Dalla sua prima apparizione come strumento pensato esclusivamente per bloccare lo streaming illegale degli eventi sportivi, Piracy Shield ha compiuto una trasformazione significativa. Dopo mesi di fase sperimentale condita da diversi fallimenti, il sistema viene ora promosso a pilastro della lotta alla pirateria digitale in Italia, con l’approvazione delle modifiche al Regolamento sul diritto d’autore online da parte dell’Agcom. La novità principale sta nell’estensione delle “ingiunzioni dinamiche“ a tutti i contenuti protetti da copyright, inclusi film, serie tv e musica. In pratica, il sistema è in grado di intervenire entro 30 minuti dalla segnalazione per bloccare automaticamente la diffusione non autorizzata di opere tutelate.
Alla base di questo cambiamento c’è una crescente pressione da parte delle associazioni dell’industria culturale, come la Fapav, che nel 2024 aveva sottolineato l’urgenza di proteggere meglio le opere audiovisive. E infatti, il nuovo Piracy Shield è pensato per agire in modo più ampio e capillare, intervenendo non solo sui domini DNS che indirizzano verso siti pirata, ma anche direttamente sugli indirizzi IP utilizzati per diffondere contenuti illeciti con un blocco.
La portata tecnica del sistema è notevole, ma non priva di criticità. Gli esperti hanno già messo in guardia sul rischio di sovra-blocco. Ricordiamo che sono stati documentati casi in cui anche servizi legittimi come Google Drive sono risultati irraggiungibili per milioni di utenti italiani. In questo contesto si inserisce anche la nuova proposta legislativa spinta da Fratelli d’Italia e Lega, che vede l’estensione fino a 16.000 euro delle multe per gli utenti sorpresi a usufruire di contenuti pirata. Il giro di vite non riguarda più solo i siti che ospitano i contenuti, ma anche tutti i servizi tecnici coinvolti, tra cui vpn, dns pubblici, motori di ricerca e qualsiasi strumento che possa facilitare l’accesso a contenuti illeciti.

I nodi con l’Europa e le ombre sull’imparzialità del Piracy Shield
L’adozione di Piracy Shield in versione potenziata ha attirato l’attenzione e le preoccupazioni delle istituzioni europee. La Commissione Europea ha avviato un confronto formale con il governo italiano, sollevando dubbi sulla compatibilità del sistema con il Digital Services Act (Dsa). In particolare, si teme che le misure adottate non rispettino i principi di trasparenza, proporzionalità e tutela dei diritti fondamentali, soprattutto considerando la rapidità con cui i blocchi vengono applicati, senza un controllo giurisdizionale approfondito.
Stando a quanto scritto da Wired, nel mirino c’è anche la governance della piattaforma. Piracy Shield è stato sviluppato da SP Tech, società controllata dallo Studio legale Previti per conto della Lega Serie A, realtà che detiene interessi diretti nella tutela di contenuti protetti, specialmente eventi sportivi. Un aspetto che ha acceso discussioni su un potenziale conflitto d’interessi nella gestione del sistema stesso, alimentando i timori di una supervisione poco neutrale. Anche la Computer & Communications Industry Association (Ccia), che rappresenta colossi del tech come Apple e Google, ha espresso critiche formali, accusando l’Italia di possibili violazioni del Dsa e dei principi di neutralità della rete.
Nonostante ciò, Agcom difende con fermezza la piattaforma. Il commissario Massimiliano Capitanio ha dichiarato che Piracy Shield rappresenta un modello europeo d’avanguardia nella lotta alla pirateria, respingendo le accuse di criticità e sottolineando come l’obiettivo sia quello di colpire gli abusi senza ledere i diritti degli utenti legittimi. Ora, la parola passa all’Unione Europea, che dovrà valutare se l’infrastruttura antipirateria italiana potrà essere integrata nel quadro normativo comunitario, o se invece dovrà essere ridimensionata per rispettare i confini tracciati dal Dsa.
