In One Piece, Bartholomew Kuma è sempre stato avvolto da un’aura di mistero. Apparso inizialmente come uno dei Sette Corsari, fedele servitore del Governo Mondiale, ha segnato momenti cruciali nella storia di One Piece: dalla leggendaria scena del “Nulla è successo” di Zoro alla separazione traumatica della ciurma nell’Arcipelago Sabaody. Eppure, solo con la saga finale e il recente arco di Elbaf, scopriamo la verità: Kuma non è mai stato un nemico. Anzi, è forse il personaggio più tragico e altruista dell’intera opera.
One Piece: un passato di dolore e schiavitù
Nato nel Regno di Sorbet, Kuma è fin da bambino vittima dell’atrocità dei Draghi Celesti. Ridotto in schiavitù, assiste alla morte della madre e all’esecuzione del padre Clapp. Anni dopo, durante il massacro di God Valley, riesce a fuggire con l’aiuto di Ivankov e Ginny, salvando decine di prigionieri. Ma la libertà è solo un’illusione temporanea. Il “Torneo di caccia nativa”, dove il Governo trasforma intere isole in terreni di caccia per i nobili, resta il simbolo della brutalità sistemica.
One Piece: l’amore per Bonney e il sacrificio supremo
Kuma avrebbe voluto vivere in pace. Ama Ginny, ma rifiuta di sposarla per paura di ricreare le tragedie del passato. Dopo la morte di Ginny, costretta a vivere come moglie di un Drago Celeste e colpita da una malattia incurabile, Kuma cresce la piccola Bonney da solo. Quando Vegapunk gli propone una cura in cambio della sua umanità, Kuma accetta. Decide volontariamente di diventare un’arma senz’anima – un Pacifista – pur di offrire a sua figlia una possibilità di sopravvivenza.

Un eroe silenzioso dimenticato
Nonostante la trasformazione, come leggiamo su Comic Book, il cuore di Kuma continua a battere. Vigila in silenzio sulla Thousand Sunny per due anni, proteggendo la nave e la speranza dei Mugiwara, senza che nessuno ne fosse al corrente. Nessuna gloria, nessun ringraziamento. Solo la volontà di onorare una promessa fatta a sé stesso. Racconta a Bonney le storie di Nika, il dio liberatore che ride mentre combatte, e si aggrappa a quel sogno, non per sé, ma per lei.

L’ultima corsa verso la figlia
Nei capitoli più recenti, vediamo il corpo meccanico di Kuma muoversi in automatico, rispondendo a un impulso che neanche la programmazione di Vegapunk riesce a controllare: proteggere Bonney. Il richiamo di un padre che, nonostante tutto, non ha mai smesso di volerle bene.
Forse non tornerà mai più indietro. Forse la sua mente è persa per sempre. Ma il suo cuore, quello non l’ha mai perso.
Kuma non è solo un combattente. È un simbolo di amore, sacrificio e resistenza. E se c’è giustizia in questo mondo narrativo, allora merita la libertà che ha sempre sognato – o almeno, che la trovi sua figlia.
