Nel cuore delle Ande argentine, a Mendoza, una tartaruga marina è diventata simbolo globale della possibilità di riscatto per gli animali tenuti in cattività. Jorge, una femmina di Caretta Caretta di oltre 60 anni e più di cento chilogrammi di peso, è stata finalmente restituita all’oceano dopo aver trascorso 41 anni in una vasca artificiale. La sua storia in quello spazio angusto è iniziata nel 1984, quando fu trovata intrappolata in una rete da pesca e trasferita in un acquario, dove per decenni ha vissuto immersa in appena mezzo metro d’acqua, cibandosi di uova sode e carne bollita.
La svolta è arrivata grazie a una mobilitazione collettiva che ha coinvolto 60.000 firme raccolte attraverso una petizione online, l’impegno di tre avvocati María Aguilar, Vanesa Lucero e Oscar Alejandro Mellado e una causa legale che ha avanzato la richiesta formale del riconoscimento del suo diritto alla vita, alla libertà e alla dignità. Come riportato anche da Vanity Fair, questo fronte comune ha contribuito in modo determinante alla decisione delle autorità di Mendoza di dare una seconda possibilità a Jorge, dimostrando quanto l’azione civile e la giustizia possano unirsi in nome del rispetto verso gli animali.
Un tribunale argentino ha accolto l’istanza e, in collaborazione con biologi, scienziati e attivisti, è iniziata un’operazione di riabilitazione senza precedenti. Si trattava di una sfida tanto ambiziosa quanto delicata, quella di restituire a Jorge ciò che l’uomo le aveva sottratto. Non doveva più essere un’attrazione, ma tornare ad essere una tartaruga marina.
Per tre anni, la riabilitazione si è svolta con metodo e pazienza. La salinità dell’acqua veniva aumentata poco a poco, monitorando il suo sangue, per abituarla progressivamente all’ambiente marino. La tartaruga è stata poi trasferita in una vasca profonda e accogliente con acqua salata a temperatura controllata, dove ha ricominciato a immergersi, riemergere e soprattutto a cacciare prede vive, come granchi e lumache. Una seconda infanzia, condotta sotto la supervisione di scienziati dell’Acquario di Mar del Plata, del Museo Argentino di Scienze Naturali e dell’Istituto di Ricerca Marina e Costiera.

La vicenda della tartaruga marina Jorge come modello di rinascita e libertà
Il ritorno in libertà di Jorge non è soltanto una vittoria simbolica per la causa degli animali, ma anche un’eccezione che spinge a riflettere su quanto poco venga fatto, nella maggior parte dei casi, per restituire una vita naturale a chi è nato libero. L’11 aprile 2025, l’Oceano Atlantico ha accolto nuovamente Jorge, equipaggiata con un telemetro sul carapace che consente ai ricercatori di seguirne i movimenti. Ha già percorso più di 3.000 chilometri e continua a inviare segnali vitali, la testimonianza vivente del fatto che la reintegrazione è possibile, anche dopo decenni di reclusione.
Questa vicenda si intreccia inevitabilmente con quella di Kshamenk, un’orca in cattività da quarant’anni, intrappolata in un parco acquatico. Il suo caso riporta alla luce una riflessione spesso trascurata nella routine quotidiana, quella su cosa significhi realmente la vita per un animale tenuto in vasca, lontano dalle sue correnti, separato dal branco e dal linguaggio del mare, in una condizione che somiglia più a una condanna sofisticata che a un’esistenza degna. Anche la zoologa Jane Goodall, celebrata al Vesak2025 di Milano, ha ricordato come gli animali sentano gioia e dolore quanto gli esseri umani, e che “chiunque li conosce sa che sono tristi o felici proprio come noi”.
Goodall ha trasformato una vita tra scimpanzé in un movimento globale per i diritti degli animali, affermando che non basta più studiare ma serve agire. Il messaggio di Jorge, con ogni chilometro che percorre, amplifica questa lezione. È la dimostrazione che anche chi ha vissuto gran parte della propria esistenza in cattività può tornare a vivere pienamente. Ma serve volontà, serve coraggio e, soprattutto, serve ricordarsi che la libertà, per ogni specie, non è un premio, ma un diritto.
