Monica. I nemici che si incontrano lungo il cammino sono davvero poco vari e molto prevedibili. Una maggiore varietà di questi sarebbe stata particolarmente apprezzata ed avrebbe dato sicuramente ulteriore prestigio al prodotto nel complesso. Lo stesso discorso vale per i mini boss, tutti troppo simili tra loro e con pattern d’attacco sostanzialmente identici. Meravigliosi invece gli scontri con i boss, i quali lasciano da parte la spettacolarità in favore di una maggior fisicità e strategia. Purtroppo, questi sono davvero pochi per un titolo richiede circa 30 ore di dedizione per essere portato a termine. Vedremo se il seguito di questa nuova, neonata trilogia riuscirà a correggere il tiro.

Nove Regni, un solo mondo

L’incipit di God of War, senza girarci attorno, è parecchio soffocante. Il giocatore infatti, per le prime ore di gioco, si ritrova dinanzi ad un’ambientazione sì meravigliosa, ma troppo opprimente. La poca libertà accordata al giocatore, declinata nella classica struttura a corridoio, tuttavia è solo momentanea. Da un preciso momento in poi, la mappa diventa enorme, aperta e ricca di svariate possibilità.  Il Lago dei Nove, che funge da hub centrale del gioco, è liberamente esplorabile in lungo e in largo, ed ha una varietà di quest secondarie e di collezionabili che mai ci saremmo aspettati di vedere in una saga così incentrata sul combattimento.

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Tramite una piccola imbarcazione infatti Kratos ed Atreus possono liberamente esplorare ogni approdo che si para loro davanti. Con il proseguire della storia inoltre, si sbloccano, in maniera abbastanza coerente con la trama, nuovi luoghi e nuovi “porti” che nascondono insidie e tanti elementi da raccogliere.

Il grande impatto visivo di God of War, valorizza ancor di più ognuno dei regni che Kratos ed Atreus devono esplorare per rispettare le ultime volontà della donna della loro vita. Niflheim, Alpheim, Muspheleim, Elheim e via discorrendo riescono ad essere incredibilmente diversi gli uni dagli altri. Ognuno di questi luoghi è caratterizzato da una particolare palette di colori, che contribuisce a donare un’identità propria, e le razze che li abitano sono egregiamente realizzate sotto ogni punto di vista.

Due di questi regni, Niflheim e Musphelheim, sono visitabili solo dopo aver recuperato particolari collezionabili, e rappresentano la parte più sostanziosa dell’endgame. Infatti, entrambi questi luoghi offrono particolari e difficilissime sfide – che ci hanno ricordato parecchio i “Chalice Dungeon” di Bloodborne – da affrontare per acquisire equipaggiamenti più potenti, utili per battere dei particolari miniboss che si sbloccano dopo la fine della main quest.

Senza cadere nello spoiler, alcune delle zone visitabili durante la storyline principale hanno il merito, come detto sopra, di dare dignitosa caratterizzazione addirittura a personaggi che non si vedono mai durante tutta la durata del titolo. Di ottima qualità anche le missioni secondarie, che offrono sempre una buona varietà di situazioni, le quali difficilmente annoiano il giocatore.

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Divinità tecnica

God of War è un prodigio della tecnica, nonché il prodotto visivamente migliore mai visto girare su PlayStation 4. I modelli poligonali dei personaggi sono curati in ogni singolo dettaglio, oltre ad essere animati alla perfezione. Ogni singolo dettaglio è frutto di un meticoloso lavoro grafico, che fa impallidire titoli della rosa Sony, come Uncharted 4 e Horizon Zero Dawn. Anche le ambientazioni sono una vera e propria gioia per gli occhi, un tripudio di colori, effetti scenici e particellari, i quali danno vita a luoghi dalla bellezza disarmante. Tutti i regni sono curati nel dettaglio, hanno un pattern di colori ed un loro elemento chiave che li rende immediatamente riconoscibili e difficili da dimenticare.

Buone le animazioni, ma sul piano dell’interazione si poteva fare di più

Meravigliose, come anticipato, le animazioni dei protagonisti e degli NPC principali. Ogni fendente sferrato da Kratos, ogni suo passo ed ogni suo gesto sono coerenti con le movenze che può avere un personaggio della sua stazza. Di ottima fattura anche i dettagli presenti sulle armi e sulle armature, che reagiscono al discreto sistema di illuminazione del titolo. Un peccato invece la poca interazione con l’ambiente circostante, che diviene “vivo” solo tramite il compimento di determinate azioni, che potremmo definire “scriptate”. Durante la nostra prova abbiamo inoltre notato qualche piccola incertezza relativa alle texture, che in alcuni e specifici casi ci son sembrate poco definite persino su PlayStation 4 Pro.

God of War

Meglio le prestazioni

Abbiamo effettuato la nostra prova su Playstation 4 Pro, utilizzando sia la modalità prestazioni, sia la modalità che comporta l’upscaling alla risoluzione 4K. Utilizzando quest’ultima, abbiamo notato dei frequenti cali di frame rate durante le situazioni più concitate, che speriamo vengano risolti al più presto con una patch. La modalità prestazioni dunque si è fatta preferire grazie alla sua fluidità, che si attesta sui 45-50 FPS di media, dato che il gioco resta meraviglioso da vedere anche in semplice Full HD.

Anche le musiche che accompagnano Kratos durante il suo viaggio sono molto belle ed epiche, e si adattano molto bene al contesto in cui si svolge l’avventura. Il doppiaggio dei protagonisti inoltre è di ottima fattura, anche se avremmo preferito che la voce di Atreus fosse meno profonda e più adatta ad un bambino della sua età.

In conclusione

God of War è un gioco splendido, un’avventura che segna un nuovo inizio per la saga e che al contempo riesce a dare valore a tutti i capitoli precedenti ad esso. Siamo davanti ad un gioco vario, divertente, con un combat system curato e piacevole da padroneggiare, pieno di sorprese e incredibilmente emozionante. La trama scorre che è un piacere, e riesce a tenere incollato alla sedia qualunque utente, sia esso un novizio o un fan storico. Per quanto ci riguarda, siamo davanti ad un serio candidato al Game of the Year, oltre a quello che – almeno per chi vi scrive – è il miglior gioco attualmente disponibile sull’ammiraglia Sony. Se avete una PlayStation 4 in salotto, non giocare a questo titolo sarebbe un delitto.

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Carlo D'Alise

Carlo D'Alise

Videogiocatore dagli indimenticabili tempi dello SNES. Praticante avvocato nel tempo libero, appassionato in particolare di Action, Soulslike ed RPG, ma in generale del videogioco in (quasi) tutte le sue declinazioni. Sono ad un panino dall'obesità.

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