Nel mondo dell’animazione giapponese, la censura è sempre stata un tema scottante. Ma quando si parla di One Piece, il discorso si fa ancora più complesso, quasi surreale. A oltre 1100 episodi dalla sua prima messa in onda, la serie di Eiichiro Oda continua a combattere con i limiti imposti dalla televisione, ma lo fa in modo sempre più incoerente. L’ultimo caso? La scena censurata di Bonney bambina che fa il dito medio, sostituito con un pugno chiuso. Un gesto piccolo, ma simbolico, che rivela molto più di quanto sembri.
Il paradosso Bonney: censurare un gesto, ma non la sessualizzazione
Come leggiamo su Comic Book, siamo nell’episodio 1132. Bonney, ancora una bambina, viene derisa da alcuni coetanei per la sua condizione. In risposta, alza il dito medio. Almeno, così avviene nel manga. Nell’anime, il gesto è rimosso e sostituito con un semplice pugno.
Nulla di nuovo sotto il sole della censura televisiva, direte. Ma c’è un dettaglio che rende la questione assurda: Bonney, nonostante il suo aspetto adulto, ha solo 12 anni. E nella prima parte dell’arco di Egghead, l’anime non ha esitato a mostrarla in pose e inquadrature decisamente provocanti durante una scena di cambio d’abiti.

Qui emerge tutta la contraddizione: da un lato si evita un gesto volgare, dall’altro si normalizza l’erotizzazione di una bambina. Non si tratta più solo di proteggere un pubblico sensibile, ma di una palese incoerenza etica e narrativa. Perché rendere più pudico un gesto di ribellione infantile — contestualmente giustificato — e allo stesso tempo spettacolarizzare l’immagine di una minorenne con scelte registiche discutibili?
Il ritorno della censura “assurda” e il fantasma di 4Kids
Per molti fan, tutto questo richiama alla mente l’epoca oscura del doppiaggio 4Kids, con le pistole trasformate in giocattoli, le sigarette di Sanji rimpiazzate da lecca-lecca e interi dialoghi riscritti per “americanizzare” il contenuto. Ma se allora c’era un intento di adattamento culturale, oggi ci troviamo davanti a un problema di coerenza interna. La serie è passata a una programmazione in fascia notturna proprio per potersi rivolgere a un pubblico maturo, cresciuto insieme a Luffy e compagni. Eppure, gli episodi sembrano ancora frenati da logiche da palinsesto diurno.
Il dito medio di Bonney non è l’unico caso. Già in passato, nella saga di Sabaody, anche il gesto di Trafalgar Law era stato censurato. A distanza di oltre 500 episodi, la situazione non è cambiata. Ma oggi, nel 2025, con una serie che entra nella sua “Final Saga” e affronta temi sempre più cupi — guerra, genocidio, esperimenti umani — ha ancora senso censurare gesti minori come quello di una bambina che manda a quel paese i suoi bulli?

Il peso delle scelte registiche e produttive
Dietro ogni censura non c’è solo una decisione editoriale, ma anche un riflesso delle politiche produttive. Il problema è che oggi queste scelte sembrano più influenzate dal timore delle polemiche sui social che da una reale coerenza narrativa. One Piece è una storia che ha sempre fatto della libertà espressiva il suo baluardo: personaggi e situazioni estremi, emozioni crude, dialoghi taglienti. Eppure, si autocensura in modo poco credibile proprio quando avrebbe la possibilità di andare più in profondità.
Una serie per adulti che tratta i fan come bambini
La censura in One Piece non è più un problema tecnico, ma simbolico. Segnala una difficoltà del medium — e del suo apparato produttivo — di crescere insieme al proprio pubblico. È come se si volesse raccontare una storia adulta con strumenti da cartone animato per bambini. E così si finisce per rendere “accettabile” ciò che dovrebbe scandalizzare (la sessualizzazione di Bonney), e pericoloso ciò che dovrebbe far riflettere (un gesto di ribellione).
Se davvero l’anime vuole onorare il manga nella sua fase conclusiva, è arrivato il momento di rivedere cosa vale la pena censurare e cosa invece andrebbe lasciato intatto. Perché One Piece non è solo una serie d’avventura: è un racconto di libertà, e la libertà comincia anche dalla coerenza narrativa.
