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Marisa Balkus contro i pregiudizi dell’industria: “Per Hollywood gli anime sono ancora pornografia”

Nonostante l’espansione globale dell’anime e la sua crescente accettazione nel mainstream, Hollywood continua a portarsi dietro idee datate e riduttive nei confronti di questo medium. A parlarne in modo schietto è stata Marisa Balkus, produttrice di lunga data con esperienze su progetti come Onyx Equinox per Crunchyroll e Devil May Cry per Netflix, che ha rilasciato un’intervista significativa al canale YouTube di Brandon Violette.

Secondo Balkus, tra le convinzioni più radicate c’è quella che associa l’animazione giapponese a contenuti esplicitamente sessuali o “strani”, oppure che la riduce unicamente al genere shonen, ignorando tutta la varietà che il settore offre. Il problema non è solo un discorso estetico, ma culturale: “Ci sono ancora generazioni nella nostra industria che vedono gli anime come pornografia, o qualcosa di strano“, ha detto, aggiungendo che spesso l’animazione per donne viene confinata all’archetipo delle ragazze magiche, un cliché ormai riduttivo e stantio.

Durante la pandemia, con i set cinematografici fermi, il settore dell’animazione ha visto un’impennata di attenzioni da parte di autori, registi e creativi che prima lo snobbavano. La produzione animata non si è mai fermata, e tanti professionisti del live-action hanno scoperto le potenzialità di questo linguaggio, spesso finendo per innamorarsene. Balkus racconta di come alcuni “fancy schmancy“, ossia nomi di spicco dell’intrattenimento, abbiano convertito i propri progetti in prodotti animati, scoprendo nel processo la libertà illimitata offerta dal mezzo.

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Tra sincerità narrativa e immersione fandomica: la forza degli anime oggi secondo Balkus

Una delle ragioni per cui l’anime continua a conquistare pubblico in tutto il mondo, secondo Balkus, risiede nella sua capacità di raccontare emozioni autentiche. In contrapposizione a molte narrazioni occidentali, in particolare quelle supereroistiche, che spesso cadono nel tono cupo o si auto-sabotano con battute fuori luogo, l’animazione giapponese conserva una purezza emotiva difficile da trovare altrove. Questo legame emotivo, rafforzato dalla pandemia e dalla crescente socializzazione online, ha consolidato comunità di fan affezionati, capaci di identificarsi nei personaggi, vederli come amici, e viverli come parte del proprio mondo.

Un altro aspetto che ha reso gli anime una cultura a sé, che non ha fatto altro che rafforzarsi nel tempo, è la dimensione partecipativa del fandom, la quale si manifesta attraverso cosplay, fiere, fan art e interazioni digitali. Questo livello di coinvolgimento è stato al centro anche delle osservazioni di Luciane Carrillo, oggi dirigente di Crunchyroll, che ha evidenziato come la dedizione degli appassionati superi di gran lunga quella vista in altri contesti, persino in Netflix. Carrillo ha raccontato come l’azienda stia cercando di rispecchiare questo spirito anche nei propri servizi, progettando chatbot per l’assistenza clienti con personalità ispirate agli anime stessi, così da rendere l’esperienza di supporto parte integrante del mondo immaginario in cui i fan amano immergersi.

Tuttavia, non tutto è perfetto. Crunchyroll ha ancora ampi margini di miglioramento, e lo dimostra il fatto che l’azienda oggi non riesce a misurare l’efficacia delle risposte offerte dai chatbot in circa metà delle lingue supportate. Ma la direzione intrapresa è chiara, ed è quella di unire tecnologia e passione per costruire un ecosistema fedele allo spirito degli anime, capace di superare i vecchi pregiudizi hollywoodiani e portare l’animazione giapponese là dove merita di essere.

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Andrea Moffa

Andrea Moffa

Eroe numero 50 di Overwatch 2. Appassionato di notizie videoludiche. Esploro e condivido le avventure e le ultime info di questo mondo in continua espansione.

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