C’è molta curiosità dietro la ripartenza dell’universo DC alla quale James Gunn darà il via con la sua reinterpretazione di Superman. Nelle settimane che stanno accompagnando l’arrivo del 9 luglio 2025 per poter guardare questo nuovo film sul grande schermo, ci sono stati molti dubbi sulla reinterpretazione “debole” del personaggio e soprattutto sulla coerenza della storia, vista da molti in una chiave più comica del previsto. Ma la campagna pubblicitaria ha mostrato anche altri lati interessanti del film, con i fan che ora si ritrovano in un limbo tra curiosità e perplessità.
Ad ampliare questo sentimento ci ha pensato lo stesso James Gunn sfruttando il suo profilo Bluesky dove promuove il film, dichiarando di aver visto Superman in 3D e giudicandolo “semplicemente incredibile da vedere“, consigliando a tutti, qualora ne avessero la possibilità, di seguire le sue orme. Sì, perché nel 2025 il 3D al cinema sembra più un residuo culturale di un’epoca passata che un’innovazione ancora viva. Eppure, Gunn ha rilanciato con entusiasmo l’idea di indossare nuovamente gli occhialini scuri per immergersi in un film. Ma il pubblico è davvero pronto a seguire il regista in questo ritorno?
L’esperienza tridimensionale ha conosciuto il suo apice nel 2009, quando Avatar di James Cameron trasformò le sale in portali per mondi alternativi, facendo sembrare il 3D il futuro inevitabile del cinema. Eppure, dopo l’ondata iniziale di entusiasmo, la tecnologia è finita rapidamente nell’angolo del superfluo, probabilmente per colpa di conversioni posticce di film non girati in 3D nativo, immagini più scure, perdita di qualità e un certo fastidio visivo dovuto agli occhiali stessi. Insomma, il 3D è passato da novità mozzafiato a optional evitabile.

Possiamo fidarci di James Gunn per il nuovo Superman?
Il problema fondamentale per cui questo metodo visivo non viene più utilizzato è sempre lo stesso: la maggior parte dei film, Superman incluso, non viene girata in 3D nativo, ma convertita in post-produzione. Questo compromette inevitabilmente la resa finale. Le immagini risultano spesso più scure, meno brillanti, con un senso di profondità forzato. Elementi che vanno a smorzare proprio ciò che i registi e i direttori della fotografia costruiscono con tanta cura, come appunto la bellezza dell’immagine, la precisione della luce, la composizione.
James Gunn, che ha sempre dimostrato una visione estetica ben precisa nei suoi film, sorprende perciò con il sostegno verso una modalità che molti cinefili considerano poco rispettosa dell’integrità visiva di un’opera. Difficile credere che proprio lui, noto per il controllo rigoroso del tono e dello stile, voglia davvero che il pubblico sacrifichi colore e nitidezza in cambio di qualche effetto immersivo.
Il vero cuore della questione, però, sta nella libertà di scelta. Gunn invita chi “ha un gusto per il 3D” a considerare questa opzione, lasciando intendere che non si tratta di una visione obbligatoria. Ma viene da chiedersi se sia davvero il momento di riproporre una tecnologia che, oltre a non essere più desiderata, rischia di risultare datata. Alla fine, guardare Superman in 3D potrebbe essere una piccola chicca nostalgica per i più curiosi. Ma per chi ama la nitidezza di un’inquadratura pensata per lo schermo piatto, il 2D resta la strada più fedele all’intenzione originaria. E forse, anche quella visivamente più gratificante.
