Con l’arrivo di Disney+ nel panorama dello streaming, le aspettative erano altissime, dato che l’idea di un’offerta comprensiva di una libreria sconfinata di contenuti esclusivi, tra cui le produzioni dei colossi Marvel, Pixar e Star Wars era qualcosa di straordinariamente allettante per il pubblico di consumatori. Ma oggi, a distanza di qualche anno dal debutto, la realtà è ben diversa dalle promesse iniziali. Kevin Feige, presidente dei Marvel Studios, aveva già lanciato l’allarme, dichiarando che la sovrapproduzione ha fatto più male che bene. Il report di The Wrap non fa altro che confermare i sospetti, tracciando un bilancio impietoso sull’effetto collaterale più evidente dell’espansione incontrollata dei contenuti originali, ovvero la disaffezione del pubblico.
Secondo il report, Disney+ ha perso ben 700.000 abbonati solo nel primo trimestre del 2025. Un numero che va letto insieme alle parole di produttori e responsabili del marketing che, pur rimanendo anonimi, non hanno avuto mezzi termini: “Alla gente ora non interessa più niente“, ha dichiarato un produttore, puntando il dito sulla qualità mediocre di molte serie Marvel. Altro che momenti evento, oggi l’universo condiviso si è trasformato in un mosaico confuso e spesso ridondante. Il fascino di un film Marvel o di un’uscita Star Wars si è diluito nel flusso continuo di prodotti distribuiti senza respiro.

La crisi di identità del brand Marvel (e non solo)
La logica semplice, almeno sulla carta, era quella di sfruttare Disney+ per espandere l’universo narrativo, dare spazio a personaggi secondari e raccontare nuove storie. Così sono nate serie come Moon Knight, She-Hulk e Secret Invasion. Ma la realtà produttiva ha dimostrato che la strategia cinematografica non si traduce automaticamente in successo seriale. “Pensavano di poter replicare il modello dei film, ma non è possibile“, spiega Dave Gonzales, autore di MCU: The Reign of Marvel Studios, sottolineando come un prodotto come WandaVision sia costato centinaia di milioni, ma senza l’impatto culturale sperato.
Anche Pixar, che per anni ha rappresentato l’eccellenza dell’animazione, ha subito l’effetto della spinta dall’alto. I suoi film, spesso distribuiti direttamente in streaming durante la pandemia e oltre, hanno perso l’aura di esclusività che li circondava, portando a un calo nella percezione del pubblico. Paradossalmente, Walt Disney Animation e i live-action Disney hanno risentito meno della crisi e nonostante alcuni titoli come Pinocchio o Lilli e il Vagabondo siano usciti direttamente su piattaforma, l’assenza di una pressione promozionale costante ha impedito il crollo della loro identità.
Ora Disney sembra aver compreso l’errore. Marvel ha già rivisto i piani, riducendo drasticamente il numero di produzioni annuali e separando le serie TV dal flusso narrativo dei film. Titoli come Thunderbolts e I Fantastici Quattro: Primi Passi non hanno brillato al botteghino, ma hanno ricevuto giudizi migliori sul piano creativo. Anche Star Wars, dopo un periodo di sovraesposizione, sembra tornato a ragionare in ottica più selettiva. La domanda resta aperta: il pubblico, ormai sazio, sarà disposto a tornare a credere nella magia dei franchise Disney?
