Trenta anni dopo il cataclisma che ha messo fine a Raccoon City, Capcom riapre il sipario su uno dei luoghi più iconici e maledetti della storia videoludica. Resident Evil Requiem, nono capitolo ufficiale della saga horror, ha preso posto al centro del più recente Capcom Spotlight, non tanto per quantità di novità svelate, quanto per il carico simbolico e creativo che si porta dietro. L’uscita è fissata per il 27 febbraio 2026, a ridosso del trentesimo anniversario del franchise, una data che non è solo strategica, ma anche profondamente emotiva per gli sviluppatori.
Al centro dell’evento, il video “Creator’s Message” ha messo in luce alcune scelte decisive dietro il nuovo capitolo. Una fra tutte, quella del protagonista. Leon S. Kennedy, volto storico della saga, è stato inizialmente considerato per il ruolo principale, ma è stato poi rimpiazzato. Il motivo sarebbe da ricercare nella sua esperienza. Leon ha ormai affrontato così tante minacce che difficilmente riesce a trasmettere quella vulnerabilità necessaria a incarnare il tema centrale del gioco, ovvero affrontare e vincere le proprie paure più profonde, in quello che rappresenta una sorta di ritorno al passato, alle origini del franchise, quando il terrore e la fragilità facevano da padroni.

Grace Ashcroft: un’eroina imperfetta per un’epoca più umana
Al posto di Leon, entra in scena Grace Ashcroft, agente FBI inesperta ma determinata, catapultata in una Raccoon City ricostruita e cupa, dove la voce del passato si mescola con nuove minacce. Grace rappresenta un cambiamento importante per la serie, in quanto è un personaggio fragile, sensibile, lontano dagli stereotipi dell’eroina action invincibile, e proprio per questo ancora più immersiva. La sua paura, il suo smarrimento, diventano quelli del giocatore. Ogni incertezza, ogni respiro trattenuto, ogni esitazione hanno un volto umano e credibile. È un’esperienza narrativa più intima, costruita attorno alla vulnerabilità e alla crescita personale. Oltre a ciò, il team di sviluppo ha spinto molto sull’autenticità anche dal punto di vista tecnico.
Dettagli come il rossore del viso di Grace, mentre pende a testa in giù, o il movimento realistico dei suoi capelli, simulati partendo da una parrucca su misura, raccontano quanto Capcom stia investendo nel realismo emotivo, oltre che visivo. A livello di gameplay, Resident Evil Requiem offre una libertà inedita che ci era stata soltanto accennata, ovvero la possibilità di alternarsi liberamente tra la visuale in prima e in terza persona. Si tratta di una scelta che permette di vivere l’orrore sia in maniera immersiva e diretta, sia con un po’ più di respiro tattico. Questa fluidità si traduce in un’esperienza adattabile allo stile di ogni giocatore, mantenendo però alta la tensione narrativa.
Ma più di tutto, “Requiem” è una parola scelta con cura. È una dedica, un omaggio a chi non ce l’ha fatta durante la tragedia di Raccoon City. È un ritorno nei luoghi della paura, non per ripetere, ma per chiudere un cerchio emotivo e narrativo. E nel farlo, Capcom ha deciso di affidarsi non a un veterano, ma a una nuova voce, con le sue incertezze e la sua forza nascosta. Con questo capitolo, la saga di Resident Evil sembra voler recuperare le sue radici horror psicologiche, pur mantenendo la potenza spettacolare dei titoli più recenti. In un equilibrio tra passato e futuro, Requiem promette di essere una delle opere più mature e significative della serie.
