Nel cuore pulsante della logistica globale, Amazon ha appena introdotto Vulcan, un robot da magazzino dotato di un’innovativa capacità: il senso del tatto. Non è il primo automa impiegato dall’azienda per movimentare la merce, ma è il primo capace di interagire con l’ambiente circostante in modo così delicato e preciso. Un passo che segna, secondo le parole riportate di Aaron Parness, direttore della scienza applicata di Amazon, “un salto fondamentale in avanti nella robotica“.
La peculiarità di Vulcan è racchiusa nel suo braccio articolato, che ricorda “un righello attaccato a una piastra per capelli”. Questo strumento, insieme a sensori di forza e un sistema di visione AI, permette al robot di maneggiare oggetti fragili o di forma irregolare all’interno dei tipici compartimenti tessili usati da Amazon. L’operazione chiave, ironicamente soprannominata “zhoop“, consiste nello spostare o prelevare articoli senza urtare o danneggiare ciò che lo circonda.
Il secondo braccio del robot, dotato di una ventosa, afferra gli oggetti desiderati e li estrae dal contenitore, mentre una videocamera alimentata da intelligenza artificiale controlla che non vengano prelevati articoli multipli per errore. L’AI, addestrata su dati tattili e di feedback fisico, consente al robot non solo di agire con maggiore consapevolezza, ma anche di imparare dai propri errori. Ogni “fallimento” diventa un’occasione per migliorare la comprensione dei materiali e delle dinamiche di contatto.
Attualmente operativo nei centri logistici di Spokane (Washington) e Amburgo (Germania), Vulcan ha già gestito circa mezzo milione di ordini. Viene utilizzato in particolare per gli scaffali più alti e più bassi, alleggerendo i lavoratori da movimenti potenzialmente pericolosi come il chinarsi o l’uso di scale. Amazon sostiene che questo porterà a un miglioramento della sicurezza e a una riduzione degli infortuni.

Umano e macchina nei centri Amazon: una convivenza inevitabile (ma fragile)
Nonostante l’avanzamento tecnologico, Amazon non punta alla completa automazione. “Non credo nell’automazione al 100%“, ha dichiarato Parness in un’intervista. “Se dovessimo far fare a Vulcan il 100% delle operazioni di stoccaggio e prelievo, non ci riusciremmo mai.” Un’affermazione che sembra voler rassicurare i circa un milione di lavoratori che oggi popolano i magazzini dell’azienda, e che già convivono con una flotta di 750.000 robot.
Tuttavia, il messaggio è ambiguo. Se da un lato si esalta la cooperazione tra uomo e macchina, portando avanti la massima “la combinazione è migliore di ciascuno da solo”, dall’altro l’espansione di Vulcan e di sistemi simili su scala globale (prevista nei prossimi anni in Europa e Stati Uniti) potrebbe segnare un punto di non ritorno nell’equilibrio tra forza lavoro umana e automatizzata.
Quella che Amazon propone è una robotica tattile che mira a integrare, non a sostituire, ma la linea è sottile. L’automazione del “senso del tatto” non è solo una meraviglia ingegneristica, è anche un nuovo standard che ridefinisce cosa può fare una macchina e cosa resta prerogativa umana. Per ora, il robot con il senso del tatto si ferma al 75% dei prodotti; per il restante quarto, ci sarà ancora bisogno dell’intervento umano. Ma fino a quando?
