L’universo videoludico è da sempre caratterizzato da una continua rincorsa tecnologica, dove ogni publisher tenta di superare i propri limiti per offrire esperienze sempre più immersive. In questo contesto, Bandai Namco Studios sta lavorando a un progetto particolarmente ambizioso del calibro di un motore grafico first-party che promette di ridefinire gli standard interni della compagnia. La notizia è riemersa di recente grazie a un aggiornamento pubblicato su X, in cui l’azienda ha mostrato nuove sessioni di formazione dedicate al personale, segnalando così un’accelerazione dei lavori dopo mesi di silenzio.
Il progetto, avviato nel 2019 e poi sottoposto a un reboot nel 2020, è stato annunciato ufficialmente solo nel 2022. Alla guida del team, composto da oltre 50 ingegneri, c’è Julien Merceron, figura nota nell’industria per aver ricoperto il ruolo di direttore tecnico in colossi come Ubisoft e Square Enix. Il suo curriculum parla chiaro: tra i suoi contributi principali spicca il Fox Engine di Konami, utilizzato per titoli come Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Non sorprende quindi che Bandai Namco gli abbia affidato una missione tanto delicata, con l’obiettivo di creare un’infrastruttura capace di supportare produzioni Tripla A e mondi open world complessi.

Dalle radici della “NU Library” a una sfida contro Unreal e Unity
Le fondamenta di questo nuovo motore affondano nella storia stessa della compagnia. Già ai tempi della PlayStation 2, Bandai Namco aveva sviluppato la cosiddetta “NU Library“, un middleware grafico utilizzato per la resa visiva di franchise iconici come Tekken e Ace Combat. Tuttavia, quella tecnologia, pur innovativa per l’epoca, non era in grado di coprire l’intero processo produttivo. Gli sviluppatori si trovavano costretti a realizzare strumenti personalizzati per ogni singolo progetto, con un conseguente aumento di tempi e costi.
Oggi, l’intento è completamente diverso, in quanto si tratta di unificare e standardizzare l’ambiente di sviluppo, riducendo la frammentazione interna e soprattutto la dipendenza da engine esterni come Unreal Engine e Unity. Questi ultimi dominano il mercato globale e vengono adottati dalla stragrande maggioranza degli studi, ma affidarsi a soluzioni esterne comporta inevitabilmente compromessi. Disporre di un motore proprietario significa invece avere un controllo totale sul flusso di lavoro, sulle ottimizzazioni tecniche e sull’identità estetica dei giochi.
La strategia è rischiosa ma potenzialmente rivoluzionaria. Non tutte le aziende riescono a sostenere i costi e i tempi di sviluppo di un engine interno, ma se il progetto dovesse andare a buon fine, Bandai Namco potrebbe posizionarsi in maniera ancora più competitiva sul mercato globale, proponendo titoli capaci di sfruttare appieno un’infrastruttura su misura. Non a caso, i franchise storici come Tekken, Tales of e Ace Combat potrebbero essere tra i primi a beneficiare di questa innovazione, aprendo le porte a un nuovo corso per l’azienda giapponese.
