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Justice League – La nostra recensione

La nostra recensione di Justice League

Per il panorama cinematografico della DC questa pellicola rappresentava un’ottima chance per prendere le distanze da quegli ultimi cinecomics (prodotti dalla Warner Bros) tanto criticati sia dal pubblico sia dalla critica e anche per costruire un universo che potesse rivaleggiare (quasi) ad armi pari con quello Marvel.

Per la gioia dei suoi fan, questa volta mamma Warner non delude, sfornando un film non perfetto, ma sicuramente di ottima fattura.

In un clima di incertezza e paura, dovuto alla prematura dipartita di Superman, un nuovo potente nemico decide di attaccare la Terra. Il miliardario Bruce Wayne (Ben Affleck), aiutato dalla principessa delle Amazzoni Diana (Gal Gadot), comprendendo la grandezza del pericolo, decide di reclutare persone con poteri straordinari (metaumani) per contrastare la minaccia: Acquaman (Jason Momoa), principe degli Atlantidei, un uomo con la capacità di vivere sott’acqua e di controllare le maree grazie al suo tridente. Flash (Ezra Miller), un perito della scientifica colpito da un fulmine, che gli ha conferito una super velocità. Cyborg (Ray Fisher), un ragazzo rimasto gravemente ferito in un incidente,che viene operato dal padre il quale gli impianta parti robotiche. Questi superuomini dovranno imparare a lottare come una squadra, non solo per contrastare l’imminente minaccia, ma anche per riportare speranza e giustizia nel mondo.

La regia di Zack Snyder è facilmente riconoscibile fin dai primissimi secondi, ma rispetto ad altri suoi film, come ad esempio “Man of Steel” e “Batman vs Superman”, risulta meglio integrata sia con la sceneggiatura sia con la fotografia. Come di consuetudine Snyder si serve di toni molto cupi per trasmettere drammaticità ed epicità alla pellicola; complice di ciò è anche una fotografia che gioca molto sul contrasto tra colori freddi (ad esempio per le scene girate a Gotham City) e caldi (ad esempio per le scene girate Themyscira). Altro punto caratteristico della regia di Zack Snyder sono i rallenty e in questo film ce ne sono davvero parecchi, per non dire troppi; non sono solo presenti nella maggior parte delle scene di combattimento, ma addirittura in alcune scene “statiche”, come ad esempio in alcune inquadrature dei titoli di testa dove non sono per nulla necessari e, al contrario, rischiano di annoiare. Infine, una caratteristica immancabile in un cinecomic Snyderiano è l’utilizzo preponderante della CGI, la quale è di buona fattura, anche se cala di qualità in alcune inquadrature, ad esempio quando viene mostrato il corpo intero di Cyborg o in alcune scene di combattimento.

Nonostante la regia sia stata accreditata solo Zack Snyder, bisogna puntualizzare che Justice League ha avuto un secondo regista: Joss Whedon, regista di “Avengers”, il quale ha sostituito nelle fasi finali Snyder a causa del suicidio della figlia di quest’ultimo. L’impronta registica di Whedon è facilmente riconoscibile in parecchie scene di combattimento.

La sceneggiatura si presenta fin da subito semplice, lineare e senza troppi colpi di scena, ma, al contrario di altre pellicole DC, risulta essere coerente e senza nessun buco di trama.

Dal trailer ci si sarebbe aspettato un comparto sonoro molto “tamarro”, invece la colonna sonora di Danny Elfman trasmette un senso di epicità in linea con la regia. E’ inoltre impossibile non notare che le musiche sono autocitazioni dello stesso Elfman ai vecchi film di batman.

Ogni singolo personaggio viene presentato e caratterizzato in maniera egregia, e alcuni di essi si evolvono caratterialmente durante lo svolgersi della trama:

Batman non è più l’antieroe forte, deciso e calcolatore di “Batman vs Superman”, ma risulta essere molto più incerto, molto più umano, e molte volte sembra agire d’impulso, anche se, dietro le sue decisioni vi è sempre ragionamento sensato.

Diana, che in “Wonder Woman” agiva solo spinta dall’istinto, si ritrova questa volta ad essere la voce della ragione più di una occasione, facendo capire che nel secolo trascorso nel mondo degli uomini ha imparato ad essere più accorta.

Flash viene presentato come un ragazzo fragile ed impaurito, che non ha mai affrontato un vero e proprio combattimento. A lui viene lasciato tutto il comparto comico del film, ma le sue battute sono sempre carine, mai fuori luogo e, soprattutto, non stancano mai lo spettatore, in quanto servono anche a spezzare i toni cupi e drammatici di alcune scene.

Acquaman è un personaggio solitario, combattivo, ma a tratti anche divertente. All’inizio restio nell’accettare di unirsi al gruppo, in seguito a determinati eventi decide di collaborare e mostra a tutti quanto sia forte nel combattimento sia in acqua sia sulla terraferma.

Cyborg era probabilmente il personaggio più difficile da presentare, sia per il lavoro di CGI sullo scheletro di metallo, sia per quanto riguarda la sua presentazione e la sua evoluzione. Trasformato in un essere metà uomo e metà macchina dal padre in seguito ad un incidente, Victor Stone (il vero nome di Cyborg) prima di poter salvare il modo deve imparare a comprendere la parte meccanica a cui è legato.

Il villain del film è un essere incredibilmente potente e crudele, di nome Steppenwolf, creato completamente in CGI. Il personaggio in sé è presentato molto bene ma non sufficientemente caratterizzato.

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Degna di nota è anche la fantastica interpretazione di Jeremy Irons nei panni di Alfred, al quale, come si notava già in “Batman vs Superman” il ruolo calza a pennello: una presenza scenica di classe condita con qualche frecciatina nei confronti del suo datore di lavoro.

Inoltre, non si può non citare l’ottima interpretazione di Amy Adams nei panni di Lois Lane, il cui personaggio purtroppo non ha un’evoluzione, ma risulta essere sempre troppo piagnucolosa e fastidiosa. Per fortuna compare in poche scene, nelle quali però ha un ruolo fondamentale ai fini della trama.

Infine, ottime interpretazioni sono state anche quelle di Diane Lane nei panni di Martha Kent e di J.K Simmons nei panni del commissario Gordon, i quali hanno avuto solamente un ruolo marginale nella storia.

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