L’attesa per il ritorno di Superman sul grande schermo è quasi finita. Il 9 luglio segnerà l’esordio italiano del nuovo film diretto da James Gunn, primo tassello del rinnovato Universo DC. Il titolo, semplicemente Superman, segna già un cambio di passo, un ritorno alle origini con lo sguardo però rivolto al futuro. Via la solennità austera dei precedenti adattamenti, spazio a un tono più leggero, più umano, ma anche più popolato. Perché se c’è una cosa che caratterizza questa versione dell’Uomo d’Acciaio, è la sua coralità.
Il film non si limita a raccontare la solita battaglia tra Superman, Lois Lane e Lex Luthor. Questa volta, in scena ci sarà un’intera costellazione di volti, superpoteri e sottotrame. Dai comprimari “storici” ai personaggi quasi sconosciuti al grande pubblico, il cast si arricchisce di Mister Terrific, Guy Gardner, Hawkgirl, Metamorpho, Supergirl, The Engineer, Rick Flag Sr., Maxwell Lord, Krypto e persino dei robot kryptoniani. Una mossa ambiziosa che ha acceso le prime perplessità ancor prima dell’uscita ufficiale, troppi personaggi, troppe storie, troppo rischio di confusione. Ma il regista, veterano delle narrazioni corali, non sembra affatto preoccupato.
In un’intervista su youtube concessa a Esquire Philippines, James Gunn ha risposto a tono, ricordando come le proiezioni test abbiano dimostrato che la narrazione risulta chiara. Anzi, secondo lui il problema non è nella quantità dei personaggi, ma in come li si guarda: “Solo perché hanno superpoteri e simboli sul petto, non significa che siano diversi da qualunque altro personaggio secondario. Superman è il protagonista, e come ogni protagonista, ha colleghi, amici, relazioni. Alcuni indossano un mantello, altri no“.

Nel caos ben orchestrato di personaggi, anche Superman può brillare senza restare solo
La difesa di Gunn non si ferma a spiegazioni di regia. Il regista sceglie un confronto tanto audace quanto provocatorio: “Oppenheimer ha tre volte più personaggi parlanti rispetto al nostro film”, afferma con sicurezza. Il riferimento all’opera di Christopher Nolan, che ha dominato i premi Oscar 2024 e incassato quasi un miliardo di dollari in tutto il mondo, non è solo una questione numerica. È una dichiarazione con l’intendo di dimostrare che densità narrativa e successo possono convivere. E che la quantità di personaggi non è sinonimo di caos, ma può diventare una risorsa se ben orchestrata.
Il paragone tra Superman e Oppenheimer può sembrare azzardato, ma mette in luce la visione di un cinema che non teme la complessità. Laddove Nolan ha affrontato la corsa all’atomica attraverso una miriade di volti e visioni, Gunn vuole raccontare un mondo già vivo, in fermento, in cui Superman non è un solitario salvatore ma il perno di una rete più ampia.
Il vero rischio non sta nella confusione ma nella profondità, con tutti questi personaggi chiamati a lasciare un segno invece di restare semplici silhouette sullo sfondo. Gunn è convinto di riuscirci, anche a costo di tagliare, come ha già fatto con una scena definita “troppo funky”. L’obiettivo è l’equilibrio, non l’esibizione. E se l’Uomo d’Acciaio riuscirà davvero a volare anche in mezzo alla folla, allora forse avrà trovato la chiave giusta per rilanciare il mito, senza rinunciare al caos creativo che rende il mondo dei supereroi così affascinante.
