Nello scorso fine settimana, l’account X (ex Twitter) ufficiale di Elmo, il celebre pupazzo rosso dei Muppets protagonista di Sesame Street, è finito nel mirino di ignoti hacker, che lo hanno bucato, ottenendone gli accessi. L’attacco non si è limitato a un semplice episodio di cyber-vandalismo, poiché attraverso quell’account, seguito da oltre 650 mila utenti, sono stati diffusi messaggi carichi d’odio, contenuti razzisti, antisemitismo e persino riferimenti blasfemi legati al controverso caso Epstein.
Una miscela tossica e scioccante, soprattutto considerando che Elmo è da anni un simbolo di dolcezza, empatia e inclusività, con un profilo spesso utilizzato per iniziative sulla salute mentale e l’educazione all’affettività per i più piccoli. Il primo a denunciare l’accaduto è stato il portale The Guardian, seguito da altri media internazionali, che hanno riportato le dichiarazioni ufficiali del Sesame Workshop, l’organizzazione no-profit responsabile di Sesame Street.
Un portavoce ha confermato che l’account è stato “compromesso da un hacker sconosciuto” e che l’organizzazione ha lavorato incessantemente per “ripristinare il pieno controllo”. I contenuti offensivi sono stati rimossi nel giro di poche ore, ma i danni di immagine restano, soprattutto perché alcuni utenti hanno notato la persistenza di un link, rimosso in maniera molto tardiva nel profilo, che rimandava a un canale Telegram in cui un presunto autore rivendica l’attacco.

Il caso Elmo e la cybersicurezza nel caos digitale
Elmo, figura amatissima da intere generazioni, rappresenta da sempre un rifugio positivo in un web troppo spesso ostile. L’attacco al suo account è simbolo inquietante della capacità dell’odio online di infiltrarsi persino nei luoghi più innocui e rassicuranti. Quando una piattaforma dedicata alla promozione della gentilezza viene utilizzata come megafono per minacce e discriminazioni, il messaggio che emerge è che nessuno spazio è davvero al sicuro, nemmeno quelli dedicati all’infanzia e alla salute mentale.
Il caso Elmo si inserisce in un contesto sempre più problematico legato alla cybersicurezza dei personaggi pubblici, reali o immaginari che siano. Negli ultimi anni, l’utilizzo malevolo degli account social di personaggi famosi è diventato una strategia diffusa per guadagnare visibilità, spaventare o lanciare messaggi estremisti. Ma l’utilizzo di Elmo, così specificamente legato al mondo dei bambini e della formazione etica, ha un impatto ancora più destabilizzante.
L’episodio ha aperto un nuovo fronte nel dibattito sull’utilizzo responsabile delle piattaforme e sulla necessità di protezione anche per quelle voci che, sebbene finte o filtrate da pupazzi, hanno una funzione sociale fondamentale. Non è solo un attacco a un burattino ma al linguaggio dell’empatia e alla narrazione positiva che oggi, più che mai, è fragile e preziosa.
