La nuova ondata di successo globale arriva da KPop Demon Hunters, il film d’animazione nato dall’unione tra Netflix e Sony Pictures Animation che sta riscrivendo i record del settore. Dopo aver dominato lo streaming, l’opera firmata dai registi Maggie Kang e Chris Appelhans ha conquistato anche il grande schermo negli Stati Uniti, con un incasso di circa 19.2 milioni di dollari nel primo weekend. La prima volta, in quasi due decenni di attività, che una produzione Netflix si piazza al numero uno del botteghino americano.
Protagoniste di questo fenomeno sono Rumi, Mira e Zoey, tre ragazze che formano la band immaginaria Huntr/x. A prestare le voci ci sono Arden Cho, May Hong e Ji-young Yoo, ma ciò che ha acceso la scintilla è l’universo narrativo che unisce musica e mitologia moderna. Le tre non sono soltanto popstar, ma di notte si trasformano in guardiane segrete impegnate a contrastare minacce soprannaturali. A renderle ancora più carismatiche ci pensa l’antagonismo con i Saja Boys, rivali pronti a seminare caos. La rivalità musicale, però, ha travalicato lo schermo e le canzoni dei due gruppi sono finite in cima alle classifiche mondiali, con Spotify e Billboard invasi dalle loro hit.
Non sorprende che il successo sia esploso proprio in questa forma. Il k-pop, negli ultimi dieci anni, si è imposto come fenomeno culturale planetario, con gruppi reali come BTS e Blackpink capaci di riempire stadi in tutto il mondo. Un’animazione che incrocia quella potenza musicale con una trama avventurosa e una forte componente identitaria non poteva che trovare terreno fertile.

Oltre l’intrattenimento: il messaggio generazionale lanciato da KPop Demon Hunters
Dietro il trionfo commerciale c’è un aspetto più profondo. KPop Demon Hunters non si limita a proporre una storia di bene contro male, ma esplora temi come l’identità personale, l’autenticità e il diritto a mostrarsi senza maschere. È questo, come raccontano i giovani spettatori intervistati dalla CNN, che ha reso il titolo così vicino alle nuove generazioni. “Va bene essere se stessi. Non devi sempre cercare di nascondere la tua personalità solo per mostrarla a qualcuno e farti apprezzare”, spiega Zuri Reid, 10 anni. Parole che racchiudono la vera anima del film, molto più di un’avventura animata.
Il fenomeno, esploso in America, è arrivato anche in Italia, con la pellicola stabilmente nella top 10 di Netflix e milioni di visualizzazioni a pochi giorni dall’uscita. Ma ciò che ha sorpreso è l’esperimento delle proiezioni-karaoke (i cosiddetti sing-along movies). Netflix storicamente ha sempre voluto provare a rilasciare le sue produzioni anche al cinema, e negli Stati Uniti questa volta ha deciso di farlo in questa speciale versione che ha coinvolto circa 1.700 sale.
I risultati sono stati 19.2 milioni al botteghino (perfettamente nella stima di 18-20 milioni fatta per questo debutto) nei 2 giorni di proiezione e i cinema completamente riempiti dai fan, molti dei quali hanno partecipato a più spettacoli o semplicemente hanno rivisto il film dopo esserselo goduto comodamente tra le mura di casa. La voglia del pubblico di vedere la pellicola è stata un mix di sentimenti tra chi desiderava semplicemente vederlo sul grande schermo e approfittare di un comparto audio più grande e performante (incredibile per film musical), e chi invece voleva principalmente cantare a squarciagola canzoni che sono entrate regolarmente nelle loro playlist.
Questa è stata una dimostrazione eccellente di come KPop Demon Hunters abbia conquistato il pubblico e di come il loro interesse sia andato oltre la sola visione su Netflix, passando da contenuto da guardare a vera e propria esperienza collettiva, simile a un concerto pop. La combinazione di estetica brillante, colonna sonora trascinante e riflessioni sull’accettazione ha reso KPop Demon Hunters qualcosa in grado di scuotere il cinema tradizionale, superando il debutto di proiezioni più affermate e visibili solo sul grande schermo. Un segnale potente che potrebbe portare le grandi case d’animazione a rivedere i propri piani.
