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Favino parla di “Comandante” e della cultura woke: “Perché non raccontiamo noi le nostri grandi storie?”

Uno degli attori italiani più famosi nel nostro Paese e a Hollywood è Pierfrancesco Favino. L’attore è noto per la sua bravura e per il suo talento poliedrico, che gli ha permesso di vestire i panni di personaggi diversissimi tra loro. Favino lo abbiamo visto in decine e decine di pellicole nostrane e d’oltreoceano, come Le Cronache di Narnia – Il principe Caspian, El Alamein – La linea del fuoco, Una notte al museo, Wordl War Z, Rush, Suburra e Hammamet.

Uno degli ultimi film a cui ha visto per protagonista Favino è Comandante: per la regia di Edoardo De Angelis, il film uscirà nelle sale italiane il 31 ottobre ed è incentrato sulla figura di Salvatore Todaro, interpretato proprio dall’attore romano. Per l’uscita di questa pellicola, Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera ha intervistato a lungo Pierfrancesco Favino, sulla sua carriera e su alcuni temi che hanno visto protagonista l’attore romano. Come per esempio la cultura woke e l’omossessualità.

La carriera di Favino: le trasformazioni fisiche dell’attore

La prima parte dell’intervista del Corriere è incentrata ovviamente su Comandante. Il giornalista fa notare a Pierfrancesco Favino che il film e Todaro sono stati criticati sia da sinistra che da destra. Da sinistra perché il militare è stato definito come “un eroe fascista”, mentre a destra lo si è visto come un “anti-Salvini”, visto che Todaro ha salvato per tre volte i naufraghi delle navi affondate dal suo sommergibile. Queste critiche non fanno né caldo né freddo all’attore: per lui “il peggior nemico dell’attore è l’aggettivo”. Todaro nel Comandante si definisce semplicemente come “un uomo di mare”.

Nella pellicola Favino è tornato a “imparare” l’accento veneto, utilizzato dall’attore in El Alamein – La linea del fuoco. In più, l’attore è stato in veri sottomarini, “macchine dalla tecnologia avanzatissima”: “Ho provato la camera dei fumi, dove si impara ad affrontare le emergenze, con le maschere anti-gas e le bocchette a cui attaccarsi per respirare”.

Piefrancesco Favino ruoli

Successivamente, Favino parla della sua famiglia: di come ha perso suo padre proprio mentre girava El Alamein, di come passa sempre il suo compleanno con le figlie Greta e Lea, di sua moglie Anna e di sua madre Stella (oggi 93 enne). Poi l’intervista passa in rassegna tutta la carriera di Favino, concentrandosi sulle trasformazioni fisiche che l’attore subisce in ogni film. Per interpretare Bettino Craxi in Hammamet l’attore romano aveva dovuto guadagnare “tra i 7 e gli 11 chili”, passando dalle scene in cui il politico era più giovane a quelle degli ultimi anni in Tunisia. Per Comandante invece Favino è dovuto dimagrarire “progressivamente” di nove chili.

Ovviamente in questi cambiamenti di peso l’attore non segue una “dieta Favino”. Per perdere e prendere fisico la star si fa seguire “da una biologa nutrizionista”. Inoltre, l’attore si trasforma fisicamente anche cambiando posa. Per interpretare il campionissimo Gino Bartali ne L’intramontabile l’attore ha “allungato la falcata” e si è “un po’ ingobbito”. Un ruolo che gli è servito alcuni anni dopo: per vestire i panni di Giorgio Ambrosoli in Qualunque cosa succeda l’attore ha cercato “di riprodurre il gesto di Ambrosoli”, “che si chinava in avanti con la sigaretta tra le mani, mentre Bartali si ingobbiva sulla bicicletta”.

La scuola di recitazione di Pierfrancesco Favino spaventa una donna a Firenze: interviene la Polizia
Photo – GettyImage

Il ruolo dell’Italia nel cinema

Ma ecco che l’intervista con il Corriere della sera tocca una delle polemiche più recenti che ha visto per protagonista Pierfrancesco Favino. L’attore in occasione del Festival del Cinema di Venezia aveva criticato la scelta di attori non italiani per House of Gucci e il recente Ferrari, film di Michael Mann che vede Enzo Ferrari interpretato da Adam Driver. Secondo Favino, ci sarebbe “un tema di appropriazione culturale“: la star non capisce perché attori italiani di un certo livello “non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie”.

Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi.

Lady Gaga Adam Driver

Favino ovviamente non ce l’aveva con Driver (anzi, lo ha definito “molto più bravo di me): il suo era “un discorso di sistema”. Come spiega l’attore, il problema è che “in America esiste da anni una cultura che viene chiamata woke”.

Nasce come forma di rispetto per le minoranze. Ma ora vale anche per il cinema. L’ultimo Oscar l’ha vinto un film asiatico, il penultimo un film con un protagonista sordomuto. Se si racconta una storia tedesca, si fa con attori tedeschi. Prenda Niente di nuovo sul fronte occidentale, prodotto da Netflix: romanzo tedesco, attori tedeschi, girato in tedesco, vince il Bafta, il più importante premio cinematografico inglese. Intanto noi italiani stiamo gettando un’occasione

Cazzullo fa notare a Favino che già nel 1963 Luchino Visconti scelse un attore americano per interpretare il principe di Salina ne Il Gattopardo (ovvero, Burt Lancaster). Ma l’attore romano risponde che all’epoca “non c’era la cultura woke”. Il suo è proprio un “discorso industriale”. Favino fa notare che nel 2023 non c’è un solo film italiano nella top 10 delle pellicole più viste. Non c’è solo un problema di cultura woke: manca anche una risposta italiana alle produzioni americane. In Italia abbiamo rinunciato “a essere ambiziosi”, e a “raccontare noi le nostre storie”.

pierfrancesco-favino

Infine, Piefranscesco Favino ha parlato brevemente dell’omosessualità al giorno d’oggi e di un’esperienza che ha avuto in passato. Come spiega l’attore, “non fu nulla di carnale” la sua esperienza omosessuale. Una persona più grande di lui lo “corteggiava” e l’attore romano ha voluto togliersi il dubbio sulla sua sessualità. In quel momento ha capito di non essere omosessuale. Un’esperienza avuta in un tempo “in cui se sentivi un’emozione per un uomo ti chiedevi cosa avevi di sbagliato”:

Adesso per le nuove generazioni è tutto più semplice. Nello spettacolo l’omosessualità è sempre stata presente, io stesso ho lavorato con Ronconi e Ferrero, e anche la fluidità è sempre esistita.

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Fonti: 1, 2

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Alessandro Guarisco

Alessandro Guarisco

Ebbene sì: scrivo da 2 anni per DRCOMMODORE di Tecnologia, Anime e manga Appassionato del mondo Apple, Android e Windows One Piece, One Piece ovunque Profilo Linkedln per scoprire i miei segreti: https://www.linkedin.com/in/alessandro-guarisco-1417321ab/

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