Un’icona del consumo popolare italiano potrebbe presto scomparire dagli scaffali. Crik Crok, lo storico marchio di patatine noto per il suo inconfondibile sacchetto rosso, attraversa una fase di profonda crisi. Da mesi, la produzione nello stabilimento di Pomezia è pressoché paralizzata, le linee lavorative procedono a rilento e più di 100 dipendenti si trovano privi di stipendio e senza accesso alla cassa integrazione straordinaria promessa. La situazione ha raggiunto un punto critico, tanto che i sindacati di categoria, FAI CISL, FLAI CGIL e UILA UIL, parlano apertamente di emergenza sociale.
La proprietà dell’azienda Crik Crok, oggi nelle mani dell’imprenditrice Francesca Ossani, ha recentemente depositato al Tribunale di Velletri una nuova richiesta di concordato preventivo. È la seconda istanza in meno di dieci anni, un tentativo estremo per evitare la liquidazione e attirare un investitore capace di assicurare la continuità della produzione. Tuttavia, al momento non risultano trattative in corso e la prospettiva che il marchio scompaia è più concreta che mai. I sindacati chiedono non solo il pagamento immediato delle spettanze arretrate, ma anche un piano industriale solido, capace di restituire dignità ai lavoratori e valore al territorio.

Storia, mercato e crisi di Crik Crok, un simbolo dell’industria italiana vicino al tracollo
Crik Crok oltre ad essere un marchio commerciale, è un simbolo della cultura popolare del secondo dopoguerra. Fondata nel 1949 da Carlo Finestauri con il nome di Ica Foods, l’azienda di Pomezia fu tra le prime in Italia a proporre snack salati ispirati ai prodotti americani, eredità del passaggio delle truppe alleate durante lo sbarco di Anzio. Il boom economico degli anni ’80 e ’90 portò il marchio a un successo clamoroso, grazie a campagne pubblicitarie entrate nell’immaginario collettivo e a prodotti diventati iconici come le Puff e le patatine a forma di cuore.
Dopo essere passata, per un periodo, sotto il controllo della multinazionale United Biscuits, l’azienda era tornata alla famiglia fondatrice e infine, nel 2018, era stata rilevata da Ossani. Il piano di rilancio puntava su innovazione e mercati esteri, come per esempio le patatine senza glutine, confezioni rinnovate, gusti esotici e una distribuzione attiva in 25 Paesi. Ma l’aumento dei costi di produzione, una gestione instabile e la concorrenza internazionale hanno finito per indebolire l’azienda, trascinandola in una crisi sempre più profonda.
Il Tribunale di Velletri dovrà decidere sull’ammissibilità del concordato. Si vocifera di un possibile interesse da parte di un gruppo alimentare, ma nulla è stato confermato. In mancanza di un intervento tempestivo, Crik Crok rischia di seguire il destino di tante eccellenze italiane, passando dalla gloria industriale al declino silenzioso.
