Jean Pormanove, nome d’arte di Raphael Graven, è morto all’età di 46 anni dopo aver trasmesso in diretta su Kick per 298 ore consecutive, una maratona che ha suscitato shock e sgomento tra i suoi follower. L’uomo, noto per le sue sfide estreme e violente, ha trovato la morte dopo un lungo periodo di dirette in cui si è sottoposto a torture fisiche in cambio di popolarità e visualizzazioni. Raphael Graven, che aveva più di un milione di follower sui social, si sottoponeva a violenze fisiche e umiliazioni, azioni che hanno attirato una folla di spettatori incuriositi da sfide sempre più pericolose.
Le circostanze della sua morte sono ancora da chiarire, ma da quanto emerge da Le Monde, è stata avviata un’inchiesta. Secondo le prime informazioni, alcuni dei suoi complici, noti come “Naruto” e “Safine”, sarebbero stati coinvolti nell’organizzare le torture a cui Raphael Graven era sottoposto, facendogli ingerire anche sostanze pericolose.
È stato proprio uno di questi “amici” a trovare il corpo senza vita di Graven, morto nel sonno, e interrompere la diretta, che fino a quel momento era stata visibile a migliaia di utenti. La procura di Nizza ha disposto un’autopsia sul corpo di Jean Pormanove e ha sequestrato le apparecchiature utilizzate durante la diretta. La piattaforma Kick, sulla quale Graven trasmetteva, ha confermato la sua collaborazione “urgente” con le indagini.

Le indagini e il profilo di Jean Pormanove
L’inchiesta si concentra ora su chi possa essere stato responsabile della morte di Raphael Graven. I suoi “amici” e complici, già conosciuti per averlo costretto a sfide estreme, sono al centro degli interrogatori. La ministra francese per l’Intelligenza Artificiale e gli Affari digitali, Clara Chappaz, ha dichiarato che Graven è stato umiliato e maltrattato in diretta per mesi, rendendo il caso ancora più drammatico. La piattaforma Kick, che permette contenuti più estremi rispetto a Twitch, ha accolto le sfide sempre più violente di Graven, inclusi strangolamenti, colpi violenti e sevizie dal vivo, che avevano fatto crescere il suo seguito online, in particolare su TikTok, dove aveva 582.000 abbonati.
Alcune delle sue clip sono proprio difficili e pesanti da vedere, come queste pubblicate su X nel racconto della sua storia in cui viene mostrato mentre viene preso a pugni da diverse persone o colpito con un fucile a pittura (molto doloroso). Per questo motivo che molti utenti che avevano commentato e denunciato l’andamento delle dirette, dato che poco prima della sua morte, Graven aveva attirato l’attenzione per le sempre più gravi torture inflitte dai suoi complici. Nonostante i legali degli streamer coinvolti abbiano parlato di “messinscena”, le indagini continuano a indagare le reali intenzioni dietro quelle che sembrano essere torture mascherate da spettacolo, soprattutto se consideriamo alcune dichiarazioni di Jean Pormanove stesso.
Qualche giorno prima della sua morte, lo streamer francese aveva avuto una conversazione con sua mamma, con la quale le parlò di “tortura, come se fosse tenuto in ostaggio“, riferendosi ai giorni forzati di live, tra abusi e sonno mancato. Sul web puntano il dito contro i suoi “collaboratori”, i quali avranno poco da difendersi con così tante clip incriminanti. Intanto altri streamer si sono espressi con disgusto, in particolare Adin Ross che ha dichiarato tramite un post di aver parlato con Drake per organizzare il funerale, coprendo le spese della famigli. Un gesto che, come sottolinea lui stesso, non riporterà Jean Pormanove in vita, ma quanto meno vuole esprimere solidarietà verso una persona che non meritava questa fine.
