Il nuovo episodio di One Piece avrebbe dovuto segnare l’inizio della fase più spettacolare dell’arco di Egghead. Invece, lascia addosso una sensazione amara: la CGI, usata in modo invadente, ha tolto potenza emotiva e coerenza visiva a un momento che poteva essere memorabile.
L’aspettativa dopo Wano e l’era della “perfezione”
Negli ultimi anni, One Piece aveva raggiunto un livello di animazione che pochi avrebbero immaginato una decade fa. Il Wano Arc ha rappresentato il vero punto di svolta, dimostrando come Toei fosse in grado di alzare costantemente l’asticella e consegnare episodi che mescolavano regia creativa, fluidità delle scene e impatto emotivo.
La pausa di sei mesi prima della seconda metà dell’arco di Egghead aveva acceso ancor di più le speranze: si parlava di una qualità da capolavoro costante, di un lavoro di cesello su ogni sequenza. E in effetti, il lungo flashback di Kuma e Bonney aveva rispettato le promesse, regalando episodi che resteranno nella memoria collettiva per sensibilità e potenza visiva. Proprio per questo, l’impatto del nuovo episodio appare ancora più deludente.

Il problema delle esplosioni iperrealistiche
La scena che dà il via al Buster Call avrebbe dovuto trasmettere terrore, imponenza, senso di inevitabilità. Cento navi che aprono il fuoco su Egghead è un’immagine che da sola racchiude tutta la drammaticità del momento.
Eppure, invece di un crescendo visivo, ci troviamo di fronte a un mare di esplosioni in CGI, iperrealistiche e slegate dall’estetica a cui l’anime ci ha abituati. Le nubi di fumo sembrano prese da un videogioco di simulazione militare e inserite di forza in un contesto che vive di linee dinamiche e colori saturi. Il risultato è straniante: lo spettatore non è travolto dall’impatto emotivo, ma distolto dalla stranezza tecnica.

La convivenza forzata tra disegno e CGI
Ciò che rende ancora più evidente l’errore è l’alternanza tra esplosioni animate tradizionalmente e quelle in computer grafica. Una convivenza che non genera armonia, ma frattura. L’occhio dello spettatore salta da un’esplosione fluida, in linea con lo stile dell’anime, a un bagliore digitale troppo rigido e realistico. È un contrasto che interrompe la sospensione dell’incredulità, riportando alla mente che ciò che si guarda non è più un mondo immaginato ma una giustapposizione di tecniche incompatibili.
Perché Toei rischia con la CGI?
È comprensibile che Toei stia sperimentando: l’Elbaf Arc richiederà scale immense, battaglie corali con centinaia di combattenti, ambientazioni titaniche che potrebbero mettere a dura prova l’animazione tradizionale. Ma la fretta di introdurre il CGI senza un’adeguata integrazione stilistica rischia di minare proprio la forza narrativa dell’opera. One Piece non è un anime che vive di realismo: il suo potere è nell’eccesso, nella deformazione stilizzata, nella capacità di rendere epico anche l’assurdo. Inserire elementi iperrealistici significa snaturare questa identità.

Un passo falso che può diventare una lezione importante
L’episodio 1140, con tutto il suo potenziale sprecato, come leggiamo anche su Comic Book, è la dimostrazione di quanto One Piece funzioni meglio quando resta fedele al suo linguaggio visivo. Le sequenze con Luffy in Gear Fifth e il riconoscimento di Bonney funzionano perché conservano l’energia esplosiva del tratto, la follia controllata che rende unico questo anime. È lì che One Piece brilla.
Per il futuro, la speranza è che Toei prenda questo esperimento come un campanello d’allarme: meglio spingere al massimo sull’animazione tradizionale, piuttosto che rischiare di rompere l’incanto con un CGI che, almeno per ora, non convince.