Nel cuore ghiacciato dell’Antartide, uno degli esperimenti scientifici più audaci degli ultimi vent’anni ha captato qualcosa che non doveva esistere. L’Antarctic Impulsive Transient Antenna, nota come ANITA, è stata progettata per rilevare onde radio generate da particelle cosmiche ad altissima energia. L’universo lancia costantemente segnali sotto forma di radiazione, impulsi radio, neutrini e misteriose emissioni da pulsar, quasar o supernove. Ma quello che ANITA ha intercettato non veniva dal cielo. Arrivava dal basso. Dal profondo della Terra.
Più precisamente, ANITA in Antartide ha rilevato impulsi radio che sembravano salire dalla crosta terrestre, inclinati a circa 30 gradi sotto la superficie ghiacciata. In altre parole, onde radio che avrebbero dovuto essere assorbite dalla roccia dopo aver percorso migliaia di chilometri sotterrane sono invece risalite. Per la fisica attuale, ciò è un controsenso. Nessuna delle particelle subatomiche note dovrebbe essere in grado di attraversare il pianeta in quel modo, men che meno generare impulsi tanto forti da essere captati da un’antenna aerea.

Nel mistero dell’Antartide, la scienza sfida i limiti del conosciuto
La prima ipotesi, per quanto azzardata, ha riguardato i neutrini, quelle particelle elusive che attraversano ogni secondo i nostri corpi a centinaia, senza lasciare traccia. In particolare, si è puntato il dito sui neutrini tau, noti per la loro capacità di interagire con il ghiaccio. Quando un neutrino tau collide con una molecola, può trasformarsi in un tau lepton, che a sua volta decade generando un “air shower”, ovvero una cascata di particelle accompagnata da un impulso elettromagnetico.
Tuttavia, le simulazioni al computer e i modelli matematici eseguiti dal team di ricerca guidato dalla fisica Stephanie Wissel della Penn State University hanno escluso questa spiegazione. I segnali registrati non si comportavano come neutrini, né come le particelle secondarie che si formano nei normali sciami d’aria. I dati registrati in Antartide erano incompatibili con qualsiasi dato già raccolto da osservatori simili, come IceCube o il Pierre Auger Observatory. E soprattutto, non rientravano nel Modello Standard della fisica delle particelle, che descrive tutte le interazioni conosciute della materia.
“La nostra analisi non supporta l’idea che i segnali anomali rilevati siano dovuti a decadimenti di tau upward-going“, si legge nello studio pubblicato su Physical Review Letters. Il che apre le porte a una sola, vertiginosa ipotesi che quei segnali provengano da particelle ancora sconosciute, forse manifestazioni di una fisica completamente nuova.
Ora, con ANITA ormai ritirata, le speranze si concentrano su PUEO, il suo successore tecnologico. Questo nuovo rilevatore, più potente e sensibile, potrebbe fare luce sull’origine di quei misteriosi impulsi rilevati in Antartide. Fino ad allora, i dati di ANITA restano sospesi tra la scienza e il mistero, frammenti di un discorso ancora incomprensibile che la Terra sembra voler sussurrare dal suo interno.
