Nel mondo delle automobili usate, il chilometraggio è spesso il primo dato che influenza la percezione di un affare. Ed è proprio qui che si insinua una delle truffe più diffuse ma sottovalutate d’Europa che riguarda la manipolazione dei contachilometri. Secondo uno studio condotto da CarVertical, questo fenomeno fraudolento provoca ogni anno una perdita stimata di 5,3 miliardi di euro in tutta l’Unione Europea. Ma si tratta solo di una stima minima visto che la reale portata potrebbe essere ben peggiore, poiché molte truffe restano invisibili o difficili da dimostrare.
Come spiegato da Matas Buzelis, esperto automotive di CarVertical, una delle principali difficoltà risiede nella mancanza di un sistema di condivisione dati efficace tra i vari Paesi europei. Inoltre, non tutte le registrazioni dei veicoli sono digitalizzate, rendendo complicato incrociare le informazioni sullo storico di un’auto. Il risultato è che molti consumatori finiscono per acquistare veicoli apparentemente “freschi”, che però nascondono un passato fatto di chilometri ben più lunghi e, spesso, problemi meccanici latenti.
I compratori tendono a preferire veicoli con chilometraggio basso, e questo rende la manipolazione uno strumento perfetto per gonfiare il valore delle vetture. Il danno, però, non si limita solo a un sovrapprezzo. Un’auto con un chilometraggio falsificato può infatti nascondere usura, manutenzione trascurata e riparazioni future, trasformando l’investimento in un potenziale incubo.

L’Italia tra i Paesi più colpiti dalla truffa al contachilometri
In Italia, le truffe ai danni dei compratori d’auto usate costano oltre 467 milioni di euro l’anno. Una cifra impressionante, che si traduce in una sovrattassa media del 25% pagata da chi acquista un veicolo truccato. Per fare un esempio pratico un’auto venduta a 10.000 euro potrebbe avere un valore reale di appena 7.500 euro, con una perdita secca di 2.500 euro sulle spalle dell’acquirente. Le truffe colpiscono trasversalmente tutti i segmenti, dalle city car più modeste ai modelli premium, dove il danno economico può assumere proporzioni ancora più elevate.
I Paesi dell’Europa occidentale sono i più danneggiati, con il Regno Unito (1,4 miliardi di euro), la Francia (1,15 miliardi) e la Germania (1,1 miliardi) in cima alla classifica delle perdite annuali. L’Italia segue subito dopo. Al contrario, i Paesi dove la truffa ha un impatto minore sono Ucraina, Slovacchia e Serbia, anche se qui i dati potrebbero riflettere un minor numero di transazioni registrate più che un sistema più sicuro.
Nonostante la diffusione e la gravità del fenomeno, gli interventi normativi sono ancora scarsi e poco coordinati. L’introduzione di banche dati digitali accessibili a livello europeo, così come di sistemi di certificazione obbligatori, potrebbe rappresentare un primo passo per arginare un mercato che oggi si muove troppo spesso nell’ombra.
